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lunedì 9 maggio 2011

I FATTI DELL’ 11 SETTEMBRE 2001: POSSIBILI CAUSE ED AVVENIMENTI SUCCESSIVI - 3ª PARTE

Segue da: 

di Franco Scarpa

Lettura integrale del documento è disponibile a questo LINK

CAPITOLO III:CHI COMANDA IN AMERICA


3.1           I Neocons - PNAC


I neoconservatori sono un gruppo molto ristretto di personaggi che sono risaliti al potere con l’elezione di Gorge Bush nel 2000. La scuola di pensiero neoconservatore si può far risalire al pensiero di Leo Strass che cominciò ad enunciarne i principi agli inizi degli anni ’60. Egli teorizzava una società compatta ed uniforme, tenuta insieme da un collante universale che permetta a ciascun individuo di riversare le proprie ambizioni personali in un movimento collettivo diretto tutto verso l’esterno. L’unico modo per ottenere questo era di mettere la popolazione di fronte alla presenza di un grande, oscuro nemico.

Il primo incarico di altro livello dei neoconservatori fu quello di Ministro della Difesa sotto la presidenza Ford, assegnato a Donald Rumsfeld, mentre Dick Cheney andrò a ricoprire il luogo di Capo di Gabinetto. Proprio Rumsfeld, col suo operato, contribuì a costruire il mito dello spauracchio di un attacco nucleare da parte dell’Unione Sovietica, pilastro fondamentale si cui si basava la “guerra fredda”.

La presidenza di Carter impose ai neoconservatori una battuta di arresto, che li spinse a cercare un’alleanza in un territorio mai esplorato fino ad allora, quello della destra religiosa, che costituiva una riserva di voti immensa. Per tradizione i leader delle varie chiese protestanti avevano tenuto i fedeli lontano dalla politica, che consideravano immorale e corrotto, ma il pericolo di vedersi comandanti da un movimento comunista ed ateo li spinse all’alleanza con la destra repubblicana, una storica alleanza che continua ancora oggi.

Questo diede una vittoria schiacciante nell’elezione di Reagan, e i Neocons reclamarono per sé alcune posizioni di prestigio nella nuova amministrazione. Paul Wolfowitz andò così a capo dell’Ufficio Relazioni Estere della Casa Bianca, mentre Richard Perle diventava Vice Ministro della Difesa.

Ma il grande nemico che andavano cercando si stava nel frattempo sgretolando sotto il peso delle divisioni interne e della corruzione. L’ultimo tentativo dei sovietici di espandere la propria area di influenza fu l’invasione dell’Afghanistan nel 1980. Fu allora che la CIA ingaggiò Osama Bin Laden e i suoi “Freedom Fighters” fornendogli tutto l’aiuto militare, economico e strategico(32) necessari a ricacciare i sovietici entro il loro confine.

Con la partenza delle truppe da Kabul iniziava per l’Unione Sovietica il conto alla rovescia che avrebbe portato al crollo del Muro di Berlino. Di fronte allo sgretolarsi del loro nemico, i Neocons cominciarono ad accarezzare la tentazione di estendere il loro dominio militare e strategico a tutto il mondo.

Ma controllare il mondo significa soprattutto controllarne le risorse energetiche e questo a sua volta significa, prima di tutto, controllare i pozzi petroliferi del Medio Oriente.

L’occasione d’oro giunse con la prima Guerra del Golfo, nel 1991, ma al momento cruciale, con l’esercito irakeno in disfatta, il presidente Bush decise di non continuare l’avanzata, fermando la sua carovana militare a pochi chilometri di distanza da Bagdad, lasciando Saddam Hussein, pur fortemente ridimensionato, alla guida del paese.

La sorprendente vittoria elettorale di Bill Clinton, nel 1992, rappresentava un’ulteriore battuta di arresto per il progetto imperiale dei Neocons. Nel frattempo la Russia si stava rimettendo in piedi e i Neocons vedevano sfumare, anno dopo anno, la preziosa occasione per estendere al mondo intero il proprio controllo.

In attesa del termine del mandato a Clinton, essi misero a punto la cosiddetta “Dottrina Wolfowitz”(33), alla cui base si stabiliva il diritto degli USA di intraprendere guerre preventive ovunque nel globo per evitare che altre nazioni tornassero a mettere in discussione la loro supremazia mondiale.

Nasceva così il “Progetto per un nuovo secolo americano” o PNAC (Project for the New American Century), un istituto di ricerca con base a Washington D.C. fondato nel 1997, tra gli altri, da Dick Cheney e Donald Rumsfeld, con l’ambizioso obiettivo di promuovere la leadeship globale americana.

Tra i membri del PNAC troviamo molti deputati Repubblicani e, membri dell’amministrazione Bush, tra cui Paul Wolfowitz, Jeb Bush Richard Perle e molti altri.

Una volta riconquistata la Casa Bianca con Bush Jr. nella controversa elezione del 2000, per i Neocons si trattava solo di rimettere in piedi l’operazione lasciata in sospeso dal padre dieci anni prima. Ritroviamo infatti Dick Cheney come Vice Presidente, Donald Rumsfeld Ministro della Difesa e come suoi vice sceglie Paul Wolfowitz.

Nel documento conclusivo del PNAC, “Rebuilding America’s Defenses”, pubblicato nel settembre del 2000, al capitolo V intitolato “La creazione di una futura forza dominante (34) troviamo frasi come “al momento attuale gli Stati Uniti non hanno alcun rivale a livello globale, il nostro disegno ultimo deve mirare a prolungare il più possibile nel futuro questa posizione di vantaggio” oppure “Gli Stati Uniti devono mantenere un esercito in grado di essere dispiegato rapidamente e di vincere contemporaneamente più guerre su vasta scala, bisogna riposizionare le nostre forze e adeguarle alle realtà strategiche del XXI secolo spostando, su base permanente, le truppe nel Sud-Est Europeo e nel Medio Oriente”.

Ma la frase che più di ogni altra illustra in maniera inequivocabile la politica estera di certi personaggi è sicuramente la seguente: “ Questo processo di trasformazione pur portando un cambiamento rivoluzionario è destinato a durare molto a lungo, almeno che non intervenga un evento catastrofico e catalizzatore come una nuova Pearl Harbor”.

3.2           La ciclicità della “storia”.


Ci pisciano addosso e ci dicono che piove.
Detto catalano .


Analizzando i fatti storici, appare molto perspicace il pensiero di Nicolò Machiavelli (1469-1527), che elaborò la tesi del moto circolare della storia, dell’evoluzione di uomini ed istituzioni, ma anche di un ritorno a fasi già verificatesi. In relazione all’arte del governare e all’alternarsi di diversi regimi politici egli teorizza il fatto che lo Stato, per sopravvivere, debba necessariamente studiare la guerra, evidenziando l’esistenza di un’influenza reciproca tra le esigenze militari e le strutture socio-politiche dello Stato.

Quella dell’ 11 settembre non è stata la prima volta in cui la nazione americana è stata trascinata in guerra a seguito di un incidente particolarmente ambiguo e osservare i trascorsi storici può essere utile a chi crede che uno stato democratico non intraprenda guerre soltanto per proteggere i suoi privilegi economici.

La Costituzione Americana non permette agli USA di dare inizio ad una qualunque guerra di aggressione, e riserva al solo Parlamento il potere di dichiarare guerra ad un'altra nazione in caso diventi necessario difendersi. Per questo motivo, ogni volta che un presidente americano ha voluto prendere parte a qualche guerra o iniziarne una nuova ha dovuto servirsi di un incidente militare, creato o provocato per giustificare in qualche modo l’intervento armato di fronte al Parlamento e alla popolazione.

Nel 1898 gli USA fecero guerra alla Spagna per sottrarle il controllo di Cuba. Il pretesto venne dall’affondamento della nave militare “Maine” ancorata al largo di Cuba, di cui furono subito incolpati gli spagnoli, nonostante questi si dichiarassero del tutto estranei al fatto(35).

Le immagni dell’affondamento e dei funerali delle vittime generarono uno stato di indignazione sufficiente a poter scatenare una guerra, che nel frattempo il futuro presidente Roosvelt (allora Ministro della Marina) aveva già pianificato fin nei minimi dettagli.

Solo nel 1980 gli americani avrebbero riconosciuto che gli spagnoli non erano responsabili dell’attacco, dicendo che il Maine era affondato perché alcuni esplosivi erano stati stipati troppo vicini alle caldaie. Nel frattempo però l’intera armata spagnola era stata distrutta.

Nel 1915 fu l’affondamento del Lousitania da parte di un sottomarino tedesco a dare inizio alla crisi tra Stati Uniti e Germania. Pare che gli americani avessero fatto sapere di nascosto ai tedeschi che sul Lousitania stesse viaggiando un importante carico di armamenti destinato all’Inghilterra, in questo modo sarebbero stati in grado di provocare l’attacco da parte del sottomarino tedesco, causando poi l’ingresso degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale.

Nel 1941 fu il noto attacco a Pearl Harbor, (la cui riedizione è teorizzata all’interno del già citato PNAC) a scatenare nella popolazione americana quell’ondata di indignazione che permise a Roosvelt di entrare con decisione nella Seconda Guerra Mondiale.

Il ricercatore americano Robert Stinnet, dopo sedici anni di ricerche negli archivi di stato(36) ha scoperto importanti prove. Prima della sua ricerca si sapeva soltanto che gli Usa avevano decifrato il codice diplomatico giapponese, il che avrebbe consentito di sapere in anticipo che un attacco nipponico era imminente, genericamente “nel Pacifico”.

Stinnet ha scoperto che anche il codice segreto militare era noto agli americani, ed ha trovato negli archivi la trascrizione di 83 messaggi radio criptati dell’ammiraglio Yamamoto alla sua flotta (37).

Nel 1962, secondo documenti declassificati americani consultabili nel sito della George Washington University, la CIA aveva progettato eclatanti auto-attentati terroristici contro la propria stessa popolazione civile (affondamenti di navi americane, abbattimento di aerei civili americani, bombardamenti di Washington, ecc.) da attribuire al regime cubano di Fidel Castro e che avrebbero funto da pretesto per l’invasione statunitense dell’isola caraibica, sottrattagli tre anni prima dalla rivoluzione castrista.

Si trattava della famigerata operazione Nortwoods, che ottenne la firma di tutti i gradi gerarchici sino a che furono presentati per approvazione dal Ministro McNamara al presidente John. F. Kennedy, il quale si rifiutò di firmarli e da quel momento in poi palesò intenzioni di smantellare la CIA. Che fine abbia poi fatto il presidente Kennedy, probabilmente anche per la sua opposizione contro lo strapotere della Federal Reserv, è noto a tutti.

Tra le varie ipotesi dell’operazione, da sottolineare l’idea di simulare un attacco aereo ai danni di un aereo civile americano: un aereo militare telecomandato della base di Eglin sarebbe stato dipinto come un esatta copia di un aereo civile appartenente ad una società controllata dalla CIA. L’aereo si sarebbe sostituito in volo ad un vero aereo civile, con a bordo personale sotto falso nome precedente istruito. L’aereo coi passeggeri avrebbe continuato la sua corsa a bassa quota fino ad atterrare in una base militare secondaria (il piano non specifica che fine avrebbero fatto i passeggeri sotto copertura dopo l’evacuazione dal velivolo), mentre quello telecomandato avrebbe proseguito nel frattempo il suo volo ed una volta arrivato sopra Cuba avrebbe iniziato a trasmettere segnali di emergenza dicendo di essere attaccato da MIG cubani. La trasmissione sarebbe stata interrotta dalla distruzione dell’aereo che sarebbe stata provocata da un segnale radio a distanza.

Visto che anche il volo 77 è scomparso dai radar poco prima di ricomparire sopra i cieli di Washington, è possibile che qualcosa del genere sia successo anche per l’incidente aereo del Pentagono?

Nel 1964 gli USA decidevano di entrare ufficialmente in guerra contro il Vietanam del Nord dopo aver aiutato per molti anni militarmente il Vietnam del Sud. Il pretesto di guerra venne dall’incidente nel golfo del Tonchino, in cui delle motovedette vietnamite furono accusate di aver lanciato siluri contro un incrociatore americano.

Fu il Ministro degli Esteri, Robert McNamara, a dare alla stampa l’annuncio della pronta reazione americana all’attacco vietnamita. Lo stesso McNamara, quarant’anni più tardi, ha dichiarato che “eventi posteriori hanno mostrato che la nostra impressione di essere stati attaccati quel giorno era sbagliata. Non era successo.”

Per chi ancora avesse qualche dubbio sulla moralità del governo statunitense o di chi, nell’ombra, tiene realmente le redini della nazione, e sui reali obiettivi da esso perseguiti, basta analizzare gli avvenimenti legati al massacro avvenuto in Indonesia negli anni ’60 e ‘70 ad opera del generale Suharto, in cui perirono circa 3 milioni di persone.

L’Indonesia era a quel tempo una nazione economicamente indipendente e ricca di risorse naturali, governata dal nazionalista Sukarno, dove già nel 1955 si era svolta a Bandung la conferenza dei Paesi non allineati. Il Presidente osteggiava l’ingresso nel suo paese di lungimiranti organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, creando attriti con le nazioni potenti come gli USA del democratico Lyndon Johnson e la Gran Bretagna del laburista Harold Wilson.

Il generale Suharto e i suoi fedelissimi arrestarono e uccisero diversi generali accusati di tramare contro il presidente assieme al partito comunista PKI. Quella contro il PKI fu una falsa propaganda, e documenti desegretati dimostrano che britannici e americani appoggiarono tale campagna, spaventati soprattutto dal fatto che la ricca Indonesia avrebbe potuto essere un esempio di autodeterminazione che avrebbe potuto essere seguito da altri paesi ricchi ma non sviluppati. Fu l’inizio della globalizzazione(38).

Il “meglio” dell’appoggio americano al terrorismo ha come protagonista Henry Kissinger, una delle figure più spregevoli e discusse che si ricordi, un uomo che porta la nomea di “grande vecchio del male”,

che ha contro di sé gli archivi di stato del suo stesso paese sotto forma di un’ampia evidenza documentale che lo inchioda, scaturita dal Freedom of Information Act, una legge statunitense che permette periodicamente la desegretazione dei documenti Top Secret.

Telegramma dell’ambasciata USA a Jakarta del 1975.

Nell’ottimo libro del giornalista Paolo Barnard “Perché ci odiano” si trovano molti di questi documenti, qui allego un solo telegramma, spedito dall’ambasciata USA a Jakarta nel 1975, dove viene riportato integralmente un colloquio, relativo alle operazioni di conquista di Timor Est da parte di Suharto, avvenuto tra il presidente Ford, Kissinger e Suharto, dove si leggono, tra le altre, le seguenti parole di Kissinger: “lei comprende che l’uso di armi americane potrebbe creare dei problemi”…

Nel 1990 la situazione tra USA e Iraq si era fatta tesa e i neoconservatori vicini al presidente Bush convinserò quest’ultimo ad un intervento armato contro il dittatore irakeno. Sembra che gli americani avessero fatto sapere a Saddam che non avrebbero avuto nulla in contrario ad una sua conquista dei campi petroliferi del Kuwait(39). Sembrava che egli avesse ottenuto una sorta di benestare dal Dipartimento di Stato Americano.

Il 25 luglio del 1990 ebbe infatti un incontro con April Glaspie, delle due seguenti cose: al meglio pasticciò malamente con le parole, al peggio assicurò ad Hussein che gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti se lui avesse invaso il Kuwait(40). La trappola funzionò e Saddam invase il Kuwait. Subito dopo Dick Cheney fece avere all’Arabia Saudita delle foto satellitari che mostravano 250 mila soldati di Saddam ammassati lungo il confine verso il loro Paese. L’Arabia acconsentì così a stabilire base militari alleate sul suo territorio. Contemporaneamente veniva montata una campagna mediatica contro Saddam che veniva accusato di aver utilizzato armi chimiche contro i suoi connazionali curdi, armi chimiche che gli erano state vendute dagli stessi americani(41). Qualche anno dopo alcuni giornalisti vennero in possesso di foto satellitari scattate dai russi nella stessa zona di deserto e negli stessi giorni: in esse si vedevano i carri armati a Kuwait City, ma nemmeno un carro armato si poteva scorgere lungo il confine con l’Arabia.

Tutte queste sono notizie difficilmente rintracciabili sui media ufficiali, dove le forze armate statunitensi vengono sempre dipinte come i buoni liberatori che agiscono contro le forze del male, solitamente appartenenti a Stati non molto sviluppati, dotati di un forte apparato bellico che è tale solo nei resoconti di certi giornalisti .

Le notizie però ci sono, vengono semplicemente occultate ma non eliminate, ed una loro attenta disamina aiuta a comprendere meglio i secondi e terzi fini che spesso animano da dietro le quinte i vari conflitti armati.

Alla luce di quanto sopra esposto, ed analizzando i conflitti scaturiti dopo gli attentati dell’ 11 settembre, anche per chi ancora credesse ciecamente alla versione “ufficiale” dell’attentato, esposta sui media “ufficiali”, è lecito porsi qualche dubbio sul reale svolgersi dell’evento e sull’ effettiva politica estera elaborata dalla Casa Bianca.

3.3          MEMRI: nuove tecniche di traduzione.

La sua realtà, messere, è menzogna e sciocchezze
e sono lieto di dirle che io non l’afferro in alcun modo .
Gottfrined Bürger, Il barone di Münchhausen.

La conoscenza della lingua araba e persiana rappresenta un bene strategico per influire sul mondo post 11 settembre. In occidente relativamente poche persone, anche all’interno del mondo dell’informazione, hanno queste facoltà.

Questo bene strategico è usato con scaltrezza da un agenzia specializzata, il MEMRI, ossia il Middle Est Media Research Institute, la cui sede è a Washington D.C. ed è stata fondata nel 1998 dal colonnello Yigal Carmon, un agente dei servizi segreti israeliani(42). Si presenta come un intermediario esterno per le traduzioni molto comodo: è gratis, ricco di contenuti, di facile accesso.

Il MEMRI seleziona gli articoli del mondo arabo che reputa più “rappresentativi” e, a cadenza settimanale, invia le traduzioni via e-mail a migliaia di operatori dell’informazione che ricevono così benevolemente un po’ di pappa pronta. A dispetto dell’obiettivo dichiarato di “lanciare un ponte tra Occidente e Medioriente attraverso le traduzioni dei media”, il MEMRI opera spesso una catalogazione fuorviante che mette

in pessima luce il mondo arabo e islamico. Questa azione viene svolta con una mole ricchissima di materiali, curando persino la sottotitolazione e la distribuzione di brevi estratti delle televisioni del mondo arabo, diffusi attraverso i suoi densi siti e il suo blog(43).

La redazione è molto numerosa e costosa ma essendo le traduzioni gratis, come si mantiene l’agenzia? Fra i suoi contribuenti c’è la “Lynde e Henry Bradley Foundation”, una delle più importanti fondazioni della destra americana.

Sino al 5 novembre 2001 sul suo sito era possibile leggere questa dichiarazione: “nelle ricerche l’istituto enfatizza anche la continuità del Sionismo nel popolo ebraico e nello stato di Israele”. Più che un’imparziale agenzia di informazione sembrerebbe quindi di avere a che fare con un’arma di propaganda al servizio della destra militarizzata che fa spola tra gli USA e Israele.

Dove non basta rastrellare esternazioni fondamentaliste autentiche e decontestualizzarne altre più innocenti, il MEMRI interviene manipolando deliberatamente la traduzione. Il comune di Londra commissionò uno studio sulle centinaia di opere scritte dallo studioso mussulmano al-Qardawi, e gli analisti conclusero che si era in presenza di “una evidente manipolazione degli scritti”, per cui l’agenzia, nelle parole del sindaco londinese, “travisa sistematicamente i fatti, nella maggior parte dei casi si tratta di una deformazione totale”(44).

Il MEMRI si distinse nel riportare notizie e filmati, profondamente manomessi nel montaggio, che attribuivano al mondo arabo manifestazioni di giubilio per gli attentati dell’11 settembre.

Un inchiesta di “Le Monde Diplomatique” fa notare che il MEMRI tende a presentare come maggioritarie alcune correnti di idee fortemente minoritarie nella stampa e nei media arabi, dando così l’impressione che i media arabi siano dominati da gruppi di fanatici, antioccidentali, antiamericani e violentemente antisemiti.

E il passo tra l’11 settembre e una probabile guerra contro l’Iran è molto breve. Si sviluppa nel frattempo una guerra di percezione, in cui la propaganda gioca un ruolo essenziale. Si pensi alla vicenda di Mahmud Ahmadinejad, presidente dell’Iran, cui il MEMRI ha attribuito con grande successo la frase mai pronunciata di voler “cancellare Israele dalla carta geografica”(45), che ha originato una serie di pronunciamenti di tutti i leader del mondo occidentale, scatenatisi in base ad una notizia sostanzialmente falsa. Bisogna stare attenti a certe provocazioni, ripetute anche durante l’ultimo G8 svoltosi all’Aquila perché, come vedremo in seguito, la guerra all’Iran è uno dei prossimi appuntamenti dell’agenda della rivoluzione neoconservatrice.
... CONTINUA ...

3.4          AL QA’IDA: “il database” e la sua storia.

Trovo molto educativa la televisione. Ogni volta che
e qualcuno la accende, vado nell’altra stanza a leggere un libro .
Groucho Marx.


“Per quanto ne so, al.Qā’ida (parola araba che significa “La Base”) era il nome del database della CIA che conteneva l’elenco dei guerriglieri arruolati per combattere i russi in Afghanistan”.

Queste sono le parole, riportate sul giornale “The Guardian” dell’ 8 luglio 2005, pronunciate da Robin Cook, ex ministro degli Esteri britannico morto nel 2005.

“Word Affair”, una rivista indiana di studi strategici , ha pubblicato nel 2004 un interessante articolo del comandante Pierre-Henry Brunel, un ex-agente dell’intelligence militare francese(46). In esso viene illustrato come nei primi anni ottanta la Banca Islamica per lo Sviluppo, così come il Segretariato permanente per l’Organizzazione della Conferenza Islamica, acquistò un sistema computerizzato per far fronte ai suoi bisogni nella contabilità e nella comunicazione. Il sistema era più sofisticato del necessario e si decise di usare una parte di esso per ospitare il database della Conferenza Islamica: era possibile, per i Paesi partecipanti, accedere per telefono al database, una primitiva intranet.

Stando a quanto afferma un ufficiale pakistano, il database era suddiviso in due sezioni: l’information file in cui i partecipanti agli incontri potevano prelevare e inviare le informazioni di cui necessitavano, e il decision file, in cui erano memorizzate le decioni prese nelle varie sessioni.

In arabo i files erano chiamati Qā’idt il-Maaloomat e Qā’idat i-taaleemaat. Entrambi i files erano contenuti all’interno di un unico file chiamato in arabo Qā’idat ilmu’ti’aat, ossia l’esatta traduzione della parola inglese database. Lo stesso Brunel, all’inizio degli anni novanta, era un ufficiale dell’intelligence presso il quartier generale della Force d’Action Rapide (FAR) francese e grazie alle sua conoscenze di arabo traduceva una gran mole di lettere e fax sequestrati o intercettati. Le fonti più comunemente citate erano le Nazioni Unite, i Paesi Non-Allineati, l’UNHCR e… al- Qā’ida. Era abbastanza naturale che Osama Bin Laden fosse connesso a questo network. E’ (era?) membro di un’importante famiglia saudita ben introdotta nel mondo delle banche e del business(47).

A metà degli anni ottanta, al-Qā’ida era quindi un database situato in un computer e dedicato alle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica.

L’ex spia francese spiega che l’e-mail di al-Qā’ida veniva usata, con sistemi di interfaccia che garantivano sicurezza, dalle famiglie dei mujahidin per mantenere i contatti con i loro figli mentre venivano addestrati in Afghanistan, Libia e Libano.Asserisce che quando Bin Laden era un agente americano in Afghanistan, l’intranet di al-Qā’ida era un buon sistema di comunicazione attraverso messaggi in codice e coperti.

Al-Qā’ida non era né un gruppo terroristico, né una proprietà personale di Obama Bin Laden.

Dopo l’11 settembre fu reso noto che pochi giorni prima dell’attacco alle Twin Towers il generale pakistano Mahud Ahmed, capo dell’ISI (il servizio segreto pakistano), aveva fatto trasferire 100mila dollari all’attentatore suicida Mohamed Atta, e proprio per questo gli americani hanno chiesto la sua rimozione. Sono stati i servizi segreti indiani ad additarlo agli Stati Uniti come finanziatore dei terroristi.

Secondo il “Times of India” la CIA ha lavorato in tandem col Pakistan per creare il mostro del regime talebano (articolo del 3 luglio 2001).

Ovviamente il generale conosce bene Bin Laden (una sua creatura), che era a quei tempi il reclutatore dei mujaheddin antisovietici.

Molto interessante è scoprire dove si trovava il generale Mahud il giorno degli attentati: New York, dove ha incontrato importanti personaggi.

E’ arrivato il 4 settembre e, come spiega il “Miami Herald” del 16 settembre 2001, è stato obbligato a restare tutta la settimana a causa del blocco del traffico aereo seguito agli attentati. Il 10 settembre ha avuto un incontro con Marc Grossman, sottosegreterario di Stato per gli affari politici mentre, secondo il “Washington Post” del 18 settembre, proprio quando la tragedia era in corso stava effettuando una colazione di lavoro con Bob Graham (senatore democratico della Florida, in seguito presidente della Commissione congiunta sulla strage) e Porter Gross (repubblicano, l’altro copresidente della Commissione).

Secondo il “New York Times” del 14 settembre l’ex capo dell’ISI, licenziato per ordine degli americani, ha incontrato anche Colin Powell e il suo vice Richard Armitage (oltre al già citato sottosegretario Grossman), il senatore John Biden (democratico e presidente della Commissione Esteri al Senato) e addirittura George Tenet, capo della CIA. Chissà come Tenet avrà informato il presidente di questi incontri, visto che ogni mattina teneva per mezz’ora per il briefing giornaliero sui servizi.

Strani incontri, per quello che è stato successivamente additato come finanziatore di al-Qaeda, considerando che proprio Porter Gross (un ex funzionario della CIA, trovatosi nella condizione ideale non per far luce, ma per insabbiare) come copresidente della Commissione congiunta sulle indagini ha chiesto che tale commissione, insediata nel settembre 2002, chiudesse i suoi lavori in tempi relativamente ristretti, entro gennaio 2003. Del resto anche la Casa Bianca ha insistito per limitare l’indagine, per “non sottrarre tempo ed energie” a persone dell’intelligence impegnate nella lotta contro “l’asse del male”.

Anche un ex capo dell’ISI, il generale Hamid Gul, ha un’interessante visione dei fatti. Egli sostiene che “l’attentato al World Trade Center non è stato opera di Osama, ma parte di un complotto più vasto contro la Casa Bianca messo a segno da Ariel Sharon nell’ambito di un vasto piano di destabilizzazione di tutti i paesi islamici(48)”.

Per concludere è da riportare anche la dichiarazione del generale Leonid Ivashov, all’epoca dei fatti Capo di Stato Maggiore dell’esercito russo. Egli ha scartato l’ipotesi Al-Qaïda e ha concluso per una provocazione dell’elite finanziaria anglosassone. Su tale base, ha sviluppato la visione strategica russa del mondo post-11 settembre. Scrive il generale: “L’atto terroristico commesso a fini di provocazione è vecchio come il mondo….gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 costituiscono una provocazione mondiale. Si può parlare di operazione di portata mondiale. In generale, tali operazioni permettono di risolvere parecchi problemi mondiali in una sola volta.

Nello svolgimento di un’operazione-provocazione ci sono sempre tre elementi obbligatori : il mandante, l’organizzatore e l’esecutore. Per quanto riguarda la provocazione dell’11 settembre e contrariamente all’opinione dominante, «Al-Qaida» non può essere stata né il mandante, né l’organizzatore, non disponendo dei mezzi finanziari sufficienti (e sono enormi) per ordinare un’azione di tale ampiezza.

….Al-Qaida non può essere stata l’organizzatrice di quest’operazione … In compenso, queste persone potrebbero essere state dei semplici esecutori dell’atto terroristico.

A mio avviso, il mandante di questa provocazione potrebbe essere stata l’oligarchia finanziaria mondiale, al fine d’instaurare una volta per tutte «la dittatura mondiale delle banche» e di garantire il controllo di risorse mondiali in idrocarburi limitate. Contemporaneamente si sarebbe trattato di assicurarsi una dominazione mondiale di lunga durata.…sono assicurate tutte le garanzie alle forze che cercano di instaurare una dittatura mondiale e di dominare il mondo. Ma la guerra mondiale non è ancora finita. Essa è stata provocata l’11 settembre 2001 e non è che il preludio a grandi avvenimenti venturi.”

Avvenimenti futuri che passeremo ad analizzare nel prossimo capitolo.

NOTE
(32) “Unconventional Warfare has been conducted in support of both an insurgency, such as the Contras in 1980s Nicaragua, and resistance movements to defeat an occupying power, such as the Mujahideen in 1980s Afghanistan.”
Queste parole sono scritte a pag. 1-2 del documento “Army Special Operations Forces - Unconventional Warfare” codice FM 3-05.130, rintracciabile su internet con un qualsiasi motore di ricerca, edito dal Dipartimento per l’Esercito Americano il 20 settembre 2008.
Provano come operazioni non convenzionali furono pianificate ed eseguite contro l’Unione Sovietica, servendosi del movimento dei Mujahideen afgani, non direttamente, ma tramite la collaborazione con l’ISI, il servizio segreto pakistano, affinché gli stessi guerriglieri afgani non venissero a sapere di combattere in favore degli USA, da sempre il loro nemico sul piano ideologico.
Si veda anche: http://www.youtube.com/watch?v=VnV_pNe_BB0
(33) nome ufficiale: “Defense Planning Guidance”
(34) “Creating Tomorrow’s Dominant Force”
(35) New York Journal - Who destroyed the Maine?
(36) Day of deceit, Simon & Schuster, New York, 2001.
(37) Un messaggio del 25 novembre 1941 ordinava alla flotta nipponica di “avanzare nelle acque hawaiane e attaccare la forza navale principale degli Stati Uniti sì da infliggerle un colpo mortale”.
L’attacco doveva essere “mortale” perché il tempo giocava contro il Giappone: gli USA (all’epoca il maggior produttore petrolifero al mondo) avevano decretato un embargo petrolifero sì che il Giappone, privo di risorse naturali, aveva riserve per soli sei mesi di guerra. Nel luglio del 1940 il Giappone offrì agli USA, pur di vedersi ritirato l’embargo, di ritirarsi dalla Cina e di uscire dall’Asse; Roosvelt rispose congelando i beni nipponici in USA e, nel settembre, estese l’embargo al ferro e all’acciaio.
Che Roosvelt sperasse in una “provocazione” giapponese è mostrato dal fatto che fece spostare la flotta del Pacifico dalle basi della California alle Hawaii, quasi a facilitare il compito di Yamamoto. L’ammiraglio Richardson, comandante della flotta del Pacifico, protestò contro questo spostamento che riteneva pericoloso: come risposta Roosvelt lo sollevò dal comando. Inoltre i dati dell’intelligence, che segnalavano un imminente attacco a Pearl Harbor, non furono inviati alla flotta alla fonda nel porto hawaiano (le informazioni furono spedite mentre l’attacco era in corso).
(38) Nel 1967 la Time Live Corporation sponsorizzò una conferenza in Svizzera durante la quale venne pianificata la conquista imprenditoriale dell’Indonesia e vi parteciparono gli uomini di affari più potenti del mondo e i rappresentanti governativi indonesiani. Presente per l’Italia il Sig. Giovanni Agnelli.
(39) Film documentario “Il nuovo secolo Americano”di Massimo Mazzucco.
(40) Phillis Bennis - Institute for Policy Studies, Understanding the US-Iraq Crisis, gennaio 2003.
(41) Tv Atzeca (Mexico) – 25 dicembre 1983
(42) Sherif El Sebaie – La disinformazione del Memri, come far odiare gli arabi attraverso la stampa – Aide M, n°2/2007, pag 189-205.
(43) www.memri.org; www.memritv.org; www.thememriblog.net.
(44) Sherif El Sebaie – Op. cit., pag 193
(45) www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=133; www.politcaonline.net/forum/showthread.php?t=329981
(46)Pierre-Henry Brunel, the origins of Al Qaeda, “Word Affair”, aprile-giugno 2004. L’articolo è anche sul sito www.thetruthseeker.co.uk/article.asp?ID=3836
(47)Con tale argomento si potrebbe sviluppare un intero libro . Basti qui sapere che la famiglia Bin Laden ha intrapreso da decenni importanti contatti commerciali con la famiglia Bush. Il “Saudi Binladen Group” ha molte attività, tra cui un conglomerato edilizio che ha regolarmente lavorato in operazioni congiunte con la “Halliburton”. Inoltre ha molti interessi finanziari nella “Carlyle”, società finanziaria presieduta da Bush padre. La Carlyle ha partecipazioni azionarie in molte industrie dell’armamento americane, è in pratica il cuore e il cervello dell’apparato militare-industriale USA.” Oppure basti ricordare che Gorge Bush padre nel 1976, quando era direttore della CIA, arruolò un certo James R.Bath, amico di suo figlio Gorge W., e questo Bath era il legale rappresentante di Khalid bin-Mafouz (banchiere reale saudita nonché finanziatore di Al-Qaeda), ed anche azionista della BCII (Bank of Credit and Commerce International) che lavora in stretto contatto con il “Binladen Group”
(48)Si veda l’intervista del gen. Gul al New Yorker “The Pashtun Code” di Isabel Hilton, 3 dicembre 2001, al sito: www.cooperativeresearch.net/timeline/2001/newyorker120301.html

... CONTINUA ...

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