C’è una sola cosa certa riguardo all’attuale situazione in Siria: le notizie riportate dai giornali, dalle televisioni, e dalle radio occidentali non rispecchiano la realtà. Nei giorni scorsi in molti hanno provato a far notare che quanto descritto dai media era solo una visione distorta e montata dei fatti, eppure nessuno ha dato ascolto a quelle testimonianze. Le grandi testate, così come i governi occidentali, preferiscono infatti credere ciecamente alle notizie non confermate riferite da anonimi attraverso internet, o da sedicenti attivisti per i diritti umani, residenti più o meno ovunque ma mai in Siria, che accertarsi della verità.
Eppure a cercare di raccontare l’altra realtà del Paese arabo non sono stati altri illustri sconosciuti della rete, ma personalità locali delle comunità cattoliche, del mondo musulmano, e giornalisti delle emittenti arabe, che più di tutti dovrebbero sapere costa sta accadendo in Siria in questi giorni convulsi. Il vescovo di Aleppo, Antoine Audo, ad esempio, aveva parlato apertamente della presenza di “prezzolati al servizio di Paesi stranieri”, ma la sua testimonianza non ha trovato spazio sui quotidiani o nei telegiornali. Proprio come quella del muftì di Deraa, il quale ha rivelato di essere stato costretto sotto minaccia di morte a dimettersi e ad accusare la polizia di aver aperto il fuoco sui manifestanti. Così come sono stati letteralmente censurati i comunicati con i quali il responsabile della redazione di al Jazeera in Libano, Ghassan Ben Jiddo, e la conduttrice di punta di al Arabiya, Zeina al-Yaziji, hanno rassegnato le loro dimissioni per l’evidente manipolazione delle notizie sulle proteste siriane che le due emittenti satellitari praticano costantemente. Il primo ha definito la tv del Qatar una vera e propria “centrale operativa per l’incitamento” che aumenta a dismisura il numero dei morti, mentre la seconda ha affermato di aver dovuto abbandonare l’incarico dopo aver inutilmente provato a cambiare la linea editoriale.
A tutte queste testimonianze si aggiungono poi altri due fatti gravissimi che vedono protagonisti la Reuters, l’agenzia di stampa britannica famosa in tutto il mondo, e ancora una volta al Jazeera. Secondo quanto riportato da Irib, la radio iraniana in lingua italiana, infatti entrambe le testate sono state costrette a scusarsi formalmente per aver trasmesso e fornito ai media di mezzo mondo immagini relative a proteste in altri Paesi spacciandole per video e foto raffiguranti le manifestazioni anti-governative in Siria.
Tutto questo, unito agli sforzi compiuti dal presidente al Assad per andare incontro alle richieste della popolazione, come l’abolizione della legge sullo stato d’emergenza, avrebbe dovuto spingere i governi occidentali ad accertarsi quantomeno della reale situazione nel Paese arabo, anche dopo le molteplici dichiarazioni rilasciate riguardo alle presunte violazioni dei diritti umani e l’approvazione delle sanzioni. Purtroppo così non è stato, ma al contrario ora c’è chi, come il capo di Stato francese Sarkozy e il segretario di stato Usa Clinton, parla addirittura di un possibile intervento armato.
Un’eventualità alla quale solo Cina e Russia si sono per ora opposte. “Siamo molto preoccupati del fatto che il processo di riconciliazione, il processo di avvio al dialogo è rallentato dall’intenzione di alcuni partecipanti a questo processo di attirare forze straniere a sostegno delle loro azioni in Siria”, ha dichiarato il ministro degli esteri del Cremlino Lavrov in occasione di una visita in Kazakhstan, auspicando inoltre che “non si ripeta lo scenario libico, con l’ingerenza di attori stranieri nella situazione interna e l’uso della forza”.
Nonostante le belle parole, però, Pechino e Mosca dovranno in futuro sostenere questa posizione anche con i fatti. Non va dimenticato che purtroppo già in merito alle sanzioni inflitte dall’Onu all’Iran e all’intervento Nato in Libia, sia la Cina che la Russia avevano espresso apertamente la loro contrarietà, salvo poi tirarsi indietro lasciando che tutto procedesse senza interferenze al momento di votare le relative risoluzioni in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Questa volta l’ennesimo passo indietro di Pechino e Mosca potrebbe costare alla Siria la sua sovranità nazionale.
di Matteo Bernabei
m.bernabei@rinascita.eu
Tratto da: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=8274
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