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mercoledì 11 maggio 2011

Libia, rischiamo una guerra mondiale con Cina e Russia


Attenti: stiamo giocando col fuoco. Che ci fa la Nato in Africa? Qualcuno crede davvero che l’Occidente spenda tutti quei soldi in bombe e portaerei perché è interessato alla libertà dei popoli oppressi, come quello libico? E perché allora non interviene anche in Bahrein o in Arabia Saudita, dove dominano regimi altrettanto dispotici? La posta in gioco è il petrolio? Non solo. L’aspetto più pericoloso è un altro: attaccando Libia e Siria, gli Usa in declino, che tra cinque anni saranno sorpassati dall’economia cinese, stanno cercando di sfrattare dal Mediterraneo la Cina e la Russia. Rischiamo seriamente un’escalation anche nucleare, che può portare alla Terza Guerra Mondiale. A dirlo non è Wikileaks, ma il professor Paul Craig Roberts, già braccio destro di Ronald Reagan.

Accademico ed economista di fama mondiale, “padre” delle cosiddette “Reaganomics” e già editorialista per il “Wall Street Journal” all’epoca in cui lavorava al ministero del Tesoro nell’amministrazione Reagan, Roberts è divenuto iper-critico rispetto alla politica americana, accusando sia i democratici sia i repubblicani e arrivando a paragonare i fan di Bush ai sostenitori di Hitler. Il professor Craig Roberts, che oggi scrive libri e interventi per media indipendenti come “Prison Planet” e “The American Free Press”, è noto per le recenti clamorose prese di posizione: contro la guerra in Iraq per via della truffa mondiale delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam, e poi contro ogni ipotesi di attacco all’Iran. E’ fra quanti denunciano gli sconvolgimenti planetari causati dall’11 Settembre, episodio che resta oscuro perché gravato da un «vasto deficit» di informazioni nella «versione ufficiale».

Decisamente anomalo data la sua collocazione politica originaria, la destra liberale americana, Craig Roberts negli ultimi anni ha affilato le armi contro quelle che considera pericolose mistificazioni, come la pretesa “innocenza” di Israele, paese che l’Occidente presenta come “assediato” dagli arabi. Per sessant’anni, ha scritto Roberts sul “Counterpunch Magazine” in un articolo intitolato “Pirati del Mediterraneo”, lo Stato ebraico ha inflitto ai palestinesi lo stesso trattamento – pulizia etnica – che i bianchi riservarono agli Indiani d’America. Sua la definizione di Gaza come «il più grande campo di concentramento del mondo», grazie al ruolo-chiave degli Usa, che si comportano come fossero uno «Stato-fantoccio di Israele». Penultimo allarme: l’attacco della Georgia incoraggiata da Bush contro l’Ossezia del Sud nel 2008: per Roberts, i “neocon” hanno rischiato di trascinare l’America verso una “confrontation” nucleare con Mosca.
Ora ci risiamo, dice l’economista e politologo, intervistato da “Press Tv” sulla crisi nel Mediterraneo: «Lo scoppio delle rivolte in Tunisia e in Egitto ha colto Washington di sorpresa, tuttavia gli americani hanno capito in fretta che avrebbero potuto nascondersi dietro alle rivolte nei paesi arabi e utilizzarle per sfrattare Russia e Cina, riuscendo a evitare un indesiderabile confronto diretto. Perciò hanno organizzato le proteste». Questa, per Craig Roberts, la chiave di lettura della crisi. «C’è qualcosa di unico nella rivolta in Libia. Non è una sollevazione pacifica; non sta avendo luogo nella capitale; si tratta di una ribellione armata della parte orientale del paese. Sappiamo che la Cia è coinvolta direttamente, sul campo», fornendo aiuto militare ai ribelli. Perché?

«Non vogliamo rovesciare il governo del Bahrein o dell’Arabia Saudita, due paesi i cui governi trattano con violenza i dissidenti, per il semplice fatto che entrambi sono nostri burattini e abbiamo una grande base navale in Bahrein», dice Roberts. «Vogliamo rovesciare Gheddafi e Assad in Siria perché vogliamo tagliare fuori dal Mediterraneo la Russia e la Cina». Proprio Pechino, spiega il professore, «ha fatto enormi investimenti in campo energetico nella Libia orientale e sta facendo affidamento sulla Libia, oltre che sull’Angola e la Nigeria, per soddisfare il suo fabbisogno energetico. L’America si impegna per negare l’accesso cinese alle risorse energetiche, proprio come hanno fatto Washington e Londra con i giapponesi negli anni Trenta».

Non è solo questione di petrolio, secondo Paul Craig Roberts: «Si tratta della penetrazione della Cina in Africa per assicurarsi le forniture di petrolio necessarie ai suoi bisogni». Il professore ricorda il documento nel quale il Fondo Monetario Internazionale dichiara che l’Era Americana (“The Age of America”, il periodo di egemonia mondiale Usa) è ormai agli sgoccioli: l’economia statunitense verrà sorpassata da quella cinese entro cinque anni, e l’America sarà declassata, divenendo la seconda economia al mondo. «Per questo – insiste Roberts – una delle cose che Washington sta cercando di fare è di utilizzare le sue superiori capacità militari e strategiche per bloccare l’acquisizione di risorse da parte della Cina, in modo da rallentarne lo sviluppo economico».

Questa, sottolinea il professor Craig Roberts, è la ragione principale delle attività della Cia nella Libia orientale: «E’ la ragione per cui le proteste sono scoppiate nell’est del paese e non nella capitale, come invece è accaduto negli altri paesi arabi, ed è la ragione per cui si tratta di una rivolta armata». Obiettivo: «Sfrattare la Cina dalla Libia, cosa che sta accadendo». Numeri impressionanti: in Libia c’erano 30.000 cinesi e ne sono rimasti appena mille, 29.000 operatori cinesi sono stati evacuati. Il pericolo è alto, dato anche il «caratteraccio» della Cina: «Con questo intervento, le aziende cinesi stanno perdendo centinaia di milioni di dollari. Hanno 50 massicci investimenti che stanno andando in malora e ciò viene chiaramente percepito dai cinesi come un atto ostile nei loro confronti. Non si fanno illusioni e di sicuro non si bevono le sciocchezze che leggono sul “New York Times” o sul “Washington Post”. Quello che vedono è una manovra americana contro la Cina».


Dunque gli americani vogliono far fuori la Cina e rimpiazzare gli investimenti cinesi con aziende americane? «Americane o altro, esattamente», risponde Craig Roberts a “Press Tv”. Nella guerra in Libia, aggiunge l’economista, c’è anche un altro aspetto: «Una vendetta nei confronti di Gheddafi, per essersi rifiutato di entrare a far parte dello Us Africa Command», l’Africom, il nuovo comando delle forze armate Usa responsabile per le relazioni e le operazioni militari in 53 paesi africani. L’Africom è operativo dal 2008 «ed è nato come risposta americana alla penetrazione cinese in Africa: abbiamo scelto una risposta militare – spiega Roberts – e Gheddafi si è rifiutato di partecipare, dichiarando che si trattava di un atto imperialista mirato ad acquisire un intero continente».

Infine, aggiunge Craig Roberts, la terza ragione dell’iniziativa militare in Libia sta nel fatto che Gheddafi controlla un settore importante della costa mediterranea, e lo stesso vale per la Siria: «Credo perciò che questi paesi rappresentino due ostacoli per il percorso egemonico degli Stati Uniti nel Mediterraneo. E di sicuro gli americani non vogliono una robusta flotta russa in quell’area né vogliono che la Cina estragga risorse energetiche». Dietro alla crescente crisi siriana c’è infatti l’ombra di Mosca, storico alleato di Damasco: «Penso che anche i russi inizino a percepire l’intera faccenda siriana come una manovra contro di loro e la grande base navale che hanno laggiù, che garantisce a Mosca la presenza nel Mediterraneo».

Come si vede, Washington «è decisa nell’intervento contro la Libia e spinge con sempre maggiore forza per quello in Siria: questo perché vogliamo liberarci dei russi e dei cinesi», insiste Roberts. «Non abbiamo nulla da dire sui sauditi e su come trattano i loro dissidenti, né abbiamo nulla da obiettare circa le violenze esercitate sui dimostranti in Bahrein». Se i cablo di Wikileaks hanno infatti svelato il sostegno della Cia nelle rivolte in Libia e in Siria e forse anche in Yemen, dove ci sarebbero state addirittura incursioni-fantasma dell’aviazione in aree tribali con l’impiego di droni, gli Usa sono stati colti di sorpresa in Tunisia e in Egitto e poi si sono ben guardati dall’innescare sollevazioni in Bahrein e in Arabia Saudita, paesi “fedeli” all’Occidente anche se retti da regimi spietati come quelli di Tripoli e Damasco, che in più hanno la sfortuna si essere strategici per Pechino e Mosca.

«Dunque – ragiona Roberts – quello che stiamo facendo in realtà è inimicarci due grandi nazioni: la Cina, la cui economia è probabilmente migliore di quella americana dal momento che i suoi abitanti hanno ancora un lavoro, e la Russia, che dispone di un arsenale atomico potenzialmente illimitato». Per il professore, l’Occidente sta iniziando a fare pressione «in modo molto imprudente» su due paesi molto forti: «Ci stiamo comportando in maniera profondamente pericolosa e irresponsabile». Messa in moto la valanga, una volta che Russia e Cina «arriveranno alla conclusione che non si può interagire in modo razionale con gli Usa e che anzi gli americani sono determinati a fare qualunque cosa per sottometterli e danneggiarli», secondo Craig Roberts «può succedere di tutto e può verificarsi qualunque escalation: è un pericolo reale, stiamo rischiando una guerra di portata mondiale».

Ulteriore campanello d’allarme, il ruolo improprio dell’Alleanza Atlantica: «Cosa ci fa la Nato in una guerra in Africa? La Nato è stata formata per difendere da una possibile invasione sovietica i paesi dell’Europa occidentale. L’Unione Sovietica non esiste più da vent’anni. Sotto la guida degli Stati Uniti e del Pentagono, la Nato è stata trasformata in una forza ausiliaria, che ora è coinvolta in una guerra di aggressione in Africa». Secondo Paul Craig Roberts, «questa è una trasformazione straordinaria». Perché sta succedendo tutto questo? «Non siamo ricorsi alla Nato in Egitto o in Tunisia e certamente non lo faremo in Arabia Saudita o in Bahrein, perciò stiamo assistendo a qualcosa di veramente strano: la Nato in una guerra in Africa. Questo meriterebbe una spiegazione»

Tratto da: http://www.libreidee.org/2011/04/libia-rischiamo-una-guerra-mondiale-con-cina-e-russia/

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