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venerdì 15 aprile 2011

La tecnica del "colpo di stato colorato"


Disinformazione
Sulle tecniche di disinformazione esiste una quantità enorme di testi.
Ho già fatto menzione sul fatto importante, formulato da Tchakhotine, che il ruolo dei giornalisti e dei media è fondamentale per assicurarsi che la propaganda avvenga in modo costante.
Tchakhotine scrive che la propaganda non dovrebbe interrompersi mai, formulando così una delle regole fondamentali della disinformazione moderna, vale a dire che il messaggio, per passare, deve essere ripetutamente reiterato.

Prima di tutto, Tchakhotine afferma che le campagne di propaganda devono essere dirette in modo centralizzato e ben organizzate, cosa che è divenuta prassi nel tempo della “comunicazione” politica moderna. Per esempio, i membri laburisti del Parlamento Britannico non possono comunicare con i media senza l’autorizzazione del Direttore per le Comunicazioni, al numero 10 di Downing Street.

Sefton Delmer era allo stesso tempo un teorico e un esperto esecutore della black propaganda (propaganda sporca, disinformazione). Aveva creato una falsa stazione radio che, durante la Seconda Guerra mondiale, trasmetteva dalla Gran Bretagna verso la Germania e diffondeva il mito che esistevano dei buoni patrioti tedeschi che si opponevano ad Hitler. [N.d.tr.: Gustav Siegfried Eins. Questo era il nome della stazione radio che fingendo di essere tedesca, riusciva a seminare tra i suoi ascoltatori (tedeschi) l’idea di una Germania non così monolitica come l’avrebbe voluta il Führer.] Si sosteneva la finzione che si trattasse in realtà di una stazione tedesca clandestina che trasmetteva utilizzando frequenze vicine a quelle delle stazioni ufficiali. Questo genere di “black propaganda” fa ancora parte dell’arsenale della “comunicazione” governativa statunitense.

Il New York Times ha rivelato che il governo emetteva dei bollettini informativi favorevoli alla sua politica, che venivano quindi diffusi nei programmi ordinari e presentati come produzioni delle stesse catene radiofoniche e televisive.
Esistono numerosi altri autori che hanno trattato questo argomento e di alcuni di loro ho già parlato nella mia rubrica All News Is Lies – Tutte le notizie sono falsità, ma forse l’opera che corrisponde al meglio al dibattito attuale è quella di Roger Mucchielli, La Subversion, pubblicata in francese nel 1971, che dimostra come la disinformazione, una volta ritenuta tattica ausiliaria durante la guerra, sia divenuta la tattica predominante [13].

Secondo Mucchielli, la strategia si è sviluppata al punto tale che l’obiettivo attualmente è quello di conquistare un paese senza assolutamente attaccarlo fisicamente, in particolare facendo ricorso ad agenti interni che condizionano l’opinione pubblica.
Essenzialmente, si tratta dell’idea proposta e posta in discussione da Robert Kaplan nel suo saggio pubblicato in The Atlantic Monthly nel luglio/agosto 2003 e intitolato “Supremacy by Stealth – Supremazia assunta furtivamente” [14].
Robert Kaplan, uno dei più sinistri teorici del Nuovo Ordine Mondiale e dell’Impero USamericano, difende esplicitamente l’utilizzazione illegale ed immorale della forza per permettere agli Stati Uniti di controllare il mondo intero.
Il suo saggio tratta del ricorso alle operazioni segrete, alla forza delle armi, a sporchi inganni, alla disinformazione, alle influenze clandestine, alla costruzione dell’opinione pubblica, perfino agli assassini politici, tutti mezzi che rivelano un’“etica pagana” destinati ad assicurare il predominio statunitense.

Un altro punto da sottolineare a proposito di Mucchielli è che è stato uno dei primi teorici a propugnare il ricorso a false organizzazioni non governative ONG, o “organizzazioni di facciata”, per provocare un cambiamento politico interno di un altro paese.
Come Malaparte e Trotskij, Mucchielli aveva capito che non erano le circostanze “oggettive” che procuravano il successo o il fallimento di una rivoluzione, ma la percezione di queste circostanze creata ad arte dalla disinformazione.
Inoltre, Mucchielli aveva compreso che le rivoluzioni storiche, che venivano invariabilmente presentate come il prodotto di movimenti di massa, in realtà erano frutto dell’azione di un gruppo assolutamente ristretto di cospiratori molto ben organizzati.
Come Trotskij, Mucchielli insisteva sul fatto che la maggioranza silenziosa doveva essere completamente esclusa dai meccanismi del cambiamento politico, precisamente perché i colpi di Stato sono opera di un ristretto numero di individui e non della massa.
L’opinione pubblica costituisce il “forum” dove si pratica la sovversione e Mucchielli descrive i differenti modi di utilizzare i mezzi di comunicazione di massa per creare una psicosi collettiva. Secondo lui, i fattori psicologici sono estremamente importanti a questo riguardo, in modo particolare nella ricerca di strategie importanti, come la demoralizzazione di una società. L’avversario deve essere indotto a perdere fiducia nella giustezza e nella fondatezza della sua causa e tutti gli sforzi devono essere prodotti per convincerlo che il suo avversario è invincibile.

Ruolo dei militari
Prima di affrontare questo punto, richiamiamo alla mente ancora una questione di ordine storico: il ruolo dei militari nella conduzione di operazioni segrete e nell’influenza esercitata sui mutamenti politici. Si tratta di una questione di cui alcuni analisti contemporanei ammettono tranquillamente la valenza attuale: Kaplan approva il fatto che l’esercito degli Stati Uniti venga utilizzato per “promuovere la democrazia”.
Si compiace di sottolineare come un colpo di telefono di un generale USamericano sia spesso un mezzo migliore per incoraggiare un cambiamento politico in un paese del Terzo Mondo piuttosto che una esortazione dell’ambasciatore degli Stati Uniti.

Kaplan cita un ufficiale addetto alle Operazioni Speciali dell’Esercito:

“Chiunque sia il presidente del Kenya, è sempre lo stesso gruppo di…giovanotti a dirigere le forze speciali e le guardie del corpo del presidente. Noi li abbiamo addestrati. Questo è quello che si dice influenza diplomatica!”

L’aspetto storico dell’argomento è stato di recente studiato da un accademico universitario svizzero, Daniele Ganser, in un suo libro Les Armées secrètes de l’OTAN [15].

Ganser comincia col menzionare il fatto che il 3 agosto 1990, Giulio Andreotti, allora Primo ministro, ammetteva l’esistenza di un’organizzazione armata segreta nel suo paese, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, conosciuta con il nome di Gladio, che era stata creata dalla CIA e dal MI6, e che era coordinata da una sezione poco ortodossa della NATO.



Inoltre, Andreotti confermava una delle vociferazioni più persistenti nell’Italia del dopo-guerra.

Tantissime persone, fra cui magistrati inquirenti, avevano l’opinione che Gladio non facesse parte solamente di una rete di organizzazioni armate segrete create dagli Stati Uniti in Europa occidentale per combattere un’eventuale occupazione sovietica, ma che queste reti si erano adoperate per influenzare il risultato delle elezioni, addirittura stringendo sinistre alleanze con organizzazioni terroristiche. L’Italia era un bersaglio particolare, in quanto il suo Partito comunista era decisamente potente.

All’inizio, questo gruppo armato segreto era stato messo in piedi con lo scopo di prepararsi ad affrontare l’eventualità di una invasione, ma sembra che abbia effettuato ben presto operazioni segrete miranti ad influenzare gli stessi processi politici, pur in assenza di invasioni.

Esistono numerose prove dell’ingerenza massicciamente invasiva degli Stati Uniti, soprattutto nelle elezioni italiane, in modo da impedire al Partito comunista l’accesso al potere. Per questa ragione molti miliardi di dollari erano stati offerti ai democratici cristiani.

Ganser continua nel sostenere che esistono le prove che alcune cellule della Gladio hanno organizzato attentati terroristici con lo scopo di fare accusare i comunisti e di indurre la popolazione spaventata a reclamare poteri speciali per lo Stato destinati a “proteggerla” dal terrorismo.

Ganser interpella l’individuo accusato di avere posizionato una delle bombe, Vincenzo Vinciguerra, che ha ben spiegato la natura della rete di cui era un semplice soldato.

Gladio faceva parte di una strategia mirante a “destabilizzare, al fine di stabilizzare”.

Le vittime degli attentati erano civili, donne, bambini, innocenti, sconosciuti, assolutamente estranei al gioco politico. La ragione era molto semplice: si trattava di forzare il popolo italiano a rivolgersi verso lo Stato per esigere una maggiore sicurezza. Questa era la logica politica che permeava tutti i massacri, di cui gli autori sono rimasti impuniti, dato che lo Stato non poteva dichiararsi colpevole di quello che era avvenuto.

Esiste un rapporto evidente con le teorie del complotto a proposito dell’11 settembre.

Ganser presenta tutta una serie di prove secondo cui si è agito là come con Gladio in Italia e le sue argomentazioni lasciano pensare che potrebbe essere avvenuta un’alleanza con dei gruppi estremisti, come in Italia ci si era affidati a gruppi dell’estrema sinistra come le Brigate Rosse. Dopo tutto, quando Aldo Moro fu rapito – e in seguito assassinato – egli si era recato in Parlamento per presentare un programma di coalizione fra democristiani, socialisti e comunisti, fatto che gli Stati Uniti erano assolutamente decisi a contrastare.

I tattici della rivoluzione del nostro tempo
Le opere storiche che ho citato ci aiutano a capire quello che sta avvenendo ai nostri giorni. I miei colleghi e il sottoscritto, del British Helsinki Human Rights Group, abbiamo potuto constatare che anche attualmente vengono utilizzate le stesse teniche.

Le principali tattiche sono state perfezionate in America latina negli anni 1970–80. Molti agenti segreti, specialisti nei rovesciamenti di regime all’epoca di Reagan e di Bush padre, hanno esercitato il loro mestiere senza problemi nell’ex blocco sovietico sotto Clinton e Bush figlio.

Il generale Noriega racconta nelle sue memorie che i due agenti della CIA e del Dipartimento di Stato, inviati prima per negoziare e poi per provocare la sua caduta dal potere a Panama nel 1989, si chiamavano William Walker e Michael Kozak.

Ora, il primo è riapparso in Kosovo nel gennaio 1999 quando, a capo della Missione di verifica e controllo, sovrintendeva alla costruzione del castello di menzogne sulle “atrocità” che servì poi come pretesto alla guerra.

In quanto a Michael Kozak, divenne ambasciatore in Bielorussia dove, nel 2001, inscenava l’operazione “Bianca cicogna” destinata a rovesciare il presidente Alexandr Loukachenko.

In uno scambio di lettere con The Guardian, nel 2001, Kozak ebbe la sfrontatezza di riconoscere che in Bielorussia faceva esattamente quello che aveva fatto in Nicaragua e a Panama, vale a dire “promuovere la democrazia”[16]

La tecnica moderna di colpo di Stato si presenta essenzialmente utilizzando tre tipi di strumenti:

le ONG; il controllo dei media; gli agenti segreti. Le loro attività sono interscambiabili, tanto che vale la pena di effettuare analisi non separatamente.

Serbia, 2000
Il rovesciamento di Slobodan Milosevic non fu il primo evento in cui manifestamente l’Occidente utilizzava influenze clandestine per provocare un cambiamento di regime.
Il rovesciamento di Sali Berisha in Albania nel 1997 e quello di Vladimir Meciar in Slovacchia nel 1998 sono stati fortemente influenzati dall’Occidente e, nel caso di Berisha, un sollevamento estremamente violento è stato presentato come un giusto esempio di spontanea presa del potere da parte del popolo.
Ho personalmente osservato come la comunità internazionale ed in particolare l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) abbiano falsificato i risultati del loro controllo delle elezioni in modo da assicurare il mutamento politico.
Per questo, il rovesciamento di Milosevic a Belgrado, il 5 ottobre 2000, è importante, visto che si trattava di una personalità molto conosciuta e che la “rivoluzione” che lo ha destituito ha implicato un uso decisamente sfacciato del “potere popolare”.
Il contesto del putsch contro Milosevic è stato brillantemente descritto da Tim Marshall, giornalista di Sky TV. Quello che Marshall mostra è tanto valido in quanto approva gli avvenimenti da lui evocati e si vanta dei suoi numerosi contatti con i servizi segreti, in particolare con quelli della Gran Bretagna e degli Stati Uniti.
Ad ogni istante, Marshall sembra essere al corrente di chi sono i principali agenti segreti. Il suo resoconto è denso di riferimenti ad “un agente del MI6 di Pristina”, a “fonti dei servizi segreti jugoslavi”, a “un uomo della CIA che ha aiutato a preparare il colpo di Stato”, ad “un agente dei servizi segreti della marina statunitense”, ecc.
Egli cita rapporti segreti dei servizi informativi serbi, conosce chi è il capo di stato maggiore del ministro britannico della Difesa che aveva messo a punto la strategia del rovesciamento di Milosevic.
Marshall sa che le conversazioni telefoniche del ministro per gli Affari esteri britannico sono ascoltate; conosce chi sono gli agenti dei servizi segreti russi che accompagnavano Evgueni Primakov, il Primo ministro russo, a Belgrado durante i bombardamenti della NATO; è al corrente in quali stanze dell’ambasciata di Gran Bretagna si trovavano dei microfoni e dove si trovavano le spie jugoslave che ascoltavano le conversazioni dei diplomatici; sa che un membro della Commissione per le relazioni internazionali della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti è in realtà un agente dei servizi segreti della marina; sembra sapere che decisioni dei servizi segreti sono spesso assunte senza il completo accordo dei ministri.
Marshall descrive come la CIA abbia fatto da scorta alla delegazione dell’Esercito di Liberazione del Kosovo fino a Parigi per i colloqui di Rambouillet, prima della guerra, in cui la NATO lanciava alla Jugoslavia un ultimatum che sapeva non potere essere che respinto. Egli allude ad un “giornalista britannico” che serviva da intermediario fra Londra e Belgrado durante negoziati segreti tenuti ad alto livello estremamente importanti attraverso i quali i partecipanti avrebbero cercato di tradirsi gli uni con gli altri nel momento in cui il potere di Milosevic sarebbe crollato.
Uno dei temi che attraversano il suo libro, suo malgrado, è che la linea di separazione fra giornalisti e spie è sottile. All’inizio del libro, Marshall tratta di sfuggita di “legami inevitabili fra funzionari, giornalisti e politici”, affermando che costoro “lavorano tutti nel medesimo ambito”. Egli continua in tono scherzoso nel dire che era stata una “associazione fra spioni, giornalisti da strapazzo e politicanti, più il popolo” a provocare la caduta di Milosevic.
Marshall accetta il mito della partecipazione del “popolo”, ma il resto del suo libro mostra come in realtà il rovesciamento del presidente jugoslavo non sarebbe potuto avvenire se non attraverso strategie politiche concepite a Londra e a Washington.
Prima di tutto, Marshall fa ben comprendere che nel 1988 il Dipartimento di Stato e i servizi di sicurezza avevano deciso di utilizzare l’Esercito di Liberazione del Kosovo (ELK) per sbarazzarsi di Milosevic. Viene citata una fonte secondo cui “il progetto degli Stati Uniti era chiaro: quando sarebbe arrivato il momento, avrebbero utilizzato l’ELK per ottenere la soluzione del problema politico”, e con “problema” si intendeva la sopravvivenza politica di Milosevic.
Questo significava che si sosteneva il secessionismo terroristico dell’ELK per condurre in seguito una guerra contro la Jugoslavia al loro fianco.
Marshall cita Karl Kirk, un agente dei servizi segreti della marina degli Stati Uniti: “Finalmente, ci siamo impegnati in una vasta operazione, allo stesso tempo scoperta e segreta, contro Milosevic”. La parte segreta dell’operazione consisteva non solamente nel rinforzare le differenti missioni con agenti dei servizi segreti britannici e statunitensi inviati in Kosovo come “osservatori”, ma ugualmente – e questo era cruciale – nel fornire aiuto militare , tecnico, finanziario, logistico e politico all’ELK, che conduceva traffici di droga e di esseri umani e che assassinava civili.
La strategia vedeva la sua luce alla fine del 1998 quando una “importante missione della CIA fu messa all’opera in Kosovo”.
Il presidente Milosevic aveva autorizzato ad entrare in Kosovo una missione diplomatica di osservatori per controllare la situazione di quella provincia. Immediatamente, questo gruppo fu ben infarcito di agenti segreti e delle forze speciali britanniche e statunitensi, di uomini della CIA e dei servizi segreti della marina USAmericana, di membri del Servizio Speciale Aereo (SAS) britannico e del “14.esimo Intelligence”, corpo dell’esercito britannico che opera al fianco del SAS per effettuare quella che viene definita come “deep surveillance”, sorveglianza profonda.
Lo scopo immediato dell’operazione era di effettuare la “preparazione di intelligence del terreno del conflitto” [metodo di analisi di un terreno suscettibile di diventare campo di battaglia ], versione moderna di quello che il duca di Wellington aveva l’abitudine di fare, vale a dire percorrere il campo di battaglia in lungo e in largo per rendersi conto della configurazione del terreno prima di affrontare il nemico.
Quindi, come scrive Marshall, “ufficialmente la KDOM [Missione Diplomatica di Osservazione in Kosovo] era diretta dall’OSCE in Europa, ma ufficiosamente dalla CIA. Si trattava di uno schieramento della CIA.” Infatti, la maggior parte dei suoi membri operavano per un altro reparto della CIA, la DynCorp, una compagnia con sede in Virginia che impiega, secondo Marshall, soprattutto “membri di unità di élite dell’esercito USAmericano o della CIA”.
Veniva utilizzata la KDOM, che più tardi si trasformava nella Missione di verifica in Kosovo, solo per fare dello spionaggio! Al posto di eseguire i compiti di controllo e di osservazione loro assegnati, i membri della Missione utilizzavano i loro sistemi di posizionamento globale GPS (un metodo di orientamento satellitare) per localizzare ed identificare gli obiettivi che in seguito la NATO avrebbe bombardato.
Si fa fatica a capire come gli Jugoslavi abbiano potuto permettere che 2000 agenti dei servizi segreti perfettamente addestrati percorressero il loro territorio, dato che, come viene dimostrato da Marshall, loro sapevano molto bene quello che stava avvenendo.
Il capo della Missione di verifica in Kosovo era William Walker, l’uomo che aveva avuto per missione di scalzare Noriega dal potere a Panama e che era stato ambasciatore degli Stati Uniti in Salvador il cui governo, appoggiato da Washington, si serviva di squadroni della morte.
Walker “scopriva” il “massacro” di Racak nel gennaio 1999, avvenimento utilizzato come pretesto per innescare il processo che avrebbe portato ai bombardamenti che ebbero inizio il 24 marzo.
Numerose testimonianze lasciano pensare che Racak sia stata una messa in scena e che i corpi trovati là fossero quelli di combattenti dell’ELK e non di civili, come si ebbe a pretendere.
Quello che è certo è che il ruolo di Walker è stato così importante che la strada nazionale del Kosovo che conduce a Racak a lui è stata intitolata.
Marshall scrive che la data della guerra – primavera 1999 – non è stata solamente decisa alla fine di dicembre 1988, ma che era stata contemporaneamente comunicata all’ELK.
Questo significa che, a “massacro” avvenuto, quando Madeleine Albright dichiarava : “Quest’anno la primavera è arrivata prima.”, lei si comportava esattamente come Goebbels quando, venendo a conoscenza dell’incendio del Reichstag nel 1933, avrebbe esclamato: “Come, di già?”
In tutti i modi, Marshall scrive che quando la Missione fu ritirata alla vigilia dei bombardamenti della NATO, gli agenti della CIA che ne facevano parte consegnarono i loro cellulari satellitari e i loro GPS all’ELK.
“Gli Stati Uniti addestrarono l’ELK, in parte lo equipaggiarono e di fatto gli consegnarono un territorio”, scrive Marshall, anche se lui stesso, come tutti gli altri reporter, aveva contribuito a propagare il mito delle atrocità commesse sistematicamente da parte dei Serbi contro una popolazione civile albanese totalmente inerte.
Naturalmente, la guerra ebbe inizio e la Jugoslavia fu violentemente bombardata. Ma Milosevic restava al potere. Allora, Londra e Washington dettero inizio alla messa in pratica di ciò che Marshall definisce una “guerra politica” per poterlo destituire dal governo.
La “guerra politica” consisteva nel consegnare importanti somme di denaro e nel portare aiuto tecnico, logistico e strategico, compreso l’invio di armi, a gruppi differenti dell’“opposizione democratica” e ad Organizzazioni Non Governative della Serbia.
In quel momento, gli Stati Uniti operavano principalmente per via indiretta attraverso l’International Republican Institute [17], che aveva aperto uffici in Ungheria con lo scopo di sbarazzarsi di Milosevic.
Marshall spiega che ad una riunione “ci si trovò d’accordo sul fatto che gli argomenti ideologici sulla democrazia, sui diritti civili e sull’approccio umanitario sarebbero stati molto più convincenti se accompagnati, all’occorrenza, da denaro bastante.”
Questo denaro, e molte altre cose, di conseguenza, entrarono in Serbia attraverso valige diplomatiche, in molti casi appartenenti a paesi in apparenza neutrali come la Svezia che, non essendo ufficialmente membro della NATO, poteva mantenere completamente aperta la sua ambasciata a Belgrado.
Marshall aggiunge che il denaro entrava da tanti anni. Mezzi di informazione “indipendenti”, come la stazione radio B92 (dello stesso editore di Marshall), venivano finanziati in gran parte dagli Stati Uniti. Alcune organizzazioni controllate da George Soros [18] allo stesso modo giocarono un ruolo essenziale, come più tardi in Georgia nel 2003–04.
I cosiddetti “democratici” in realtà non erano niente altro che agenti stranieri, come veniva affermato in modo imperturbabile dal governo jugoslavo del tempo.
Inoltre Marshall spiega un fatto che attualmente è di dominio pubblico, vale a dire che sono sempre gli Stati Uniti che hanno concepito la strategia consistente nel proporre un candidato, nel caso jugoslavo Vojislav Kostunica, per unificare l’opposizione. Kostunica presentava il grande vantaggio di essere quasi uno sconosciuto agli occhi dell’opinione pubblica.
Marshall dimostra che la strategia comprendeva perfino un colpo di Stato accuratamente predisposto e che ebbe luogo come previsto. Egli mostra in maniera estremamente ricca di dettagli come i principali attori di quello che fu presentato dalle televisioni occidentali come un sollevamento “popolare” spontaneo in realtà non fossero null’altro che una banda di teppisti estremamente violenti e pesantemente armati al comando del sindaco della città di Cacak, Velimir Illic. Era un convoglio di Illic lungo 22 chilometri che aveva trasportato “armi, paras e squadre di kickboxeurs” fino all’edificio del Parlamento federale di Belgrado.
Marshall ammette che gli avvenimenti del 5 ottobre 2000 “rassomigliavano sicuramente ad un colpo di Stato” piuttosto che ad una rivoluzione popolare, come volevano far credere tanto “candidamente” i media di tutto il mondo.

Georgia, 2003
Molte delle tattiche applicate a Belgrado furono riprese ad nauseam in Georgia nel novembre 2003, per rovesciare il presidente Edouard Chevardnadze [19]. Furono espresse le medesime asserzioni di elezioni truccate e reiterate senza sosta. (In Georgia, si trattava di elezioni legislative, mentre quelle in Jugoslavia erano elezioni presidenziali). I media occidentali ripresero queste asserzioni, che erano state formulate ben prima dello scrutinio, senza porsi alcuna domanda.
Venne scatenata una guerra di propaganda contro i due presidenti, nel caso di Chevardnadze dopo un lungo periodo in cui era stato incensato come un grande democratico riformatore.
Le due rivoluzioni si produssero dopo un identico “assalto al Parlamento” trasmesso in diretta dalle televisioni. I due trasferimenti di potere furono negoziati dal ministro russo per gli Affari esteri Igor Ivanov che prese l’aereo prima per Belgrado e poi per Tbilissi al fine di condurre in porto il trapasso di poteri dei due presidenti in carica. E, last but not least, anche l’ambasciatore USAmericano fu il medesimo nei due casi: Richard Miles.


Comunque, la similitudine più evidente è consistita nell’utilizzazione di un movimento studentesco noto con il nome di Otpor (Resistenza) in Serbia e di Kmara (Basta! in georgiano) in Georgia [20].
I due movimenti avevano lo stesso simbolo, un pugno chiuso nero su bianco.
Quelli di Otpor addestravano gli aderenti di Kmara, e tutti venivano sostenuti dagli Stati Uniti.
Ed entrambi i movimenti erano manifestamente strutturati secondo la tattica comunista, che associa la parvenza di una struttura diffusa di cellule autonome con la realtà di una disciplina di natura leninista fortemente centralizzata.
Come in Serbia, fu rivelato alla pubblica opinione il ruolo giocato dalle operazioni segrete e dal denaro statunitense, ma solamente dopo gli avvenimenti. Durante questi eventi, le televisioni non cessarono di parlare di un sollevamento di “popolo” contro Chevardnadze.
Tutte le immagini contrarie a questa menzogna, che doveva produrre ottimismo, furono occultate, come il fatto che la “marcia su Tbilisi” guidata da Mikhail Saakachvili si era mossa da Gori, la città natale di Stalin, a partire dalla statua dell’ex tiranno sovietico, che resta pur sempre un eroe per tanti Georgiani.
I media non si inquietarono per nulla quando il nuovo presidente Saakachvili fu confermato nelle sue funzioni attraverso un’elezione che lo gratificava di una percentuale staliniana del 96 %.

Ucraina, 2004
Nel caso dell’Ucraina, si osserva la medesima combinazione di attività da parte di ONG finanziate dall’Occidente, di mezzi di comunicazione e di servizi segreti [21].
Le ONG hanno giocato un ruolo enorme nel delegittimare le elezioni, addirittura prima che queste avessero luogo. Non cessavano di parlare di brogli generalizzati. In altri termini, le manifestazioni di strada che si scatenarono dopo il secondo ballottaggio, vinto da Yanoukovitch, si fondavano su affermazioni che circolavano ben prima dello spoglio del secondo turno.
La principale ONG responsabile di queste accuse, il Comitato degli elettori di Ucraina, non aveva ricevuto un quattrino dagli elettori ucraini, ma in compenso era stata generosamente finanziata dai governi occidentali. I suoi uffici erano ornati di ritratti della Madeleine Albright e il National Democratic Institute era uno dei suoi principali sostenitori. Questo Comitato non cessava di fare propaganda contro Yanoukovitch.
Durante questi avvenimenti, io stesso ho potuto riscontrare tanti abusi di questa propaganda, che consistevano principalmente nel ripetere instancabilmente che il governo praticava brogli elettorali, questo per dissimulare la frode praticata dall’opposizione che presentava Victor Youchtchenko, uno degli uomini più noiosi del mondo, come un politico carismatico e diffondeva la tesi ridicolmente inverosimile che egli era stato deliberatamente avvelenato dai suoi avversari. (Fino a questo momento nessuna azione giudiziaria è stata promossa a riguardo.)
Si potrà trovare un resoconto più completo sulla propaganda e sulle frodi nel rapporto “Ukraine’s Clockwork Orange Revolution – La rivoluzione del movimento arancione in Ucraina” del British Helsinki Human Rights Group.
Una spiegazione interessante del ruolo giocato dai servizi segreti è stata fornita nel New York Times da C. J. Chivers, che descrive come il KGB ucraino abbia sempre operato in favore di Youchtchenko, ben inteso, in collaborazione con gli Stati Uniti.[22].
Fra altri articoli importanti su questo argomento, ricordiamo quello di Jonathan Mowat intitolato “The New Gladio in Action ? Ukrainian Postmodern Coup Completes Testing of New Template – Una nuova Gladio in azione? Il colpo postmoderno in Ucraina completa la verifica empirica di un nuovo modello”, che descrive in dettaglio come la dottrina militare era stata adattata per provocare un cambiamento di regime e come erano stati utilizzati diversi strumenti, dalla psicologia ai falsi sondaggi d’opinione [23].
L’articolo di Mowat è particolarmente interessante quando tratta delle teorie di Peter Ackermann, l’autore di “Strategic Nonviolent Conflict - Conflitto strategico non violento” [24] e di una relazione intitolata “Between Hard and Soft Power: The Rise of Civilian-Based Struggle and Democratic Change – Fra potere duro e debole: il sorgere di lotte fondate su movimenti civili e il cambiamento democratico”, pronunciata presso il Dipartimento di Stato nel giugno 2004 [25].
Mowat è parimenti eccellente in materia di psicologia delle folle e della loro utilizzazione durante i putsch. Egli attira l’attenzione sul ruolo di “sciami di adolescenti” e su quello dell’“isteria dei ribelli” e fa ricondurre l’origine della loro utilizzazione per fini politici al Tavistock Institute negli anni 1960. Questo Istituto era stato creato dall’Esercito britannico in relazione alla guerra psicologica dopo la Prima Guerra Mondiale e fra i suoi illustri studiosi possiamo trovare David Owen, ex Segretario di Stato per gli Affari esteri e Radovan Karadic, ex-Presidente della Repubblica serba di Bosnia.
Mowat mostra come le idee formulate in quell’Istituto da Fred Emery furono riprese da un certo Howard Perlmutter, professore di “architettura sociale” alla Wharton School e discepolo di Emery, per cui la diffusione del video “Rock a Katmandu” costituiva uno strumento appropriato per evocare il modo attraverso cui Stati di cultura tradizionale potevano essere destabilizzati, con l’obiettivo finale di dare luogo alla “civilizzazione globale”.
Aggiungeva che per una tale trasformazione erano necessari due requisiti: “La costruzione di una rete, che operi a livello internazionale, di organizzazioni internazionali e locali” e “la creazione di eventi globali” tramite “la trasformazione, mediante l’uso dei mezzi di informazione di massa, di un evento locale in un avvenimento che possa avere ripercussioni internazionali immediate.”

Conclusione
Nulla di tutto ciò che abbiamo analizzato può venire rapportato a “teorie del complotto”, in quanto ci si trova nella effettiva presenza di autentici complotti!

Per gli Stati Uniti, la promozione della democrazia è un elemento importante della sua strategia generale sulla sicurezza nazionale.

Importanti settori del Dipartimento di Stato, la CIA, agenzie para-governative come il National Endowment for Democracy e ONG finanziate dal Governo, come la Carnegie Endowment for International Peace, che ha pubblicato numerose opere riguardanti la “promozione della democrazia”, tutti hanno un punto in comune: prevedono l’ingerenza, a volte violenta, delle potenze occidentali, in modo particolare degli Stati Uniti, nella politica di altri Stati e questa ingerenza è molto spesso utilizzata per incoraggiare l’obiettivo rivoluzionario per eccellenza, il cambiamento di regime.

di John Laughland

Note
[1] All’epoca della rivoluzione dei Cedri, Hezbollah costituiva la maggioranza relativa. Dopo il ritiro del contingente di pace siriano, Hezbollah dava vita ad una coalizione allargata, a cui partecipava, fatto da sottolineare, il Movimento patriotico libero del generale Michel Aoun.
Questa coalizione, in occasione delle elezioni legislative, si dimostrava maggioritaria dopo lo spoglio dei voti. Tuttavia, tenuto conto del sistema elettorale che privilegia le liste di rappresentanza politica rispetto ai voti individuali, questa coalizione popolare risultava minoritaria in Parlamento.
[2] Technique du coup d’État, di Curzio Malaparte. Prima edizione Grasset 1931. Riedizione in formato tascabile, Grasset & Fasquelle (2008). Ed. italiana Mondadori, 2002 (esaurito)
[3] Propaganda di Edward L. Bernays, Horace Liveright (1928). Scaricabile. Versione francese : Propaganda : Comment manipuler l’opinion en démocratie, Zone (2007).
[4] « The Engineering of Consent », The Annals of the American Academy of Political and Social Science, 1947, 250 p. 113. (Questo articolo è stato riprodotto nella raccolta eponima “The engineering of consent”, University of Oklahoma Press, 1955.)
[5] Manufacturing Consent : The Political Economy of the Mass Media, di Edward S. Herman e Noam Chomsky, Pantheon Books Inc (1988). Versione francese : La fabrication du consentement : De la propagande médiatique en démocratie, Agone, 2008.
[6] Psychologie des foules, di Gustave Le Bon, 1895. Scaricabile
[7] Masse und Macht, di Elias Canetti, Fischer Taschenbuch Vlg. Versione francese : Masse et puissance, Gallimard, 1986.
[8] Le viol des foules par la propagande politique, di Serge Tchakhotine, Gallimard, riedizione in formato tascabile 1992.
[9] Who Paid the Piper ?: CIA and the Cultural Cold War, di Frances Stonor Saunders, Granta, 1999. Versione francese: Qui mène la danse ? La CIA et la Guerre froide culturelle, Denoël, 2003.
[10] A proposito del Congresso per la libertà della Cultura, leggere « Quand la CIA finançait les intellectuels européens », di Denis Boneau e « Quand la CIA finançait les intellectuels italiens », di Federico Roberti, Réseau Voltaire, 27 novembre 2003 e 5 settembre 2008.
[11] « Les New York Intellectuals et l’invention du néo-conservatisme », di Denis Boneau, Réseau Voltaire, 26 novembre 2004.
[12] The vital center ; the politics of freedom, di Arthur M. Schlesinger, Boston Houghton Mifflin Co, 1949.
[13] La subversion, di Roger Muchielli, C.L.C ; nuova edizione rivista e aggiornata, (1976)
[14] « Supremacy by Stealth », di Robert Kaplan, The Atlantic Monthly, luglio/agosto 2003.
[15] Les Armées secrètes de l’OTAN, di Daniele Ganser, edizioni Demi-lune (2007). Questo libro è pubblicato in appendice da Réseau Voltaire.
[16] « For Nicaragua, read Belarus » di Mark Almond ; « Belarus and the Balkans », lettera di Michael Kozak ; « Belarus president tightens grip on a resentful people » e « Belarussian foils dictator-buster... for now. Tested US foreign election strategy fails against Lukashenko », di Ian Traynor, The Guardian, 21 e 25 agosto, 10 e 14 settembre 2001.
[17] IRI è una sezione della NED. Vedere « La NED, nébuleuse de l’ingérence "démocratique" », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 22 gennaio 2004.
[18] « George Soros, spéculateur et philanthrope », Réseau Voltaire, gennaio 2004.
[19] « Les dessous du coup d’État en Géorgie », di Paul Labarique,Réseau Voltaire, 7 gennaio 2004.
[20] « L’Albert Einstein Institution : la non-violence version CIA », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 4 giugno 2007.
[21] « Washington et Moscou se livrent bataille en Ukraine », di Emilia Nazarenko e la redazione; e « Ukraine : la rue contre le peuple », 1 e 29 novembre 2004.
[22] « Back Channels : A Crackdown Averted ; How Top Spies in Ukraine Changed the Nation’s Path », di C. J. Chivers, The New York Times, 17 gennaio 2005.
[23] « The new Gladio in action ? Ukrainian postmodern coup completes testing of new template », di Jonathan Mowat, Online Journal, 19 marzo 2005.
[24] Strategic Nonviolent Conflict : The Dynamics of People Power in the Twentieth Century, di Peter Ackerman et Christopher Kruegler, prefazione di Thomas C. Schelling, Greenwood Press (1993).
[25] Presentation at the US State Department. Between Hard and Soft Power : The Rise of Civilian-Based Struggle and Democratic Change, di Peter Ackerman, 29 giugno 2004.

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