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domenica 24 aprile 2011

LA LIBIA DI FRONTE ALL’IMPERIALISMO UMANITARIO

INTERVISTA A JEAN BRICMOND

di Grégoire Lalieu
dal sito Counterpunch
traduzione di Gianluca Freda

Jean Bricmont insegna fisica in Belgio ed è membro del Tribunale di Bruxelles. Il suo libro, Imperialismo Umanitario, è pubblicato da Monthly Review Press.

Può ricordarci in cosa consiste l’Imperialismo Umanitario?

Jean Bricmont: E’ un’ideologia mirante a giustificare gli interventi militari contro nazioni sovrane in nome della democrazia e dei Diritti Umani. Il motivo è sempre lo stesso: un popolo è vittima di un dittatore, perciò dobbiamo agire. Poi si tirano fuori tutti i riferimenti consueti: la Seconda Guerra Mondiale, la guerra con la Spagna, e così via. Lo scopo è quello di vendere la tesi secondo la quale un intervento armato è indispensabile. E’ quello che è accaduto per il Kosovo, l’Iraq e l’Afghanistan.

E adesso è il turno della Libia.

Qui c’è una differenza, perché è stata una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a rendere possibile la guerra. Ma tale risoluzione è stata approvata contro i principi della stessa Carta delle Nazioni Unite. Infatti, io non vedo alcuna minaccia esterna rappresentata dal conflitto in Libia. Benché si sia evocato il concetto della “responsabilità di protezione” verso le popolazioni, si è ricorsi a molte scorciatoie. D’altronde, non vi è alcuna prova che Gheddafi stia massacrando il suo popolo per il solo gusto di macellarlo. La questione è un po’ più complessa: si tratta di un’insurrezione armata, e io non conosco nessun governo che non reprimerebbe un’insurrezione di questo tipo. Certo, ci sono stati danni collaterali e vittime civili. Ma se gli Stati Uniti conoscono un modo per evitare tali danni, allora dovrebbero parlarne agli israeliani e applicarlo loro per primi in Iraq e in Afghanistan. Oltretutto, non vi è alcun dubbio che anche i bombardamenti della coalizione abbiano provocato vittime civili.

Da un punto di vista strettamente giuridico, io penso che la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sia discutibile. Infatti, essa è il risultato di anni di pressioni lobbystiche miranti ad ottenere il diritto all’interferenza, che qui è stato legittimato.

Eppure molte persone – perfino tra i partiti della sinistra – hanno ritenuto necessario intervenire in Libia per fermare il massacro. Crede si sia trattato di un errore di valutazione?

Sì, e per molte ragioni. Prima di tutto, questa campagna militare inaugura il regno dell’arbitrio. Infatti, il conflitto libico non è affatto eccezionale. Ci sono molti altri conflitti simili in ogni parte del mondo, che si tratti di Gaza, del Bahrein o del Congo, in cui vi è stata una guerra simile alcuni anni fa. In quest’ultimo caso, la guerra scoppiò nel contesto di un’invasione straniera da parte di Ruanda e Burundi. L’intervento delle forze del diritto internazionale avrebbe potuto salvare milioni di vite, ma non venne attuato. Come mai?

D’altronde, se applicassimo a livello generale i princìpi di interferenza che stanno alla base dell’aggressione alla Libia, ciò vorrebbe dire che chiunque può intervenire dovunque ne abbia voglia. Immaginiamo che i russi intervengano in Bahrein o i cinesi nello Yemen: il mondo cadrebbe in preda ad una guerra generalizzata e incessante. Pertanto, la principale caratteristica del diritto d’interferenza è la rottura degli standard del diritto internazionale. E se dovessimo cambiare il diritto internazionale, per sostituirlo con nuove regole che giustifichino il diritto d’interferenza, il risultato sarebbe una guerra di tutti contro tutti. Si tratta di un problema al quale i sostenitori del diritto d’interferenza non hanno mai dato una risposta.

Infine, interventi del genere rafforzano quello che io chiamo “effetto barricata”: tutti i paesi nel mirino degli Stati Uniti inizieranno a sentirsi minacciati e cercheranno di incrementare i propri armamenti. Tutti ricordiamo ciò che successe a Saddam. A quell’epoca, Gheddafi aveva detto alla Lega Araba: “Abbiamo appena perduto uno stato membro della Lega e nessuno di voi ha fatto nulla. Ma la stessa cosa può succedere anche a voi, perché, anche se siete tutti alleati degli USA, anche Saddam lo era stato, in passato”. Ora la stessa cosa si sta ripetendo con Gheddafi e la minaccia che pende sul capo di molti stati finirà probabilmente per rilanciare la corsa agli armamenti. E potrebbe andare anche peggio: se la Libia avesse avuto armi nucleari, non sarebbe mai stata aggredita. In effetti, è proprio per questo che la Corea del Nord è intoccabile. Perciò, la sinistra che appoggia l’intervento in Libia farebbe bene a rendersi conto che l’interferenza umanitaria finirà inevitabilmente per rilanciare la corsa agli armamenti e porterà a guerre di lungo periodo.

Nonostante questo, un intervento armato contro Gheddafi non può essere visto come un male minore?

Bisogna considerarne le conseguenze. Ora che le forze occidentali si sono impegnate, ovviamente dovranno andare fino in fondo, rovesciare Gheddafi e portare al potere i ribelli. E poi cosa succederà? La Libia sembra divisa. L’Occidente occuperà forse il paese e si imbarcherà in una guerra infinita come quelle in Iraq e in Afghanistan?

Ammettendo che sia così, supponiamo che tutto vada per il meglio: i membri della coalizione rimuovono Gheddafi in pochi giorni, i ribelli prendono il potere e il popolo libico è unito. Tutti sono felici. Ma poi? Non penso che l’Occidente dirà: “Bene, lo abbiamo fatto perché siamo gente buona e amante dei diritti umani. Ora potete fare tutto quello che volete”. Cosa accadrà se il nuovo governo libico sarà troppo musulmano o non limiterà in modo appropriato i flussi migratori? Lei pensa che l’Occidente li lascerà fare? E’ ovvio che dopo l’intervento il nuovo governo libico sarà legato mani e piedi agli interessi occidentali.

Se l’intervento militare non è una soluzione, allora la soluzione qual è?

Sarebbe stato meglio se avessimo sperimentato con onestà tutte le opzioni pacifiche. Magari poi non avrebbero funzionato, ma qui c’è stata l’intenzione lampante di rifiutare soluzioni di questo tipo. E a proposito, anche questa è una caratteristica tipica delle guerre umanitarie. All’epoca del Kosovo, c’erano state da parte della Serbia proposte minuziose per arrivare ad una soluzione pacifica, ma furono tutte respinte. Addirittura l’Occidente impose condizioni che rendevano impossibile qualunque negoziato, come quelle di far occupare la Serbia dalle truppe NATO. In Afghanistan, i Talebani avevano proposto di far processare Bin Laden da un tribunale internazionale, se fosse stata loro fornita la prova del suo coinvolgimento negli attacchi al WTC. Ma gli USA rifiutarono la proposta e bombardarono il paese. In Iraq, Saddam aveva accettato il ritorno degli ispettori delle Nazioni Unite e altre condizioni estremamente restrittive. Ma non era mai abbastanza. In Libia, Gheddafi ha accettato un cessate il fuoco e ha proposto di far entrare nel paese gli osservatori internazionali. Ma gli osservatori non sono stati inviati e tutti hanno detto che Gheddafi non rispettava il cessate il fuoco. L’Occidente ha anche rifiutato l’offerta di Chavez di fare da mediatore per la Libia, nonostante essa fosse sostenuta da molti paesi latino-americani e dalla stessa Unione Africana.

Per questo motivo, mi arrabbio quando sento le sinistre europee denunciare l’orribile Alleanza Bolivariana delle Americhe che sostiene il dittatore Gheddafi. Hanno capito tutto a rovescio! I leader che sono al potere in America Latina hanno importanti responsabilità. Non sono dei semplici ometti di sinistra che fanno quattro chiacchiere nel loro angolino. Il loro principale problema è l’interferenza degli USA: quanto meno questi ultimi potranno fare ciò che gli piace, dovunque gli piaccia, tanto meglio sarà per quei paesi che tentano di svincolarsi dalla loro tutela rafforzando il potere dello stato, nonché per il mondo.

Il sistematico rifiuto delle soluzioni pacifiche significa che l’interferenza umanitaria è una scusa?

Certo che sì, ma funziona solo con gli intellettuali. Ho molti più dubbi su come reagiranno i popoli d’Europa. Continueranno a sostenere i loro leader durante l’aggressione a Gheddafi? La gente considera legittime soprattutto le guerre combattute per la sicurezza: ad esempio se qualcosa minaccia la nostra popolazione o il nostro stile di vita, ecc. Ma nel contesto di un clima di islamofobia (che io disapprovo, ma che esiste) diffuso tanto qui quanto in Francia, provate a spiegargli che stiamo combattendo in Cirenaica a favore di ribelli che vediamo strillare “Allah Akbar!”. Questa è una contraddizione!

Sul piano politico, molti partiti sono a favore dell’intervento, anche quelli di sinistra. I più moderati si sono limitati a sostenere l’implementazione della no-fly-zone, ma se Gheddafi manda i suoi carri armati a Bengasi, poi che si fa? Durante la Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi persero rapidamente il controllo dello spazio aereo, ma nonostante ciò resistettero ancora per anni. Poiché l’obiettivo è sempre stato quello di rovesciare Gheddafi, i moderati avrebbero dovuto sospettare che si sarebbe andati ben oltre la creazione della no-fly-zone.

Incapace di assumere posizioni genuine e alternative, la sinistra si trova inrappolata nella logica dell’interventismo umanitario ed è costretta ad appoggiare Sarkozy. Se la guerra andrà bene e finirà in fretta, la posizione del presidente francese resterà senza dubbio solida in vista delle elezioni presidenziali del 2012, grazie anche alla sinistra che a ciò avrà contribuito. La sinistra, incapace di adottare una posizione coerente contro le guerre, è costretta ad adeguarsi alla politica interventista.

E se la guerra non andrà bene?

E’ spiacevole dirlo, ma l’unico partito francese che si è apertamente schierato contro l’intervento in Libia, in considerazione degli interessi della Francia, è il Fronte Nazionale. Lo ha fatto riferendosi in particolare ai flussi migratori e ha colto l’occasione per differenziarsi dall’Unione per un Movimento Popolare (UMP) di Sarkozy e dal Partito Socialista (SP), vantandosi di non aver mai collaborato con Gheddafi. Se la guerra in Libia non dovesse andare secondo i piani, sarà il Fronte Nazionale a trarne vantaggio nelle elezioni presidenziali del 2012.

Se l’interferenza umanitaria è solo un pretesto, allora qual è il vero obiettivo di questa guerra?

Le sollevazioni nel mondo arabo hanno colto di sorpresa l’Occidente, che non era molto informato su ciò che stava accadendo in Nord Africa e in Medio Oriente. Non metto in dubbio che vi siano persone esperte di questi argomenti, ma esse vengono di rado ascoltate a livello governativo e, tra l’altro, se ne lamentano spesso. Adesso, i nuovi governi di Egitto e Tunisia potrebbero non allinearsi più agli interessi dell’Occidente e di conseguenza divenire ostili a Israele.

Per prendere il controllo della zona e proteggere Tel Aviv, l’Occidente avrà dunque bisogno di liberarsi di quei governi che sono già ostili a Israele e all’Occidente. I tre principali sono Iran, Siria e Libia. L’ultimo, essendo il più debole, è stato attaccato per primo.

Funzionerà?

L’Occidente vorrebbe dominare il mondo, ma fin dal 2003, con il fiasco in Iraq, abbiamo potuto vedere che non ne è capace. In passato, gli Stati Uniti si erano già presi la libertà di rovesciare governanti che loro stessi avevano condotto al potere, come Ngô Dinh Diêm, nel Vietnam del Sud degli anni ’60. Ma oggi Washington non ne è più capace. In Kosovo, Stati Uniti ed Europa sono dovuti scendere a compromessi con un regime paramafioso. In Afhanistan, tutti sanno che Karzai è corrotto, ma non esiste altra scelta. In Iraq, hanno perfino dovuto accettare un governo che non li soddisfa nemmeno lontanamente.

Il problema sorgerà certamente anche con la Libia. Un iraqeno mi disse una volta: “In questa parte del mondo non ci sono liberali nel senso occidentale del termine, eccezion fatta per alcuni sporadici e piuttosto isolati intellettuali”. Poiché l’Occidente non può contare su governanti che condividano le sue idee e difendano i suoi interessi, allora prova ad imporre dei dittatori con la forza. Ma questo genera ovviamente una discrepanza con i desideri della gente.

Del resto, questo approccio si è rivelato fallimentare e la gente non dovrebbe lasciarsi ingannare da ciò che sta accadendo.

L’Occidente, che credeva di poter controllare il mondo arabo con fantocci come Ben Ali e Mubarak, si è improvvisamente detto: “Abbiamo sbagliato tutto, meglio darsi da fare per sostenere la democrazia in Tunisia, Egitto e Libia”.

Tratto da: Blogghete

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