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lunedì 16 aprile 2012

Nuove sanzioni contro l’Iran e dispiegamento di forze navali per difendere il dollaro.

di Federico Dal Cortivo


Il presidente degli Stati Uniti, “Nobel per la pace”, ha chiesto un inasprimento delle sanzioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran. Lo rende noto la Casa Bianca. Obama chiede misure drastiche per le banche che continuano a trattare con l’Iran e un aumento dell’isolamento finanziario della Banca Centrale dell’Iran che cura la maggior parte degli affari legati alla vendita del petrolio.
Anche questo ennesimo inasprimento è dettato dal timore, infondato, che l’Iran stia procedendo alla costruzione di armi nucleari, di cui non vi è alcuna prova, ma che come insegna la guerra contro l’Iraq fa parte di un disegno ben più ampio teso a colpire chi non si allinea al “volere di Washington”, dove altri sono gli obiettivi in gioco, e non quelli dati in pasto quotidianamente alla cosiddetta “opinione pubblica mondiale”.

L’obiettivo di Obama è impedire a tutti di acquistare petrolio dall’Iran; una vecchia storia quella delle  sanzioni economiche che hanno caratterizzato da sempre la politica estera delle democrazie anglosassoni contro chi gli sbarrava il passo, alternata a quella delle cannoniere. Ora l’Amministrazione Usa, che non può certo colpire duramente gli “alleati- sudditi”, ha recentemente condonato il Giappone e dieci Stati dell’Ue perché hanno deciso di tagliare le forniture dall’Iran. E mentre Obama “tranquillizza il  mondo” circa una possibile crescita del prezzo  del petrolio, con i problemi che ne deriverebbero dal blocco della circolazione di quello iraniano, c’è chi viene esentato dalle sanzioni come la Turchia fedele alleato nella Nato, la Cina e l’India, il Sud Africa e la Corea del Sud, anche se non mancano progetti in corso per indurli a diminuire le proprie importazioni petrolifere.

Vedremo se queste nuove mosse volte anche a costringere Teheran a recedere dal suo pacifico programma nucleare calmeranno il “cane da guardia sionista”, che da mesi inneggia alla guerra preventiva, e se poi tutti alla fine si allineeranno alle direttive totalizzanti di Washington.

Ben sappiamo la fame di energia che caratterizza i colossi asiatici, e per Cina e India rinunciare alle importazioni iraniane non sarà facile, neppure conveniente, e tantomeno scontato; è in gioco la loro stessa credibilità come potenze nucleari regionali, tanto più che l’Iran ha già annunciato che a breve non venderà più petrolio in Europa, ma i clienti non mancano come abbiamo visto. “La Cina  ha nell’Iran il principale fornitore e nel dicembre 2006 i due Paesi hanno firmato un’intesa con la quale la compagnia petrolifera China National Off Shore Oil Corp avrebbe investito 16 miliardi di dollari per sfruttare con la National Iranian Oil Company un nuovo giacimento di gas naturale situato a 85  chilometri dal grande giacimento South Pars”.(1)


Proprio in queste ultime ore la Cina ha annunciato che non aderirà alle richieste del presidente Obama attraverso il suo ministro degli esteri, che ha ribadito con forza “il diritto cinese ad acquistare il petrolio da qualsiasi nazione”. La defezione cinese potrebbe essere presto seguita da altri membri del Brics (Russia-India-Sud Africa-Brasile) che sono sempre più insofferenti alla politica aggressiva e unipolare degli Stati Uniti. Ma già questa prima defezione nello schieramento che si vorrebbe contro l’Iran è un segnale importante sia sotto il profilo economico, sia sotto quello geopolitico. La posta è sempre il controllo dell’Eurasia o la sua indipendenza da attori esterni.

Per Teheran si potrebbero ora aprire scenari interessanti se altre crepe si allargheranno nel fronte voluto da Us- Israel.
La partita però va ben oltre a quella dettata dalla propaganda Occidentale, la fantomatica bomba atomica iraniana, perché la vera arma nucleare, che potrebbe destabilizzare la potenza economica statunitense, è il passaggio nella vendita del petrolio dal dollaro all’euro, così come prospettato da tempo dall’Iran e anche dall’Opec, che non ha mai nascosto la volontà di diversificare le proprie riserve valutarie, senza contare che anche la Russia, il Venezuela e la Cina vorrebbero sganciarsi dalla dittatura della banconota verde. Un progetto pare accarezzato dallo stesso Gheddafi che sognava una valuta africana, il dinaro oro, per regolare la vendita del greggio. Poi sappiamo come andò a finire.

Tutto dovrebbe ruotare  attorno all’isola di Kish, situata a diciotto chilometri dalla costa iraniana, a Ovest dello Stretto di Hormuz, dove transitano ogni giorno le petroliere dirette in ogni parte del mondo. Attualmente i prezzi del petrolio sono decisi a New York, alla Borsa Americana dell’Energia Nymex e all’ICE-Intercontinental Exchange a Londra e Atlanta.

Tutto questo spiega le tensioni crescenti nell’intera Regione, non solo attribuibili alla mai sopita voglia di guerra d’Israele, ma a fattori non trascurabili legati al controllo monetario degli idrocarburi, lo stesso motivo che portò alla fine gli Stati Uniti in guerra con l’Iraq che stava sostituendo la valuta americana con gli euro.


Si va intanto rafforzando intanto l’apparato militare della Nato e della V Flotta dell’Us Navy, nello stretto di Hormuz, con le portaerei USS Lincoln, USS Vinson e l’USS Enterprise, più la francese De Gaulle, con dragamine ed elicotteri attrezzati per lo sminamento, secondo le dichiarazioni dell'Ammiraglio Jonathan Greenert e come riferiscono fonti israeliane di Debka

L’Us Navy in particolare si sta addestrando a una “guerra asimmetrica”, per contrastare attacchi di natanti veloci iraniani nel Golfo Persico; le navi saranno dotate di mitragliatrici di grosso calibro e cannoncini da 25 mm. Il progetto addestrativo è denominato SCAT- Small Craft Action Team ed è curato dall’Us Naval Forces Central Command-Us Fifth Fleet e Combined Maritme Forces(2).
Una presenza quindi massiccia di aerei e navi da guerra che testimoniano come la temperatura si stia alzando in questo settore, dove l’Occidente teme che la Repubblica Islamica dell’Iran in caso di una aggressione militare contro il proprio territorio, possa ostruire lo stretto con mine e attaccare con barchini veloci le navi Alleate. Una misura che non suona più tanto propagandistica per chi ha orecchie per sentire, alla luce delle nuove sanzioni economiche volute da Obama.

Note:
(1) “La Terza Guerra Mondiale? La verità sulle banche, Monti e l’euro”, Fazi Editore
(2) “Geopolitical Center”

Tratto da: http://europeanphoenix.com/it/component/content/article/8-internazionale-/275-nuove-sanzioni-contro-liran-e-dispiegamento-di-forze-navali-per-difendere-il-dollaro

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