Lavoro, previdenza, contratti, Statuto dei lavoratori…sparano sulla croce rossa nel nome del mercato |
Sono persino riusciti a ricompattare il fronte sindacale, sempre più disorientato e sulla difensiva. I Signori del denaro che guidano l’Europa delle banche e dell’usura hanno sferrato un altro durissimo colpo all’Italia e al popolo italiano (lavoratori, pensionati, precari, disoccupati…).
Già da tempo nel novero dei Paesi PIGS, dei “maiali”, l’Italia è ora bersaglio privilegiato degli speculatori e dei seminatori di povertà e decrescita sociale. Le nuove misure adottate dal governo italiano, racchiuse nella famosa letterina inviata a Bruxelles, parlano di resa senza condizioni ai diktat dei soliti noti (Bce, Commissione Europea, Fmi). Senza un briciolo di pudore governo e pseudo opposizione fanno a gara per conquistare il primo posto tra i più zelanti camerieri al servizio dell’eurocrazia. E non riescono a vedere al li là del loro naso, ignorando del tutto gli esempi islandese e argentino.
Patetiche, stucchevoli e demagogiche le dichiarazioni di un Bersani, di un Di Pietro (guarda caso, ora anche lui parla di “macelleria sociale”, proponendo però le stesse ricette liberiste dei suoi sodali e avversari) e persino di un rottamatore come Renzi, fan di Marchionne e di Confindustria, dimostratosi più realista del re per il suo turbo liberismo degno di un Pietro Ichino, il giuslavorista parlamentare del PD gran predicatore dell’ordine dei precarizzatori.
Un’opposizione (?!) che ha bacchettato il cavaliere per lo scarso entusiasmo dimostrato nell’affondare il bisturi, secondo i desiderata di Bruxelles. Come se non bastassero le già pesantissime misure che si abbatteranno, in aggiunta ai precedenti “rimedi” lacrime, sudore e sangue, su lavoratori e pensionati.
Misure draconiane che hanno l’obiettivo di modificare il diritto del lavoro, rendendolo più funzionale alle necessità delle imprese, e che riporteranno il mondo del lavoro e le conquiste sociali indietro di almeno 40 anni: maggiore flessibilità, ulteriore accelerazione della precarizzazione del rapporto di lavoro, licenziamenti più agevoli in barba allo stesso Statuto del Lavoratori e all’articolo 18 che consentiva il licenziamento solo per giusta causa o giustificato motivo.
Una strada obbligata per gli ossequienti servitori della finanza internazionale, d’altro canto già tracciata nella manovra finanziaria di luglio scorso dal ministro del lavoro (si fa per dire) Sacconi, che, con l’articolo 8, ha servito alle aziende, su di un piatto d’argento, la possibilità di derogare dalla contrattazione nazionale.
Ora l’impegno italiano, messo nero su bianco, nei confronti dei tecnocrati di Bruxelles e Francoforte prevede l’introduzione della libertà di licenziamento nel caso di difficoltà economiche delle imprese (banche comprese), nel nome della concorrenza dei mercati. Ridicolo è il raffronto con quello cinese, dove i diritti dei lavoratori sono una vera e propria chimera e lo sfruttamento a livello schiavistico della mano d’opera fa sì che il c.d. costo del lavoro risulti ad esempio otto volte inferiore a quello italiano.
La competizione con le aziende straniere, secondo le logiche perverse dell’ideologia mondialista, deve dunque essere completamente libera da “lacci e lacciuoli”. Tradotto dal politichese e dalla lingua degli economisti(ci) ciò significa che il “mercato del lavoro” deve prevedere la pratica dell’assunzione e del licenziamento ad libitum. Punto e basta. Così mentre la crisi mondiale, provocata dalla finanza speculativa anglo-americana, la si vuol far pagare ai popoli europei, privilegiando la finanza stessa e l’impresa a scapito del lavoro, in Italia si sta concretizzando il disegno, varato già a partire dalla famigerata crociera sul Britannia del 1992, di vendere gli ultimi scampoli del demanio dello Stato e del patrimonio pubblico nazionale (Eni, Enel, Finmeccanica).
L’operazione sarà forse portata a termine dai tre moschettieri della Goldman & Sachs, Monti-Letta-Draghi? Ai posteri la sentenza.
di Giuseppe Biamonte
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