Il ministro russo degli Esteri Lavrov ribadisce la contrarietà a un embargo sulle armi e afferma che a seminare il terrore nel Paese sono le bande armate, mentre il suo omologo turco, Ahmet Davutoglu, vuole la creazione di una “zona cuscinetto”
Nonostante le pressioni internazionali, Mosca tiene il punto sulla Siria. Niente sanzioni e basta con le minacce. È questo il succo di quanto affermato ieri dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Una reazione alle sempre più pesanti accuse che la comunità internazionale, Francia e Turchia in testa a fare da portabandiera delle ingerenze statunitensi, rivolgono al governo siriano. Washington, infatti, lascia ai suoi alleati il compito di costruire il nuovo attacco militare, mentre i suoi diplomatici lavorano per ottenere la risoluzione Onu finora abortita a causa dell’opposizione russa e cinese. Gli ambasciatori americano e tedesco all’Onu hanno sollecitato ieri un nuovo dibattito in Consiglio di sicurezza su un progetto di risoluzione contro Damasco. L’ambasciatrice nordamericana Susan Rice ha dichiarato alla stampa che è tempo di “rivedere la questione” . Da parte sua, l’ambasciatore tedesco Peter Wittig ha definito “storiche” le sanzioni decise domenica scorsa dalla Lega araba contro Damasco, aggiungendo che “il Consiglio (di sicurezza) non può restare immobile al riguardo”. Le sanzioni della Lega araba contro la Siria “Sono un segnale inequivocabile che i vicini di Assad nella regione si sono stufati del suo comportamento”, ha aggiunto Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato americano, in una conferenza stampa.“Continuiamo a discutere con la Russia. Continuiamo a discutere con tutti, cercando di convincerli della necessità di nuove misure contro la Siria. Almeno al di fuori del Consiglio di Sicurezza siamo riusciti a ottenere pressioni aggiuntive”, ha dichiarato Toner riferendosi alle sanzioni imposte da Ue, Lega araba e Turchia. Proprio Ankara è a dir poco zelante nel suo riscoperto ruolo di testa di ponte atlantista nel Vicino Oriente. Ieri ha annunciato nuove sanzioni e ha minacciato la Siria di escluderla dai percorsi commerciali regionali “se le condizioni peggiorano” . Ma non è tutto. Il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, in un’intervista alla tv Kanal 24 si è spinto a parlare della creazione di una “zona cuscinetto”, ovviamente in territorio siriano, se centinaia di migliaia di persone dovessero provare a fuggire dal Paese. Inquieta non poco che Davutoglu abbia di fatto confermato, e nello stesso giorno, le parole del sito vicino all’intelligence israeliana Debkafile, che ieri ha riportato indiscrezioni confidenziali secondo le quali un gruppo di ufficiali della Nato e di Paesi del Golfo Persico ha istituito una task force segreta a Iskenderun, nella provincia turca di Hatay, per preparare la creazione di “corridoi umanitari” nella confinante Siria. Di “corridoi umanitari” aveva parlato poche ore prima il ministro degli Esteri francese Juppé, in prima linea nelle minacce alla Siria. Debkafile afferma che un intervento occidentale ed arabo nel Paese di Bashar al Assad “è in stato di avanzata pianificazione operativa”. Gli ufficiali impegnati nelle manovre provengono da Usa, Canada, Francia, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi e secondo le fonti militari citate da Debka, la strategia prevede la costituzione di una “zona cuscinetto” (come paventato proprio da Davutoglu) nel nord della Siria che comprenda le città di Idlib, Rastan e Homs ma anche Aleppo, cuore finanziario del Paese mai interessato da proteste. Il “cuscinetto” sarebbe in realtà un’ampia zona del Paese, guarda caso quella più florida che di fatto traina l’economia siriana, già messa in serie difficoltà dal fallimento della stagione turistica, un’area nella quale l’abbondanza d’acqua permette l’autosufficienza in campo agroalimentare. È una vera e propria straregia di guerra con la quale si vuole occupare la Siria e indebolirla fino a renderla incapace di difendersi. Un piano al quale Mosca sembra avere intenzione di opporsi. Lavrov, ieri, non ha usato mezzi termini: “Le proposte, fatte qualche volta, di imporre un bando sulla fornitura di ogni tipo di armi alla Siria sono disoneste”, ha dichiarato al termine di un colloquio con il collega islandese, Ossur Skarphedinsson affermando di non volere che si ripeta “l’esperienza libica”, cioè l’embargo imposto al governo legittimo di Gheddafi ma non ai ribelli, armati invece alla luce del sole da Francia e Qatar, gli stessi Paesi oggi impegnati nell’organizzare l’assalto alla Siria. “In questo momento, la cosa più importante è smettere di agire a colpi di ultimatum, per cercare di muoversi verso il dialogo politico”, ha affermato il capo della diplomazia di Mosca. Lavrov ha poi ricordato che la violenza in Siria è provocata più dall’opposizione armata che non dalle autorità: “Gli uomini armati trattano in modo molto feroce i civili. Questo non riguarda solo le autorità, e negli ultimi tempi sempre di più riguarda non tanto le azioni delle autorità quanto quelle dei gruppi armati che stanno provocando disordini”, ha dichiarato. E Mosca manda anche un altro segnale a Lega araba e soci: alcune navi da guerra russe saranno in acque siriane a metà dicembre, ha annunciato ieri una fonte dello Stato Maggiore dell’esercito russo, citata dall’agenzia Itar-Tass. Si tratta di un viaggio programmato nel 2010, ma che avrebbe dovuto far attraccare la portaerei Ammiraglio Kuznetov e la nave da guerra Ammiraglio Shabanenko nel porto di Tartus solo nella prossima primavera. La tappa siriana “è prevista da lungo tempo e non ha alcun legame con gli avvenimenti in Siria”, ha fatto sapere la fonte alla Itar-Tass. Ma è difficile non pensare che si tratti di un cambio di programma volto a inviare un chiaro messaggio alla nuova “coalizione” occidental-saudita.
di Alessia Lai |
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