Mosca e Pechino, memori della vicenda libica, bloccano sul nascere l’iniziativa di condanna di Francia e Gran Bretagna |
A forza di giocarci nella maniera sbagliata alla fine il ninnolo si è rotto. D’altronde l’uso eccessivo e parziale fatto del diritto di veto all’Onu da parte degli Stati Uniti negli ultimi anni è stato talmente palese che persino Russia e Cina si sono ricordate alla fine di poterlo usare ogni qual volta lo ritengano opportuno. E così è stato. Nella notte fra martedì e mercoledì la bozza di risoluzione sulla crisi siriana è approdata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nonostante la dichiarata opposizione all’approvazione del documento espressa più volte dai rappresentanti di Mosca, Pechino e Brasilia. Il testo, proprio per ovviare a queste opposizioni, era stato accuratamente modificato dai sostenitori della dichiarazione di condanna nei confronti di Damasco, vale a dire Francia, Gran Bretagna, Germania e Portogallo, che hanno apportato alcune variazioni prettamente semantiche volte ad alleggerirne in apparenza il contenuto accusatorio: la parola “sanzioni” era stata ad esempio sostituita dalla definizione “misure mirate”. Un raggiro che non ha però avuto l’effetto sperato tanto che Russia e Cina, in piena linea con i loro diritti e con le dichiarazioni rilasciate in precedenza, hanno posto il veto sulla bozza di risoluzione mettendo la parola fine almeno per ora a questa farsa, ma scatenando al tempo stesso un prevedibile vespaio di polemiche.
“Qui non si tratta di un intervento militare, non si tratta della Libia. Tirarli in ballo è soltanto un espediente a buon mercato, escogitato da chi preferisce vendere armi all’esercito siriano piuttosto che ergersi al fianco del popolo di quel Paese”, ha affermato l’ambasciatrice nordamericana al Palazzo di Vetro, Susan Rice, la quale ha poi aggiunto che “gli Stati Uniti si sentono oltraggiati per il fatto che il Consiglio di Sicurezza è stato assolutamente incapace di fronteggiare un’urgente sfida morale, e una crescente minaccia alla pace e alla sicurezza regionali”. Parole controverse se si pensa che sono state pronunciate dall’esponente di un Paese che pur di tutelare l’interesse di Israele, al quale continua fornire armenti per diversi miliardi di dollari ogni anno, non ha esitato a fare ricorso al veto compromettendo in maniera determinante e incontrovertibile le sorti della popolazione palestinese. È evidente che per Washington non tutte le popolazioni hanno gli stessi diritti e non tutte le rivoluzioni per la democrazia sono uguali.
“Il Consiglio di sicurezza non poteva restare in silenzio di fronte alla tragedia siriana. Doveva sollevarsi contro un dittatore che massacra il suo popolo e che cerca di soffocare la legittima aspirazione dei siriani alla democrazia. È un triste giorno per il popolo siriano ed è un triste giorno per il Consiglio di sicurezza”, recita una nota emessa dal ministro degli Esteri di Parigi, Alain Juppé. Da quanto affermato non si direbbe essere lo stesso uomo che ha sfruttato un’altra risoluzione, questa sì approvata dal massimo organo dell’Onu, per garantire un alibi ai bombardamenti dell’aviazione francese sulla Libia. Bombardamenti volti alla conquista delle risorse energetiche del Paese nordafricano. E non poteva certo mancare l’occasione di far sentire la propria voce in un’occasione così importante il nostrano Franco Frattini, fra i più indignati per quanto accaduto e che si è dimostrato ancora una volta più realista del re.
“È un giorno molto triste per i coraggiosi siriani che stanno lottando per le libertà – ha detto il titolare della Farnesina - loro certo si aspettavano un’azione della comunità internazionale più energica, anche perché nel testo non si parlava di una condanna, ma di doverose misure appropriate”. Certo non ci saranno state scritte le parole “sanzioni” e “condanna”, ma d’altronde a cosa servirebbero sennò i sinonimi e le locuzioni. Infine, dopo questa sequela di accuse e vesti stracciate, che somigliano più che altro a uniformi militari macchiate di sangue, è arrivata la risposta del Cremlino. Una replica che da sola spiega in maniera sensata e del tutto condivisibile il perché del ricorso al veto. “Non siamo gli avvocati del regime di Bashar al Assad – ha spiegato il ministro degli Esteri russo Lavrov - pensiamo che le violenze siano inaccettabili e condanniamo la repressione delle manifestazioni pacifiche. Allo stesso tempo, non possiamo certo chiudere gli occhi di fronte al fatto che l’opposizione radicale sfrutta sempre di più il malcontento di una parte della popolazione siriana e non nasconde più le proprie intenzioni estremiste passando alla tattica del terrorismo palese”. Parole che non hanno bisogno di alcun commento, ma che fanno sorgere una domanda: chissà perché l’unico allarme terrorismo ignorato dagli Usa negli ultimi dieci anni è quello lanciato dal governo siriano qualche mese fa. Dopo essere state usate per decenni come una filiale newyorkese della Casa Bianca, le Nazioni Unite si dimostrano per la prima volta organo di democrazia. Un’organizzazione dove anche qualcun altro oltre agli Usa può esprimere il proprio parere e questo a Washington e ai suoi alleati non piace.
di Matteo Bernabei
Tratto da: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=10743
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