L’ OPPOSIZIONE DELL’ "ONDA VERDE” IRANIANA E I SUOI LEGAMI CON LA GEOPOLITICA GLOBALE
La necessità della Russia e della Cina del partner strategico iraniano è una componente di qualsiasi strategia difensiva o alternativa praticabile contro l’interferenza americana e dell’Unione Europea nelle loro sfere di interesse geopolitico.
Nel 2009, la necessità dei Russi e dei Cinesi di avere un governo al potere a Tehran che fosse loro alleato è diventata evidente durante il periodo di irrequietezza dopo le elezioni del 2009 in Iran. Mosca, Beijing e molte altre capitali nel mondo hanno tenuto lo sguardo puntato sull’Iran quando le sommosse e le proteste si sono riversate nelle strade iraniane. L’ “Onda Verde” o Rivoluzione Verde è connessa alle sommosse da parte di un segmento dell’opposizione dopo le elezioni presidenziali in Iran del 2009. Il movimento ha preso nome dal colore della bandiera iraniana che ha scelto il candidato alla presidenza Mir-Hussein Mousavi. Questo evento sarebbe potuto diventare un colpo di stato geopolitico contro l’entità politica dell’Eurasia. Sarebbe potuto ben diventare un’autentica minaccia geopolitica per gli interessi della Russia e della Cina. Al contrario, l’Onda Verde è stata accolta favorevolmente dall’America, dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Germania, da Israele e dai loro alleati.
Per capire la necessità cino-russa dell’Iran, devono essere discusse le dimensioni geopolitiche dell’Onda Verde, come pure il modo in cui questi fattori sono collegati all’Iran come perno geostrategico e le sue opzioni di politica come attore politico sulla scena internazionale. Una dimensione correlata è lo sviluppo coesivo di un ordine unificato in Eurasia, che gli USA e i suoi alleati stanno cercando di bloccare. L’Iran ha un ruolo cruciale nel processo di coesione eurasiatica che coinvolge una triplice alleanza di base che consiste nella Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese e l’Iran.
L’Onda Verde e le sommosse politiche che sono esplose in Iran sono emerse da un gran numero di ragioni intercorrelate. C’erano diverse motivazioni tra i suoi membri ed organizzatori. Ci sono diverse spiegazioni e prospettive sulle cause e sulle motivazioni dell’Onda Verde. Tutti questi fattori sono parte di una più ampia concezione della relazione tra la politica interna iraniana e la geopolitica globale.
Tuttavia, tra le descrizioni dell’Onda Verde come lotta democratica, ovvero una lotta per maggiori libertà civili, c’è il fatto che riflette un elemento di lotta interna tra le elite iraniane. Questo punto è cruciale. A tutti gli effetti, questa caratteristica chiave dell’Onda Verde va tenuta a mente quando se ne discute a livello geopolitico.
La geo-strategia utilitaristica e i preparativi per la guerra in Eurasia
È facile tralasciare l’impatto dei fattori geografici dello sviluppo storico, sociale ed economico. La maggior parte degli studiosi e degli analisti cercano di evitare la fallacia semplicistica del determinismo geografico. Eppure, il ruolo della geografia non deve essere trascurato nel corso dello sviluppo dell’uomo. Per esempio, la produzione di energia è legata alla realtà fisica di una terra, e in passato un popolo che viveva lungo una costa sarebbe stato orientato verso il mare e la pesca nella maggior parte, se non in tutti, gli aspetti della vita collettiva: da quelli economici a quelli socio-culturali. Con la stessa logica le azioni dell’uomo non devono essere attribuite alla sola geografia. L’opera dell’uomo ha sempre svolto un ruolo nel percorso dello sviluppo degli esseri umani e delle loro società.
In merito alle questioni vicine, queste sono ineluttabilmente legate ad una realtà geografica che è troppo forte per essere ignorata. La spinta a controllare l’Eurasia da parte della Periferia è parte di questo. Questa spinta, che si è infiltrata all’interno verso il cuore dell’Eurasia, si è espressa in molti modi differenti durante tutta la storia moderna. La Periferia è un termine concettuale applicato agli USA, alla Gran Bretagna, all’UE, al Giappone, all’Australia, e ai loro alleati, che sono essenzialmente stati al di fuori dell’Eurasia o ai suoi limiti.
Deve essere applicato anche un nuovo termine a questo punto: la geo-strategia utilitaristica. La geo-strategia utilitaristica, un termine ivi coniato, è l’applicazione o proiezione dell’utilitarismo o dei valori utilitaristici alla geopolitica. Il termine è nuovo, ma la modalità di pensiero non lo è. Il termine cattura sia lo spirito che la base della geostrategia moderna e conferisce ad essa una forma tangibile. Oggi è la geo-strategia utilitaristica, con la sua base materialistica, che costituisce il dogma dietro la marcia verso la guerra in Medio Oriente e nel resto dell’Eurasia. Anche Halford J. Mackinder ha capito questa realtà nei termini di quella che ha chiamato geografia strategica. Mackinder ha affermato che ciascuno stato organizzato, che ha chiamato nazione civilizzata, era collegato alla terra fisica che occupava in due modi: “Qualunque siano gli scambi effettuati mediante il commercio, [un paese] è (1) infine dipendente dai [prodotti] passati e presenti del suo territorio, e (2) [un paese] deve essere preparato a difendere quel territorio dall’intrusione dei vicini bramosi”. [1] È precisamente a questi fenomeni a cui i paesi dell’Eurasia si stanno preparando; si stanno preparando a difendere i loro territori dall’intrusione in tutte le sue forme, dall’occupazione militare alla colonizzazione economica. La base della questione è chiaramente economica ed imperniata su valori utilitaristici. Anche Mackinder ha riconosciuto questa natura economica. Ha scritto quanto segue sull’argomento: “I due gruppi di idee coinvolti possono essere grosso modo catalogati in termini di economia e strategia. Possiamo descrivere la geografia economica come interessata all’aumento e alla distribuzione dei beni, e la geografia strategica come ciò che gestisce le condizioni topografiche più grandi dell’attacco e della difesa. Ma i problemi da risolvere sono strettamente legati, perché la difesa è essenzialmente la protezione dei mezzi di sussistenza economica …” [2] L’entità spaziale più grande del pianeta Terra è l’Eurasia ed ha la costa più lunga, la popolazione più grande, un’enorme ricchezza di risorse naturali (dall’energia ai minerali), la forza lavoro più grande, e la parte più grande dell’attività economica globale.
Se le nazioni dell’Eurasia dovessero unirsi come unico attore non avrebbero rivali sotto tutti i punti di vista. La prevenzione della coesione dell’Eurasia è stata uno degli obiettivi primari degli USA e dei loro alleati. Questa politica prevenzionistica praticata dagli USA ha preso soprattutto come bersaglio quattro stati eurasiatici: la Russia, la Cina, l’India, e l’Iran, come pure l’intero spazio post-sovietico. Abbiamo a che fare da un lato con l’insieme delle manovre geopolitiche e geostrategiche da parte degli USA e dei suoi alleati in Eurasia, e dall’altro con le contro-manovre della Russia, della Cina, e dell’Iran. È anche a questo punto che entra in discussione un’alleanza eurasiatica. L’India è riuscita a guardarsi dalla linea di fuoco geopolitica ed ha mantenuto una distanza protetta da un’alleanza o da un’intesa eurasiatica. La Russia, l’Iran e la Cina – gli altri tre stati eurasiatici menzionati – in tutti gli aspetti pratici hanno formato una reale alleanza attraverso vari accordi, intese, legami, ed organizzazioni formali e informali.
Cosa contraddistingue l’Iran dalla Russia e dalla Cina ?
Seppure molto influente, l’Iran non è una potenza né una nazione grande quanto la Cina, la Russia e l’India. L’Iran non è neanche altrettanto forte quanto questi altri stati eurasiatici, ma il ruolo dell’Iran in questa equazione dell’Eurasia è molto significativo.
Peraltro, l’Iran è caratterizzato dalla “flessibilità geo-politica” in contrasto con gli altri grandi stati eurasiatici. Quasi tutti gli stati sono in qualche misura dei perni geo-strategici, ma il grado in cui sono perni geo-strategici varia. L’Iran è un pesante perno geo-strategico, il che significa semplicemente che tutti gli attori geo-politici devono aggiustare le loro politiche, il loro comportamento e le loro strategie in base al comportamento dell’Iran. In altre parole, il comportamento di Tehran detta le regole del gioco globalmente.
L’Iran si distingue inoltre per un altro importante attributo. Contrariamente a Beijing e Mosca, Tehran essenzialmente può arrivare ad un accordo di lungo termine con gli USA e i loro alleati. Qualunque accordo siglato tra gli USA e i loro alleati con la Russia e la Cina può essere solo un accordo di breve durata. Nel lungo termine la Cina e la Russia sono i bersagli finali dell’invasione americana in Eurasia. È in gioco la sopravvivenza della Russia e della Cina come stati nazione indipendenti. Sia Mosca che Beijing sono importanti rivali economici e minacce per l’egemonia degli Stati Uniti. A causa della geografia, le vaste influenze, le risorse, i mercati e i territori della Russia e della Cina sono il premio finale per gli USA e i loro alleati. Anche l’India, nel lungo termine, è in pericolo. Per l’America, l’eliminazione di tutti i potenziali rivali fa parte di questa politica. In linea con la geo-strategia utilitaristica usata dagli Stati Uniti e dai loro alleati, Washington può permettersi di accettare un compromesso o di raggiungere un accordo con l’Iran e di cooptare Tehran, contrariamente a Beijing e Mosca. Questa asserzione, tuttavia, va ulteriormente qualificata; gli USA possono permettersi di fare un compromesso o un accordo con Tehran, cioè se gli Iraniani non fossero una reale minaccia per il controllo e gli interessi dell’America, che anche Israele rappresenta, in Medio Oriente. Alla fine degli anni ’90, Zbigniew Brzezinski avvisava che “[1] non è interesse dell’America perpetuare l’ostilità americano-iraniana”. [3] Brzezinski ha avvertito che l’Iran non doveva essere antagonizzato dall’America fino ad una posizione in cui Tehran si sarebbe alleato con la Russia e la Cina.
Questa apertura dell’America ad un accordo con l’Iran è principalmente dovuta alla scala o dimensione geografica dell’Iran, che è molto più piccolo sia della Russia che della Cina. L’Iran può farcela ad esistere con una porzione molto più piccola delle risorse e dell’influenza globali per il motivo della sua minore estensione e popolazione, ma sia la Russia che, più specificamente la Cina non possono farlo nel lungo termine. Brzezinski scrive a questo proposito:
“Un’eventuale riconciliazione [tra l’America e l’Iran] dovrebbe essere basata sul riconoscimento del reciproco interesse strategico di stabilizzare quello che attualmente è un ambiente regionale molto volatile per l’Iran”. [4]
Con questa affermazione Brzezinski intende dire che la cooperazione e il controllo congiunto di Iran e America dovrebbe essere perseguito nelle immediate vicinanze dell’Iran, che sono il Medio Oriente, l’Asia Centrale, e possibilmente il Caucaso. Ha ulteriormente qualificato la sua affermazione: “Certamente, qualsiasi riconciliazione [tra l’America e l’Iran] deve essere perseguita da entrambe le parti e non è un [favore] concesso dall’una all’altro”. [5] Brzezinski vuol dire che con l’Iran si deve negoziare e contrattare e che deve essere raggiunta un’intesa tra le elite sia dell’Iran che dell’America.
Questa posizione geo-strategica colloca l’Iran in una posizione unica, che gli consente di staccarsi dalla Russia e dalla Cina e di fare un accordo come la Libia con gli USA e i loro alleati. Un accordo come quello della Libia è come segue; la Libia si trovava nei reticoli della preparazione alla guerra anglo-americana prima del 2003, ma Tripoli ha ceduto agli USA e all’UE dopo aver visto la caduta di Baghdad. Tripoli era anche a conoscenza dei programmi dei leader americani e britannici; ha iniziato i negoziati segreti con la Casa Bianca nel 2001. Da quel momento in poi la Libia ha firmato maggiori accordi energetici con gli USA e i loro alleati e il suo premier, il Colonnello Gheddafi, è stato dunque riaccolto nella comunità internazionale. Questa è stata una parte del corso della politica che in passato Brzezinski aveva consigliato all’amministrazione USA nelle relazioni con la Libia, l’Irak e l’Iran.
Tehran può essere usata per destabilizzare e balcanizzare la Russia e la Cina
L’Iran potrebbe inoltre destabilizzare seriamente la Russia e la Cina attraverso il sostegno ai loro movimenti separatisti, che hanno legami etno-culturali con l’Iran. Brzezinski afferma: “Un Iran forte, persino motivato religiosamente, ma non fanaticamente anti-occidentale è nell’interesse degli USA, e persino l’elite politica iraniana potrebbe infine riconoscere questa realtà”. [6] Con ciò potrebbe voler dire che se si realizzasse una cooperazione tra l’Iran e l’America, entrambe le nazioni potrebbero lavorare insieme per incominciare a spartirsi tra loro le repubbliche dell’ex Unione Sovietica e che i legami dell’Iran con l’Islam potrebbero essere usati per controllare l’Asia Centrale e il Caucaso e per contrastare l’influenza della Russia e della Cina in entrambe le regioni. In altre parole, l’Iran potrebbe essere usato come un braccio dell’America per contrastare efficacemente gli interessi russi e cinesi in queste regioni.
In merito all’interpretazione dell’Onda Verde, ciò che Brzezinski dice sulle elite politiche iraniane sul loro riconoscimento della “realtà” è di chiave [importanza]. Si riferisce a due cose. In primis, alla flessibilità geo-politica dell’Iran, che abbiamo spiegato finora, e in secondo luogo, alla fazione pragmatista in Iran, di cui tratteremo, che vuole la cooperazione con l’America in un ordine globale che comprende l’Iran.
In merito alla cooptazione dell’Iran, Brzezinski scrive inoltre: “Gli interessi americani a lungo raggio sarebbero meglio serviti abbandonando le attuali obiezioni americane ad una più stretta cooperazione economica turco-iraniana, specialmente nella costruzione di nuovi gasdotti, ed anche nella costruzione di altri collegamenti tra l’Iran, [la Repubblica di] Azerbaijan, e il Turkmenistan”. [7]
Tale asserzione implicava il sostegno dell’Iran contro il controllo della Russia delle rotte energetiche dell’Eurasia e il sostegno americano per i condotti energetici Nabucco e del tipo Nabucco. In aggiunta, potrebbe ben essere che l’integrazione, sia delle economie che dei mercati iraniani e siriani con l’economia e il mercato turchi incorporerebbe sia l’Iran che la Siria nell’economia globale, rendendoli più suscettibili al controllo americano e dell’Unione Europea. In altre parole, il risultato finale potrebbe essere che sia l’Iran che la Siria potrebbero trovarsi inavvertitamente come parte del sistema globale dell’America e dell’Unione Europea. Pertanto, la natura generale di questa situazione, con alla sua base la geo-strategia utilitaristica, porta ad un paradosso. Nel più lungo termine gli USA e i loro alleati possono negoziare con gli Iraniani, ma per poter evitare la coesione in Eurasia e prevenire che la Russia e la Cina si preparino appropriatamente o sfidino l’egemonia americana nel più breve termine, non possono negoziare con Tehran. Ecco perché la questione nucleare iraniana, che è basata su quanto gli USA, l’UE e Israele hanno dipinto come una finestra temporale finita, è la base principale delle negoziazioni con l’Iran. Naturalmente, se ci deve essere un risultato nel più breve termine per gli USA, allora non ci può realmente più essere una soluzione o un’intesa per il più lungo termine tra gli USA e l’Iran.
Usare la Turchia per allontanare l’Iran dall’Eurasia ?
I legami tra Ankara e Tehran si sono rafforzati. Entrambi gli stati stanno parlando di un mercato comune e di libero scambio regionale in Medio Oriente. È già stata firmata una serie di accordi di libero scambio che coinvolgono il Libano, la Siria, la Turchia, la Giordania, l’Irak e l’Iran. Il governo turco ha inoltre spinto la Libia a firmare un accordo di libero scambio con Ankara. Le relazioni amichevoli che Ankara ha coltivato con l’Iran e la Siria possono essere usate per
(1) spiegare ciò che sembra essere un cambiamento della politica estera turca e (2) la freddezza pubblica dei legami tra Israele e la Turchia. Questo, tuttavia, potrebbe fare parte di (3) una strategia degli USA per attirare l’Iran e la Siria nella loro orbita e per allontanarli dagli alleati russi e cinesi dell’Iran. Lo sviluppo del cosiddetto asse Iraniano-Siriano-Turco deve avvenire con cautela, perché le cose potrebbero finire con l’essere alquanto diverse dalla formazione di un’alleanza genuina e di un blocco regionale.
I Neoconservatori al comando della politica estera americana: il grande errore e l’Iran.
Perché l’Iran si è rifiutato di ritrattare? Ci potrebbero essere svariate ragioni, tra cui il calcolo dell’Iran che gli USA e i loro alleati soccomberanno di fronte alla crescente forza della Russia, della Cina e dell’Iran se Tehran rimane nell’intesa dell’Eurasia con Mosca e Beijing. Un’altra ragione potrebbe essere a causa dell’ errore dei neo-conservatori che guidano la politica estera americana. Gli Iraniani non si fideranno degli USA e dei loro alleati a causa dell’errore strategico di George W. Bush Jr. e della sua amministrazione, che ha dato il controllo della politica estera prevalentemente ai neoconservatori, o neocon. [8] Mentre Zbigniew Brzezinski è stato categorizzato come un realista della politica estera americana, lo stesso non può essere detto dei neoconservatori. I realisti e i neoconservatori condividono gli stessi obiettivi economici, ma il modo in cui li perseguono è differente.
I neoconservatori usano l’ideologia come un mezzo per descrivere la realtà. Inoltre, i realisti credono che le guerre non dovrebbero essere combattute per portare avanti gli interessi americani se non necessario, mentre i neoconservatori credono che la forza militare debba essere usata attivamente per plasmare l’ambiente globale. I realisti sono anche pragmatici o opportunisti nelle relazioni internazionali, mentre i neoconservatori sono irremovibili per quanto riguarda la politica, con un quadro bianco o nero delle relazioni internazionali.
Mentre George W. Bush Jr. era nell’Ufficio ovale, i neoconservatori avevano grande influenza sul Pentagono e sulla politica estera. È stato sotto i neoconservatori che l’amministrazione di George Bush Jr. ha voltato le spalle a Tehran, dopo che il governo iraniano aveva aiutato l’America e la Gran Bretagna nell’Afghanistan controllato dai Talebani e aveva cercato di concludere un importante accordo attraverso il governo svizzero. [9] Forse inebriata di vittoria e di alterigia per quella che è sembrata una vittoria facile contro l’Afghanistan e l’Irak con la resa della Libia, la Casa Bianca di Bush Jr. ha pensato di poter andare avanti e sottomettere l’Iran. È stato a questo punto che dei membri senior dell’amministrazione di Bush Jr. dicevano entusiasticamente: “Chiunque può andare a Baghdad! Gli uomini veri vanno a Tehran!”
L’Iran era già l’ultima nazione nell’elenco dei paesi da sottomettere che comprendeva inoltre l’Irak, la Libia, il Sudan, la Somalia, il Libano e la Siria. In un modo o nell’altro, gli USA avevano direttamente o indirettamente attaccato o sottomesso ciascuno di questi paesi dal 2001. Inoltre, è stato anche durante questo lasso di tempo che gli USA hanno cercato di accusare la Siria, alla stessa maniera dell’Irak, di possedere armi di distruzione di massa (WMD) ed avevano persino parlato apertamente di invadere la Siria. Anche Israele ha cercato di istigare un conflitto con la Siria, che Damasco ha detto che fosse parte di un complotto per creare un pretesto per l’invasione della Siria da parte dell’America e della Gran Bretagna.
Indipendentemente dalle ragioni [alla base] della decisione dell’amministrazione di Bush Jr. di non trattare con l’Iran, è stato un enorme errore geo-strategico per gli Stati Uniti. Il non aver trattato con l’Iran è stato un errore madornale che potrebbe ben essere costato alle elite americane il loro obiettivo di supremazia sull’Eurasia. Questo errore degli USA ha spinto Tehran ancor più verso la Russia e la Cina.
L’ Iran pragmatico: il jolly del mazzo di carte eurasiatico?
L’Iran è una potenza regionale che può sfidare gli USA, la Russia e la Cina per l’egemonia nell’Asia Centrale, nel Caucaso e in Medio Oriente.
Nel 1993, Brzezinski ha detto che “l’Iran è chiaramente un aspirante all’egemonia regionale ed è preparato a superare gli Stati Uniti”. [10] Aggiunge che: “[l’Iran] ha una tradizione imperiale e possiede sia la motivazione religiosa che nazionalistica per contestare sia la presenza americana che quella russa nell’area. Così facendo, può contare sulla simpatia religiosa dei suoi [vicini]. Con sia la regione che il nazionalismo che cospirano contro un’egemonia regionale esterna, l’attuale supremazia americana in Medio Oriente è costruita, proprio letteralmente, sulla sabbia”. [11]
Anche se la Cina e la Russia hanno consentito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che fossero imposte delle sanzioni all’Iran, entrambe l’hanno fatto per mantenere l’Iran dalla loro parte. Mosca e Beijing hanno approvato le sanzioni dell’ONU per tenere l’Iran, un alleato indipendente e un potenziale rivale, al suo posto. Il loro sostegno delle sanzioni dell’ONU è limitato e continuerà solo fintantoché servirà ai loro interessi strategici. Per questo entrambe [Russia e Cina] sono contrarie a sanzioni unilaterali contro l’Iran e si oppongono alle sanzioni degli USA e dell’UE.
La Cina e la Russia sono pienamente consapevoli che gli USA preferirebbero cooptare l’Iran nel loro ambizioso schema dell’Eurasia come un satellite o un partner piuttosto che rischiare un conflitto aperto. Lo scopo degli obiettivi cino-russi è di evitare un riavvicinamento tra Washington e Tehran. Le necessità iraniane sono, da questo lato, molto più facili da soddisfare per gli USA che non quelle della Cina e della Russia.
Mantenere una distanza sicura tra gli USA e l’Iran è una delle ragioni per cui Beijing e Mosca hanno sostenuto le sanzioni limitate dell’ONU. Mentre l’Iran è costretto a ritirarsi dal cosiddetto mondo occidentale, si integra di più con la Russia e la Cina. Le sanzioni economiche dell’ONU obbligano inoltre l’Iran a spostare i suoi legami economici dall’UE alla Russia, alla Cina, alle ex repubbliche sovietiche, al blocco bolivariano e ai paesi asiatici. Questo cambiamento ha portato alla sostituzione dei membri dell’UE come l’Italia e la Germania con i paesi come la Cina, come principali partner commerciali dell’Iran.
Secondo la Commissione Europea, nel 2004 l’UE rappresentava il 35,1 per cento della quota di mercato totale del commercio con l’Iran. [12] Secondo le stesse cifre, nel 2004 l’Iran era classificato ventiquattresimo nel volume del commercio totale dell’Unione Europea e l’Iran era uno dei primi sei fornitori di energia dell’Unione Europea. [13] Con l’inizio del declino del commercio con l’Iran, il commercio asiatico è al contrario aumentato. La Russia e la Cina si fanno avanti per colmare i vuoti nel mercato, costringendo quindi l’Iran sempre più all’interno del loro gruppo eurasiatico. In parole semplici, Mosca e Beijing stanno eliminando la flessibilità dell’Iran di lasciare l’orbita della loro intesa eurasiatica.
Per quanto concerne la neutralizzazione della rivalità iraniana, un insieme delle sanzioni dell’ONU contro l’Iran sono dirette anche contro l’industria della difesa iraniana e le esportazioni militari iraniane. Questo è un mezzo per eliminare la competizione dell’Iran, che ha una crescente industria della difesa che produce un’ampia gamma di armi, dai carri armati agli aerei militari e i razzi. L’Iran esportava inoltre armi negli stati della NATO come suoi clienti prima delle sanzioni dell’ONU.
Il riorientamento del commercio e delle relazioni internazionali di Tehran va a vantaggio della Russia e della Cina. Mentre le banche tedesche come la Commerzbak AG, la Dresdner Bank AG e la Deutsche Bank AG rompono i loro legami con l’Iran, il vuoto finanziario viene colmato dagli investitori e dalle banche asiatiche. Inoltre, il settore bancario iraniano si è coinvolto pesantemente con i settori bancari del Venezuela, della Siria, della Bielorussia e di svariate ex repubbliche sovietiche.
Il passaggio dell’Iran dall’UE agli stati non appartenenti all’UE e agli stati asiatici è stato inoltre uno degli obiettivi della politica estera dell’amministrazione di Mahmoud Ahmadinejad. Questa nuova politica estera è stata chiamata in Iran come “guardare all’Est”. Come un miscuglio delle sanzioni e delle politiche di Ahmadinejad, questo mutamento si riflette nella gravitazione e nell’attrazione dell’Iran verso la SCO, la Comunità degli Stati Indipendenti (C.S.I.), l’Associazione Sud-Asiatica per la Cooperazione Regionale (SAARC), e la Comunità Economica Eurasiatica (EurAsEC).
Le differenze tra le relazioni bilaterali tra l’Iran e la Russia e tra la Cina e l’Iran
Beijing è l’attore più importante della triplice intesa dell’Eurasia. Gli interessi iraniani e cinesi sono meno in conflitto tra loro che quelli di Mosca e Tehran. In linea di massima, sia Tehran che Mosca danno maggiore priorità e valore ai loro legami con la Cina che a quelli reciproci tra di loro.
Sia la Russia che l’Iran sono esportatori di energia, mentre la Cina è un paese importatore di risorse energetiche. I Russi e gli Iraniani sono inoltre interessati al controllo di molti degli stessi mercati. Entrambi hanno forti interessi nel sud del Caucaso e nel controllo dei corridoi energetici attorno al bacino dal Mar Caspio. Per queste ragioni il Cremlino vuole che l’Iran sia abbastanza forte da poter sfidare e resistere all’America e ai suoi alleati, ma non abbastanza forte da sfidare Mosca sull’influenza nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica. Questo può essere usato per spiegare perché Mosca ha fatto pressione su Tehran affinché arricchisse uranio attraverso la Russia o sul territorio russo le tensioni tra Tehran e Mosca sotto il presidente Dmitry Medvedev[1]. La Repubblica Popolare Cinese ha un interesse acquisito per un Iran forte, ma un Iran forte che sia ostile all’America. Le relazioni bilaterali tra Cina e Iran sono reciprocamente vantaggiose. Gli strateghi cinesi vedono l’Iran come uno dei quattro centri riemergenti del potere globale; gli altri tre sono la Russia, la Cina, e l’India. Il Brasile è un centro emergente (e non riemergente) del potere. Il 9 aprile 2008, durante una visita a Tehran il vice ministro cinese per gli affari esteri Zhai Jun, ha affermato che la crescita di potere dell’Iran in Medio Oriente e globalmente è nell’interesse di Beijing, mentre si incontrava con dei funzionari iraniani. [14]
La fortezza dell’Eurasia è vulnerabile senza l’Iran: Mosca e Beijing hanno bisogno di Tehran
Beijing e Mosca sono entrambe consapevoli delle ramificazioni di una massiccia guerra guidata dall’America e dai suoi alleati contro l’Iran in Medio Oriente. I Russi sanno che se l’Iran cadesse, gli USA e la NATO prenderebbero di mira la Russia come bersaglio successivo.
L’Iran è stato meglio descritto dal geografo e studioso tedesco Georg Stadtmüller, con riferimento all’Albania, come un “Durchgangsland” (uno stato di ingresso). [15] L’Iran è il Durchgangsland verso l’ex Unione Sovietica e il ventre molle della Russia.
Se l’Iran dovesse cambiare la sua orbita, Mosca sarebbe in pericolo. La Russia perderebbe un importante alleato e gli USA aprirebbero un importante varco verso il Mar Caspio, il Caucaso, e l’Asia Centrale. La porta del “near abroad” della Russia sarebbe spalancata attraverso l’Iran. L’Iran è anche la rotta più economica e ideale per esportare il petrolio e il gas di queste regioni.
Anche il complesso militare-industriale russo sarebbe indebolito dalla chiusura di un mercato redditizio se l’Iran dovesse entrare nell’orbita anglo-americana e franco-germanica. Andrebbero in pezzi anche i programmi russi, in sinergia con l’Iran, di creare un potente cartello del gas simile all’OPEC che coinvolgerebbe anche il Turkmenistan, il Venezuela, la Bolivia, e l’Algeria. D’altro canto la Cina sa che la sua sicurezza energetica sarebbe messa ulteriormente a rischio e che l’economia cinese verrebbe tenuta in ostaggio dagli editti stranieri a causa dei fabbisogni energetici cinesi.
A causa di tutti questi fattori si è cautamente instaurata un’intesa tattica e strategica in Eurasia tra Mosca, Beijing e Tehran. Ciò che è inizialmente nato per necessità, è diventata una triplice intesa eurasiatica. Un maggiore attacco sull’Iran sarebbe pertanto un attacco contro la Russia e la Cina.
L’Onda Verde e i suoi legami con la geo-politica globale
Quindi tutti questi fattori in gioco con riferimento all’equazione iraniana, quale effetto hanno sull’Onda Verde? Il nazionalismo, la speculazione geo-politica, il capitale e le richieste delle libertà civili si sono scontrati contro l’Iran; gli scontri che sono emersi dalle elezioni presidenziali del 2009 in Iran, che sono state tenute il 12 luglio, sono un risultato di queste dinamiche.
La geo-politica del confronto tra l’Eurasia e la Periferia è diventata evidente nelle strade di Tehran e di altre maggiori città iraniane, come Tabriz e Shiraz, attraverso gli slogan dell’Onda Verde. Non solo si opponevano alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad e accusavano la sua fazione di brogli elettorali nelle elezioni presidenziali, ma hanno anche lanciato accuse contro la Russia e la Cina.
I loro slogan comprendevano: “Abbasso la Russia e la Cina!” e “No al Libano e no a Gaza!”. Gli slogan dell’opposizione iraniana nelle strade suggeriscono una correlazione tra i teatri regionali in Medio Oriente (Libano e i Territori Palestinesi) e i più ampi teatri in Eurasia che coinvolgono la Russia, la Cina, gli USA e la NATO.
Con Mahmoud Ahmadinejad si sono congratulati anche il presidente russo Dmitry Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao nella città russa di Yekaterinburg durante un vertice della SCO del 16 luglio 2009. Il presidente Ahmadinejad è arrivato in Russia dopo le elezioni iraniane. Beijing, Mosca e la SCO collettivamente, hanno offerto il loro sostegno politico ad Ahmadinejad. La calda accoglienza di Ahmadinejad, persino come un osservatore al Summit di Yekaterinburg dimostra l’attaccamento russo e cinese per i sostenitori della dottrina di Primakov in Iran e per un governo iraniano opposto alla politica americana.
Le divisioni interne tra le elites iraniane
Se in Iran esistevano le condizioni per il dissenso politico, sono stati dei potenti attori all’interno dell’Iran che hanno contribuito a scatenarle dopo la rielezione di Ahmadinejad. In parte, gli eventi dietro le sommosse in Iran sono state fomentate dalle divisioni interne all’interno della classe dirigente in Iran. Mehdi Karroubi, uno dei candidati alla presidenza, ha anche alluso, durante i dibattiti presidenziali che ci sarebbe stata una lotta post-elettorale.
Queste divisioni sono collegate alla “flessibilità” dell’Iran nella partita a scacchi geopolitica per l’Eurasia. Il fatto che l’Iran può negoziare con gli USA nel breve termine ha un peso sulle sue divisioni interne. La natura pragmatica di certi cerchi elitari in Iran è anch’essa parte di queste divisioni interne.
Dietro le scene, le questioni in gioco a Tehran sono state il controllo dei prezzi da parte dello stato, i regolamenti sulla produzione, l’eliminazione dei regolamenti sulla finanza e sul settore bancario iraniani, e la privatizzazione. Grandi porzioni dell’infrastruttura statale e dei beni statali sono state vendute e privatizzate. I cittadini iraniani per anni hanno goduto dei sussidi dello stato, che hanno contribuito a mantenere i prezzi dei generi alimentari, del carburante, dell’elettricità, e di altri beni essenziali a livelli significativamente inferiori rispetto ai prezzi internazionali. Il governo iraniano, tuttavia, ha lentamente eliminato i sussidi statali.
In politica ci sono strani connubi. Nell’ambito degli eventi che hanno portato all’Onda Verde c’è stato uno scontro all’interno delle elite iraniane tra una fazione che voleva mantenere le politiche in essere, ed un’altra fazione che è stata formata da un’alleanza tra gli interessi commerciali iraniani e le organizzazioni per le libertà civili. Nella seconda fazione del capitale iraniano e delle libertà civili, il primo gruppo si è nascosto dietro l’altro. Questa alleanza tra il capitale iraniano e i gruppi che chiedevano maggiori libertà civili potrebbe sorprendere qualcuno, ma non è né un’anomalia storica né un’anomalia politica. Molti movimenti e molte rivoluzioni sono state configurate attraverso simili alleanze.
Il lavoro di Alexis de Tocqueville ha identificato la Rivoluzione Francese come una rivoluzione capitalista. L’obiettivo della Rivoluzione Francese non era di distruggere lo stato o la religione organizzata, ma di imporre la riforma economica, e specificamente l’eliminazione delle restrizioni sulla proprietà privata. Ciò fu espressamente dichiarato nel 1789, nell’articolo diciassettesimo della Déclaration des droits de l'Homme et du Citoyen (Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino) : ?la proprietà, essendo un diritto inviolabile e sacro, non potrà essere tolta in nessun caso, salvo quello in cui la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga chiaramente e sempre con la condizione di una precedente giusta indennità ”. [16]
Nel cercare di eliminare le restrizioni economiche il capitale francese (gli interessi commerciali) si è allineato alla richiesta di maggiori libertà individuali e alle idee dell’Illuminismo francese. Secondo il nuovo ordine politico della Rivoluzione Francese, i membri borghesi del Terzo Stato hanno abolito i controlli sui prezzi dello stato, hanno bandito le corporazioni (i precursori dei sindacati), hanno abolito le restrizioni sulla produzione, tolto le regolamentazioni sulla finanza e sulle banche, hanno eliminato i diritti feudali degli agricoltori, ed infine hanno confiscato e venduto le terre della Chiesa Cattolica come proprietà privata. [17] Una massiccia ondata di privatizzazioni ha consumato la Francia rivoluzionaria. La Rivoluzione Francese del 1848 ha inoltre visto svolgersi lo stesso scenario con un’alleanza tra la classe operaia e il piccolo capitale. Questo scenario storico sotto molti punti di vista è pertinente alla situazione dell’Iran del giorno d’oggi.
Dall’altro lato dello spartiacque c’è la fazione politica di Ahmadinejad e dei suoi alleati politici, che comprendono sia ferventi ideologi rivoluzionari che gli interessi commerciali iraniani. Vogliono o un Iran fortemente consolidato all’interno dell’alleanza eurasiatica formata con la Cina e la Russia, oppure come parte di un nuovo ordine regionale in Medio Oriente. Anche la leadership militare dell’Iran, sia nelle forze armate regolari iraniane che nella guardia rivoluzionaria sostiene queste posizioni. D’altro canto Ali Akbak Hashemi Rafsanjani, i suoi alleati, e molte delle elite commerciali in Iran vogliono un corso ben più pragmatico o opportunistico per l’Iran, come quello dell’India. Quest’ultimo gruppo di cui fa parte Rafsanjani non vuole neppure la finestra temporale perché passino le negoziazioni con gli USA e l’UE.
Rafsanjani è una persona molto ricca, un ex presidente iraniano, ed una figura politica potente. È presidente sia del Consiglio per il Discernimento Iraniano che dell’Assemblea degli Esperti. Impersona il capitalismo iraniano e gli interessi dell’elite economica iraniana. Tra i suoi alleati c’è Mohammed Khatami, il presidente iraniano dal 1997 al 2005. Rafsanjani e i suoi alleati vogliono la deregolamentazione dell’economia iraniana; abbracciano il neoliberalismo economico e vogliono che l’economia iraniana sia pienamente integrata nell’economia globale. Questa fazione è anche pronta a lavorare contro gli interessi della Russia e della Cina se ciò porta loro vantaggio. Sebbene la privatizzazione delle industrie nazionali e dei beni statali dell’Iran è proseguita durante il secondo termine di Mahmoud Ahmadinejad, è stata originariamente iniziata da Rafsanjani, Khatami e i loro alleati durante il mandato di presidenza di Khatami.
In questa divisione all’interno della classe dirigente iraniana, i fautori delle libertà civili e della libertà vengono inoltre invischiati e giocati come carte. Queste persone sono accorse sotto il baluardo di Mir-Hussein Mousavi, l’ultimo ad aver prestato servizio come primo ministro dell’Iran prima che l’ufficio venisse assorbito da quello del presidente iraniano. Sia Rafsanjani che Khatami hanno inoltre prestato il loro sostegno a Mousavi. La preoccupazione di molti dei protestanti potranno essere le maggiori libertà civili e i risultati elettorali, ma per la maggior parte dell’elite dirigenziale la posta in gioco è molto diversa.
La divisione all’interno delle elite politiche iraniane ha provocato una rottura politica a Tehran. Entrambe le fazioni si accusano vicendevolmente di corruzione. Sulla televisione pubblica iraniana, ce ne è stato un palese esempio durante i dibattiti sulle elezioni presidenziali quando Ahmadinejad ha accusato Rafsanjani e la sua famiglia di alto tradimento e corruzione. Ci sono state inoltre evidenti tensioni sulla Banca Centrale dell’Iran (CBI); l’opposizione sosteneva che la Banca Centrale e il settore bancario non dovessero essere subordinati al controllo politico.
Le minacce di una guerra sono dirette al Medio Oriente o al cuore dell’Eurasia ?
I realisti della politica estera americana e i pragmatisti iraniani hanno lavorato per colmare il divario tra gli USA e l’Iran e per arrivare ad un accordo tra Washington e Tehran. Tuttavia, sia gli USA che l’Iran hanno alleati che sono contrari a questo. Sebbene Tel Aviv serva gli interessi americani in Medio Oriente, un ravvicinamento americano-iraniano è contro gli interessi israeliani ed è per questo che ci sono state reazioni ostili da parte di gruppi che fanno pressione per gli interessi israeliani. Alcuni governatori arabi temono inoltre che un ravvicinamento potrebbe far sì che gli USA non si oppongano ad una eliminazione dal potere di questi governatori arabi da parte dell’Iran. A causa dei loro interessi, anche Mosca e Beijing si opporrebbero ad un’alleanza strategica tra gli USA e l’Iran. La geo-strategia americana in Eurasia è vacillante e le elite d’America ci hanno investito troppo per poterla vedere crollare, compresa la configurazione dell’economia USA. È per questo che la situazione è ancora più critica. Le persone disperate possono prendere misure disperate, affrettate, e molto incaute.
Sono stati attentamente scolpiti e preparati svariati pretesti per una guerra contro l’Iran e i suoi alleati in Medio Oriente dalla Casa Bianca e dal numero 10 di Downing Street simultaneamente. Questo fa parte di una denuncia minuziosamente architettata per un ampio conflitto regionale in Medio Oriente che consumerà un’area che si estende dalla costa del Mediterraneo Orientale alle montagne e alle vallate dell’Afghanistan.
La mossa di Washington di definire la Guardia Rivoluzionaria come un’organizzazione terroristica è parte del processo di preparazione dei pretesti e delle giustificazioni per la guerra e per i crimini di guerra. Questa non è solo una parte dell’approccio stilizzato della demonizzazione dei cosiddetti nemici nella “guerra globale contro il terrorismo”. Le Convenzioni di Ginevra e le leggi marziali sarebbero sospese nel caso di una futura guerra che coinvolgesse le Guardie Rivoluzionarie Iraniane. Fornirebbe inoltre un pretesto per un attacco guidato dagli USA contro l’Iran sul presupposto di combattere la “guerra globale contro il terrorismo”. A causa di questa definizione il governo americano ha iniziato ad accusare l’Iran di ospitare un’organizzazione terroristica come parte della sua campagna di disinformazione contro Tehran. Anche la campagna di isolare economicamente l’Iran e di imporre sanzioni contro l’Iran stesso fa parte di questo.
La dottrina militare iraniana è di natura difensiva, il che non vuol dire che l’Iran sia incapace di rispondere ad un attacco. L’Iran ha una considerevole forza militare. Come nazione, l’Iran può provocare significative perdite agli USA e alle forze alleate. Ha la capacità di respingere gli attacchi americani, eccetto nel caso di un massiccio attacco nucleare. Durante la campagna elettorale del 2008, una delle figure politiche chiave dell’Iran, Ali Larijani, ha affermato che un attacco degli USA contro l’Iran, che considerava un’eventualità remota, non solo sarebbe un azzardo, ma porterebbe ad una grande sconfitta americana in Medio Oriente. Sarebbe anche la fine dello status degli USA come potere globale. Il primo ministro siriano Al-Otri (Al-Utri), ha inoltre intimato che un attacco da parte di Israele contro l’Iran minaccerebbe lo status di Israele come potenza considerevole in Medio Oriente, oltre ad essere la fine del progetto sionista.
L’Iran e i suoi alleati hanno allontanato quella che chiamano l’eccitazione e la guerra psicologica in riferimento al pericolo imminente di un attacco americano, dicendo che gli USA sono incapaci di eseguire un tale attacco. Tehran, tuttavia, non ha escluso le operazioni per destabilizzare l’Iran, né un attacco da parte dell’America o di Israele, specialmente contro la Siria e il Libano. Le voci ufficiali da Tehran hanno inoltre avvertito svariate volte durante tutto il 2010 che si aspettavano degli attacchi contro i loro alleati arabi.
Quanta della preparazione alla guerra fa parte di uno schermo di fumo o di intimidazione e quanta è reale? Per l’appunto, c’è una certa nebulosità in merito alle relazioni internazionali, ma è innegabile che sono stati fatti dei preparativi per la guerra in tutta l’Eurasia. Lo scudo missilistico USA ne è testimonianza. Peraltro, gli Iraniani e i loro alleati sono convinti che l’Iran non sarà attaccato. Ci sono anche dei segnali che possono essere letti come una mossa per stabilire una distensione; le discussioni tra gli USA e l’Iran sull’Irak, la cooperazione turco-iraniana, l’impegno della Siria da parte dell’UE e dell’America, il miglioramento dei legami tra la Siria e l’Alleanza 14 marzo guidata da Hariri in Libano, e il pubblico riconoscimento dell’Iran da parte del governo americano come un importante attore nella stabilizzazione dell’Afghanistan. Tutte queste cose, comunque, potrebbero essere usate in congiunzione con le politiche americane per portare avanti gli obiettivi degli USA e dei loro alleati per il controllo dell’Eurasia. Chi vivrà vedrà.
Note
[1] Halford J. Mackinder, Britain and the British Seas (Westport, Connecticut: Greenwood Press Publishers, 1969), p.309.
[2] Ibid.
[3] Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard: American Primacy and the Geostrategic Imperatives (N.Y.C., New York HarperCollins Publishers, 1997), p.204.
[4] Ibid.
[5] Ibid.
[6] Ibid.
[7] Ibid.
[8] Mahdi Darius Nazemroaya, “The Sino-Russian Alliance: Challenging America’s Ambitions in Eurasia”, Centre for Research on Globalization (CRG), August 26, 2007.
[9] Ibid.
[10] Zbigniew Brzezenski, Out of Control: Global Turmoil on the Eve of the 21st Century, (N.Y.C., New York: Charles Scriber’s Sons, 1993) p.162.
[11] Ibid.
[12] European Commission, Bilateral Relations with Iran, 2004 Statistics.
[13] Ibid.
[14] “Iran proposes forming Asian union”, Tehran Times, April 10, 2008, p.2.
[15] Georg Stadtmüller, “Landschaft und Geschichte in Albanisch-epirotischen Raum”, Revue Internationale des Études Balkaniques, vol. 3 (1937-1938): pp.345-370.
[16] Frank Maloy Anderson, ed., The Constitution and Other Select Documents Illustrative of the History of France, 1789-1907 (N.Y.C., New York: Russell and Russell, 1908), pp. 59-61.
[17] Alexis de Tocqueville, The Old Regime and the French Revolution, trans. Stuart Gilbert, (N.Y.C., New York: Anchor Books, [1856] 1955).
Fonte : http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=7616
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