Intervista di Umberto De Giovannangeli ad Angelo Del Boca
Lo storico italiano: «Una guerra fondata sulla disinformazione e veri e propri falsi. Altro che proteggere i civili: i capi dell’Alleanza dichiarano che il fine è far fuori il Colonnello»
A mesi di distanza dall’inizio della guerra in Libia, le chiedo: che storia è questa?
«È una storia che si può guardare da molti lati, e comunque la si analizzi resta sempre una brutta storia. Perché è vero che c’è stata una risoluzione, la 1973, del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che autorizzava l’attacco alla Libia di Gheddafi, ma poi questa facoltà è stata sicuramente snaturata, nel senso che ciò che si sta cercando di fare in tutti i modi è assassinare Gheddafi. Ormai nessuno tace su questa ipotesi. Gli stessi rappresentanti della Nato ammettono che se il Colonnello viene colpito e fatto fuori è ancora meglio...È quindi una guerra “strana”...».
Strana perché?
«Perché in realtà la Francia ha un suo obiettivo, l’Italia un altro e gli Stati Uniti un altro ancora. Ma in definitiva nessuno sa come uscirne. E’ una guerra nata sotto una cattiva informazione e continua ad essere corredata da storie inverosimili, da veri falsi. Amnesty International è stata sia a Tripoli che a Bengasi, e ha documentato che le torture sono state fatte in modo particolare a Bengasi su presunti mercenari che non erano altro che poveri migranti africani provenienti dal Sahara».
Ma qual è a suo avviso l’obiettivo dell’Italia?
«L’obiettivo dell’Italia è il più strano. Perché in realtà noi siamo entrati in guerra controvoglia. Da principio davamo soltanto le nostre basi, poi abbiamo messo a disposizione un certo numero di aerei, e soltanto in un secondo tempo è arrivato l’ordine di sparare. Oggi si dice che il 30 per cento delle missioni le fa l’Italia. Ed è veramente un controsenso perché noi dovevamo restare estranei a questa guerra, così come ha fatto la Germania di Angela Merkel. E noi avevamo ancora più motivi della Germania...».
Quali?
«Primo: la Costituzione italiana all’articolo 11 ci proibisce di entrare in guerra. Secondo: soltanto tre anni fa abbiamo firmato un trattato di amicizia e cooperazione con Tripoli. E anche se di recente abbiamo di fatto annullato questo accordo, in realtà è un atto che non si può cancellare se non viene fatto contemporaneamente dalle due parti. Per finire, con la nostra aggressione ad uno Stato sovrano, noi facciamo un balzo indietro di 100 anni, a quando attaccammo Tripoli nel 1911, in una atmosfera coloniale che oggi si ripete in maniera straordinaria, tragicamente straordinaria».
Quali scenari possibili nel futuro immediato?
«Le opzioni sono tutte legate alla sorte di Gheddafi. Gheddafi ha tre possibilità: quella di fuggire dal Paese, ma non è nella sua storia mitizzata; può lasciare la Libia dopo trattative, ma non vedo in queste ultime settimane trattative consistenti. E infine, l’ultima possibilità, quella che lui sembra, in un certo senso, invocare: morire da martire nella sua Tripoli. L’ultima sua dichiarazione in un qualche modo evoca proprio questa fine, quando Gheddafi dice “ho le spalle al muro”. Per quanto mi riguarda, come biografo di Gheddafi, spero che non sia questo il suo ultimo destino, ma temo che questa guerra finirà proprio con un assassinio».
Quale Libia sta nascendo sulle macerie del regime di Gheddafi?
«Nel dopo-Gheddafi si parla di mandare un centinaio di osservatori e poi anche alcune migliaia di soldati, turchi si suppone, per mantenere quel minimo di tranquillità dopo la guerra. Queste sono le ipotesi formulate in ambito Nato. Io invece prevedo un terribile caos nella Libia di domani, una “somalizzazione” dell’intero Paese. Vi saranno molte vendette consumate, e poi bisogna vedere che cosa accadrà sul piano delle speculazioni, perché non credo proprio che Sarkozy abbia puntato tutto sulla guerra solo per guadagnare qualche punto sul piano elettorale. Penso che ci saranno molti interessi petroliferi in gioco e a farne le spese di questo cambiamento sarà sicuramente l’Italia».
Mentre parliamo, la tv di Stato libica ha denunciato una strage di civili a Brega a seguito di un raid aereo Nato. L’Alleanza nega...
«Non è la prima volta che Bruxelles nega ma i morti civili ci sono, proprio i civili che andavano protetti...».
Non esistono dunque bombe «intelligenti»...
«In questa guerra di “intelligente” non c’è niente, non solo le bombe. Penso anche a dichiarazioni di autorevoli capi militari della Nato che ammettono che il bersaglio principale è Gheddafi».
Tratto da: Campo Antimperialista
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