Troppo spesso ci si ferma alle apparenze senza approfondire e cercare di capire cosa si cela dietro eventi apparentemente casuali ma che in un determinato momento storico e contesto geopolitico risultano essere determinanti nel destabilizzare irrimediabilmente interi apparati statali ed economici.
Il Video e l'Articolo che seguono rappresentano un classico esempio (spiegato in modo dettagliato ma allo stesso tempo semplice) di come eventi apparentemete casuali possono celare in realtà un disegno più grande.
"... ENERGY IS POWER ... USA vs EU-RUSSIA sulle vie energetiche "
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SE I FINIANI USANO PUTIN PER ATTACCARE BERLUSCONI
Il terremoto in atto nel centrodestra tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini non può essere liquidato come il semplice e fisiologico scontro tra il capo supremo e il suo storico delfino che scalpita perché vede il tempo passare e con esso allontanarsi le possibilità di prenderne il posto nella guida di un governo di centrodestra ed affermarsi anche come il capo della coalizione. Diversi fatti inducono a sospettare che in parallelo ai finiani si muovano precisi interessi economici internazionali.
Interessi di gruppi che non amano l’attivismo del Cavaliere e i suoi forti e personali rapporti con Vladimir Putin che hanno permesso all’Eni e all’Enel di ritagliarsi un grande spazio di manovra in Russia. Non parliamo poi della ricomposizione dopo tanti anni dei rapporti con la Libia di Gheddafi nella quale anche le potenzialità dell’Eni e dell’Enel hanno giuocato un ruolo non indifferente.
Non è un caso infatti che, all’interno del rovente scambio di accuse delle due parti sulle reciproche malefatte, relative all’appartamentino di Montecarlo affittato al cognato, alla villetta di Arcore frutto dell’eredità Casati Stampa curata all’epoca da Cesare Previti, nonché a tutta la turba di donne variamente libere e di sgallettate varie, siano emerse questioni più propriamente di ambito politico ed economico.
Taluni degli scudieri di Fini hanno avuto infatti la delicatezza di intimare al Cavaliere, responsabile primario delle loro fortune politiche, altrimenti starebbero ancora per strada a distribuire volantini, di fare “chiarezza” sui suoi rapporti con Putin e Gheddafi. Se nel caso del colonnello libico l’astio dei finiani è piuttosto scontato e deve essere collegato al rammarico nostalgico dei bei tempi perduti del ventennio fascista, seguiti a “Tripoli bel suol d’amore”, che in realtà era un bel suol di petrolio, nel caso di Putin l’uscita dei finiani denota che dietro c’è ben l’altro. Ci sono interessi economici e finanziari che si sviluppano da Wall Street, dalla City e dalla Commissione europea di Bruxelles. Gruppi che operano contro il nostro Paese per distruggerne ogni autonomia sullo scenario internazionale, per cancellarne l’apparato industriale e per ridurlo ad un semplice mercato di sbocco e di assorbimento per i prodotti e le merci di altri Paesi.
Niente di nuovo sotto il sole comunque. Anche Enrico Mattei, nell’autunno del 1962 venne assassinato da ambienti “atlantici” perché la sua azione, che era votata ad assicurare l’indipendenza energetica, economica e politica al nostro Paese, cozzava con gli interessi di Israele, delle compagnie petrolifere anglo-americane e anglo-olandesi che si consideravano le uniche titolari del diritto di trattare con i Paesi arabi produttori di petrolio e di gas.
Oggi, con il legame di ferro tra Berlusconi e Putin, la questione si ripropone. Ed in un certo senso, Berlusconi presenta per certi ambienti economici internazionali maggiori problemi di quelli sollevati a suo tempo da Mattei. Questo perché, oggi che il Muro di Berlino e il comunismo sono crollati, il rapporto tra Italia e Russia, tra Europa continentale e Russia, può dispiegarsi in tutte le sue potenzialità geopolitiche. La Germania, che da sempre è la prima potenza economica e industriale dell’Europa occidentale lo aveva capito da tempo. Prima con Helmuth Kohl e poi con Gerhard Schroeder. Ed anche Angela Merkel, che era inizialmente più fredda e più filo-Usa, ha dovuto anche lei prendere atto che il legame tra Unione europea e Russia è fisiologico e che è senza senso e antistorico continuare a cianciare di solidarietà “atlantica” quando gli stessi Stati Uniti da diversi decenni hanno deciso di privilegiare semmai il rapporto “pacifico” e i legami con Cina, Giappone e Corea e le altre “tigri asiatiche”.
Così oggi, dobbiamo assistere agli attacchi contro il legame tra il Cavaliere e il suo sodale Putin, alla guida di una Russia che viene generalmente indicata dai giornali dell’Alta Finanza, e ultimamente pure dai finiani, come una dittatura spietata nella quale i dissidenti vengono assassinati e sbattuti in prigione, come il famigerato truffatore Mikhail Khodorkovsky, l’ex proprietario della Yukos, che, guarda caso era un prestanome della Exxon, la maggiore compagnia petrolifera del mondo. In realtà, quando si attacca Berlusconi per i suoi rapporti con la Russia e con Putin, si vuole puntare alla liquidazione dell’Eni sul panorama internazionale. Quell’Eni che rappresenta un nostro secondo Ministero degli Esteri, con una forza maggiore della Farnesina, ed in grado di trainare la penetrazione di altre aziende italiane nei Paesi produttori. Una forza che l’Eni si è conquistata in decenni di attività, con un approccio “non colonialista” mutuato da Enrico Mattei, grazie al quale può vivere ancora oggi di rendita.
Diventa così quanto mai significativo che la Commissione europea abbia aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per l’utilizzo della “golden share” nel caso dell’Eni. Il Tesoro detiene infatti il 20,321% e la Cassa Depositi e Prestiti (controllata al 70% dallo stesso Tesoro) ne controlla un 9,999. Grazie alla “golden share” il governo italiano può nominare presidente ed amministratore delegato dell’Eni ed indirizzarne quindi la gestione. Questo fatto non sta bene ai tecnocrati di Bruxelles, chi più e chi meno sul libro paga delle majors anglosassoni. Se quindi, alla fine della procedura, Bruxelles dovesse sanzionare l’Italia, per l’Eni si aprirebbero scenari molto foschi dal punto di vista legale. La stessa querelle sollevata dal fondo di investimento Knight Winke (azionista dell’Eni con un misero 1%) che continua ad insistere che l’Eni debba vendere la Snam Rete Gas, in maniera tale da offrire un surplus di dividendi ai gentili azionisti, si inserisce in questo attacco all’Eni che in realtà è un attacco alla alleanza economica e strategica tra Russia e quei Paesi della Ue che nutrono un approccio più continentale che atlantico. Questo perché, l’Eni senza la Snam sarebbe un’altra cosa e anche l’importanza di gasdotti come il South Stream ne verrebbe vanificata.
Non è un caso quindi che proprio dai finiani siano arrivate dichiarazioni di appoggio ad un gasdotto alternativo come il Nabucco, pensato dagli atlantici in funzione antirussa in quanto dovrebbe portare in Europa occidentale il gas dell’Azerbaijan. Diventa così gioco forza concludere che se un Fini dovesse mai arrivare a guidare un governo di “unità nazionale” o “tecnico” , per sostituire mettiamo un Berlusconi indagato a Caltanisetta per la strage Borsellino (il siciliano Granata che dice?), una delle prime mosse sarebbe quella di mettere in vendita il 30% dell’Eni, con tanti saluti all’indipendenza economica ed energetica nazionale. In questo, il cognato di Tulliani sarebbe in buona compagnia. Anche il suo potenziale alleato, in nome della legalità, Pierferdinando Casini, capo dei centristi dell’Udc, ha più volte affermato che il Tesoro dovrebbe vendere l’Eni per tamponare in tal modo i buchi del debito pubblico.
Non è nemmeno un caso che prima della pausa estiva di Ferragosto, sia sceso in campo anche Luca di Montezemolo, ex presidente della Fiat e di Confindustria, che ha esternato tutta la sua “delusione” per l’azione di Berlusconi come capo del governo. Quel Montezemolo, fondatore della Fondazione Italia Futura che la cui attività è quella di offrire suggerimenti sul come rimettere in piedi il nostro Paese, sia dal punto di vista economico che politico. Soluzioni che ovviamente implicano massicce iniezioni di liberalizzazioni e di privatizzazioni. Insomma di Mercato. Quel Mercato che la Fiat aveva visto per anni come il fumo negli occhi. E se Montezemolo ha assicurato di non avere velleità di scendere in prima persona in politica, è lecito nutrire qualche dubbio, proprio perché si tratta di un personaggio che bene si adatterebbe a guidare un governo “tecnico”. Più che per le sue capacità, che sono tutte da verificare (si tratta più che altro di un uomo immagine), per la speranza di rivenderlo a livello internazionale. Una operazione di maquillage che durerebbe però lo spazio di un mattino in quanto non permetterebbe di risolvere i problemi del nostro Paese.
(Fonte WEB: http://www.rinascita.eu/
Link: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=3674)
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