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domenica 4 novembre 2012

Monti: i vincoli europei e quelli dell’Alta Finanza

L’ex Goldman Sachs afferma che nel 2013 si riposerà e che altri governeranno
ma i “Mercati” lavorano per imporcelo di nuovo
Alla guida del governo pure nel 2013? Grazie per l'attenzione personale nei miei confronti ma, per favore, preferirei riposare.
Usando l’inglese come si conviene ad un economista nonché banchiere di impronta anglofona, Mario Monti ha elegantemente glissato sulle convinzioni diffuse nella politica italiota, ed ancora di più negli ambienti finanziari di Wall Street e della City, che sarà ancora lui a guidare il nuovo esecutivo, a causa dell’instabilità parlamentare originata dalle prossime elezioni politiche e in nome di una emergenza presentata come infinita.

Al termine dell’incontro con il Cancelliere austriaco, Werner Faymann, l’ex consulente di Goldman Sachs e di Moody’s, ha tenuto a ricordare che qualunque governo (quindi anche uno suo) in carica dal prossimo anno dovrà muoversi all'interno delle regole e delle politiche decise nell'ambito dell'Unione europea che sono e restano vincolanti per tutti. I vincoli europei, ai quali ha fatto riferimento l’ex consigliere di Fiat Auto, non sono soltanto quelli sul taglio della spesa pubblica, riducendo il debito e il disavanzo pubblici, ma anche quelli che ci impongono di realizzare le riforme strutturali come il mercato del lavoro (sempre più precario e flessibile) che sarebbero necessarie per rendere più competitivo il nostro Paese, fare ripartire la crescita economica e diffondere maggiore benessere tra i cittadini.

L’Europa deve rimanere quindi il punto di riferimento di qualunque governo emergerà dalle elezioni dell’anno prossimo.
Le elezioni, ha ricordato atteggiandosi a patriota, si svolgono in tutti i Paesi democratici e Monti non comprende le ragioni (o forse lo comprende pure troppo) per cui quelle italiane del 2013 debbano essere circondate da aspettative e timori particolari. Le paure europee su un'eventuale futura frenata delle riforme che sono già state intraprese. O forse una frenata a quelle privatizzazioni di aziende pubbliche (Eni, Enel e Finmeccanica) per realizzare le quali Monti è stato portato al governo, anzi imposto al nostro Paese, dalla finanza anglofona da cui è considerato un uomo di fiducia. Ma questo è un argomento imbarazzante per l’ex consulente di Goldman Sachs che non può ammettere quale siano le strategie di Wall Street e della City che hanno come obiettivo finale appunto le privatizzazioni in Italia.

Così Monti si è attaccato all’ovvio e allo scontato ricordando che l’Italia è un grande Paese democratico, membro fondatore dell'Unione europea e dell'Eurozona fin dall'inizio. Ci sono state tante elezioni dal 1957, anno del Trattato di Roma, ha ricordato Monti e non vi sono mai stati casi in cui l'Italia abbia creato particolari problemi più di quanto possano aver fatto altri Paesi europei.
Unitamente a Faymann, Monti si è compiaciuto del fatto che il Consiglio europeo del 18-19 ottobre abbia prodotto risultati molto positivi, soprattutto in relazione al meccanismo unico di sorveglianza bancaria, per il quale è stato fissato un percorso temporale preciso. In ogni caso, occorrono altri passi in avanti per realizzare una vera unione economica e monetaria. Certo, ha ammesso, il percorso richiede i suoi tempi ma c’è la determinazione comune a procedere con decisione su questa strada.
A tirare la volata a Monti c’è anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, anche lui in scadenza di mandato che ha invitato cittadini e politici a tenere conto nel prossimo aprile (al momento delle elezioni o dopo?) dell'esperienza Monti. Affermazione ambigua anche se non sorprendente considerato che il Presidente della Repubblica, oltre a difendere la politica economica dell’attuale governo, non ha mai nascosto la sua vicinanza con il professore della Bocconi al quale lo accomunano legami ideali con il mondo di oltreoceano.

Per la cronaca, Giorgio Napolitano era, negli anni settanta, l’unico esponente del PCI ricevuto senza problemi negli Stati Uniti dall’establishment a stelle e a strisce. E questo è un fatto molto significativo. A suo avviso, un governo stabile è anche il risultato di scelte e accordi politici e questo senso di responsabilità dovrebbe mantenersi nell'Italia postelettorale. Della serie: chiunque vinca o vinca senza poter governare, deve rendersi conto che Monti è l’unico in grado di rassicurare i mercati finanziari che gli italiani faranno i bravi e venderanno le aziende ancora pubbliche. Nel frattempo, guarda caso proprio sotto il governo Monti, è stata avviato lo scorporo di Snam Rete Gas dall’Eni. Una operazione che per gli ambienti anglofoni era ritenuta più importante della stessa riduzione del debito pubblico. Eric Knight, amministratore delegato di Knight Winke, azionista di Eni con il 2%, che da tempo premeva per lo scorporo, aveva appunto dichiarato questo. Così il 29,99% di Snam è stato trasferito dall’Eni alla Cassa Depositi e Prestiti che del gruppo petrolifero è il primo azionista controllandone il 26,37%. L’altro 3,93% è del Tesoro azionista della CDP con il 70%. E chi è stato scelto come consulente dalla CDP per questa operazione di giro dentro il settore pubblico? Ma la Goldman Sachs, è ovvio! La stessa banca che ha speculato contro l’Italia. La stessa banca per la quale ha lavorato Monti. E poi dicono che non siamo una colonia.
 

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