Il ministro degli Esteri russo Lavrov si oppone a una nuova risoluzione: “L’Onu non può appoggiare una rivoluzione”
Quello che è ieri in Siria è costato la vita al ministro della Difesa Daoud Rajha (foto) e al suo vice, nonché vice capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Asif Shawkat, non è stato un atto di guerra ma un vero proprio attacco terroristico. I due ufficiali sono infatti stati uccisi durante un incontro fra diversi membri del governo di Bashar al Assad, che si teneva presso il quartier generale della Sicurezza Nazionale a Damasco, da un’esplosione provocata da un uomo molto probabilmente appartenente alle stesse forze armate siriane. Ipotesi avallata proprio dagli ingenti controlli che erano stati disposti per assicurare l’accesso all’edificio e che quindi solo qualche membro interno alle autorità del Paese arabo avrebbe potuto aggirare. Restano tuttavia ancora molti punti da chiarire, tuttora non è chiaro se si sia trattato di un attentato kamikaze o dell’esplosione di un ordigno lasciato in precedenza. Oltre alle due vittime l’attacco ha provocato diversi feriti, alcuni dei quali in modo grave e fra questi anche il ministro degli Interni, il generale Mohammad Ibrahim Shaar, che sarebbe invece deceduto secondo la tv qatariota al Jazeera.
L’attentato è stato rivendicato attraverso una telefonata all’agenzia di stampa Dpa dal colonnello Riad al Asaad, comandante del cosiddetto “Libero esercito siriano”, il braccio armato del Cns di Isranbul, l’organizzazione finanziata dall’Occidente e dalla monarchie del Golfo persico che riunisce le opposizioni estere al governo di Damasco. “Rivendichiamo la responsabilità dell’operazione - ha detto l’ufficiale nel corso della chiamata - sinora abbiamo informazioni confermate riguardo l’uccisione del ministro della Difesa, del suo vice e di tre alti comandanti”.
“Il comando del Les annuncia il successo dell’operazione di questa mattina che ha preso di mira la sede della Sicurezza nazionale a Damasco e ucciso diverse colonne della banda di Assad che sono responsabili di barbari massacri”, recita invece un comunicato emesso poco dopo dalle stesse milizie illegali che operano nel Paese arabo.
Un attacco volutamente diretto a spaccare le autorità locali e volto a rovesciare l’esecutivo guidato dal presidente Bashar al Assad, che per l’ennesima volta non ha trovato nessuna vera condanna da parte degli Stati Uniti e dei Paesi europei, i quali invece si sono nuovamente schierati al fianco degli insorti. “L’attentato di oggi a Damasco rende ancora più necessario e urgente che si trovi una transazione politica che permetta al popolo siriano di avere un governo che esprima le sue aspirazioni profonde”, ha affermato il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius (in foto con Hillary Clinton), che pure stigmatizzando il fatto si è guardato bene dal criticare il Cns e i militanti da questo stipendiati, non facendosi invece sfuggire l’occasione per tornare a chiedere la testa del capo di Stato siriano.
“La situazione in Siria sembra andare rapidamente fuori controllo: gli Stati Uniti sono molto preoccupati dall’aumento delle violenze nel Paese”, ha affermato invece il segretario alla Difesa Usa, Leon Panetta, il quale poi ha sfacciatamente ignorato i fatti e i loro responsabili tornando invece a chiedere di aumentare la pressione solo su al Assad.
Ancora più ipocrita la posizione presa dal governo britannico, il quale, pur rilevando che la Siria “è minacciata dal caos e dal collasso” nei quali rischia di precipitare data la situazione che è “persino peggiore di quella, terribile, prevalsa negli ultimi mesi”, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite l’approvazione di una risoluzione che possa “condurre alla soluzione del problema, all’avvicinamento verso un processo politico di natura pacifica, e all’avvento in di un governo transitorio”. Anche Londra dunque, omette di commentare l’accaduto, ma al tempo stesso cerca di sfruttare la tensione crescente per raggiungere i propri obiettivi: la rimozione di al Assad e l’insediamento di un esecutivo filo-occidentale. Stessa posizione espressa anche dalla Germania attraverso le vaghe dichiarazioni di Angela Merkel. “Questo dimostra che è tempo di adottare la nuova risoluzione e di cooperare a livello internazionale in modo da porre fine alle violazioni dei diritti umani”, ha dichiarato il cancelliere tedesco omettendo a sua volta ogni riferimento all’attentato e rivolgendo, invece, un appello ai membri del massimo organo del Palazzo di Vetro all’unità al fine di redigere e approvare un documento comune.
Ancora una volta, solo la Russia ha avuto l’onestà e il coraggio di condannare non solo il vile attentato di Damasco ma anche l’ennesima operazione mediatica dei Paesi occidentali.
“In questo contesto l’adozione della risoluzione sarebbe un sostegno diretto al movimento rivoluzionario. Se è una questione di rivoluzione, l’Onu non può avere nulla a che fare con questa”, ha tuonato il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, il quale in vista del prossimo voto del Consiglio di Sicurezza ha inoltre ribadito che, alla luce di tutto questo, il Cremlino non può accettare alcun riferimento né al capitolo VII, né le sanzioni.
Un clima rovente, quindi, anche in ambito internazionale che ha spinto l’inviato delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la crisi siriana, Kofi Annan, ha chiedere il rinvio del voto previsto inizialmente per ieri, così da evitare l’ennesimo imbarazzante stallo per un’organizzazione che non sembra più aver alcun ruolo rilevante e tantomeno indipendente nella politica mondiale.
E mentre tutti i leader occidentali si preoccupavano di nascondere la reale matrice e le vere vittime dell’attentato di ieri, in alcuni quartieri di Damasco gli scontri fra l’esercito regolare e le milizie ribelli sono andati avanti per tutto il giorno nella più totale indifferenza. Come se fosse del tutto normale che milizie armate da Paesi stranieri e zeppe di mercenari mettano a ferro e fuoco la capitale di uno Stato sovrano, salvo poi criticare quest’ultimo se cerca di difendere il proprio territorio e il proprio popolo.
Anche l’Italia si schiera con il fronte interventista
Nel gruppo dei Paesi occidentali che ieri ha cercato di oscurare l’attentato contro alcuni ministri siriani, cercando sfruttare il caos da esso causato per tornare a chiedere al presidente al Assad e al suo governo di lasciare la scena politica del Paese arabo, non poteva mancare l’Italia, che come al solito è accodata alle posizioni senza senso di Usa, Gran Bretagna e Francia.
“I gravissimi attentati di oggi dimostrano come l’avvio concreto di una transizione politica a Damasco, a guida siriana e rispondente alle legittime aspirazioni democratiche del popolo sia ormai una necessita improrogabile”, ha affermato il titolare della Farnesina, Giulio Terzi (foto), commentando quanto accaduto ma senza condannare in alcun modo l’azione terroristica delle milizie del Cns. “L’Italia – ha proseguito il titolare della Farnesina - continua a sostenere pienamente l’azione di Kofi Annan ed il piano per il cessate il fuoco. Allo stesso tempo questo scenario da guerra civile impone un’urgente ed efficace assunzione di responsabilità da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Nonostante l’evidenza, dunque, anche il governo di Roma ignora volutamente i fatti per assecondare le mire di Washington. Terzi proprio oggi riceverà il presidente del Consiglio nazionale siriano, Abdulbaset Sieda, chissà se almeno in privato avrà il coraggio di condannare la strage di ieri o se al contrario si complimenterà con lui.
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