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giovedì 19 agosto 2010

Pearl Harbor


“ …e mentre sto parlando a voi, madri e padri, vi do un’altra assicurazione. L’ho già detto altre volte, ma lo ripeterò all’infinito. I vostri ragazzi non verranno mandati a combattere nessuna guerra straniera... potete quindi definire qualsiasi discorso sull’invio di eserciti in Europa come pura menzogna”.


F.D. Roosevelt (Presidente USA 1933-1945)



Riguardo allo storico attacco di Pearl Harbor, i libri di scuola, i film, i documentari e tutti i reportage storici allineati alle versioni ufficiali ci hanno raccontato solo una verità di comodo. Attraverso i canali d’informazione istituzionali è stato ripetuto fino alla nausea che nel 1941 un brutale attacco aereo giapponese a sorpresa annientò la flotta americana del pacifico, lasciando sul campo migliaia di vittime innocenti. Tale versione dei fatti venne diramata dalla Casa Bianca allo scopo di scatenare l’indignazione del popolo americano. Da qui, a legittimare la sua chiamata al fronte come un dovere morale, il passo è stato molto breve.
Sono passati molti anni da quel drammatico 7 dicembre 1941, ma la storia continua a riemergere inquietante, come il cadavere di un omicidio che non vuole affondare. Le numerose inchieste pubbliche e private condotte su Pearl Harbor sembrano infatti avere raccolto ormai sufficiente materiale probatorio per ricostruire una volta per tutte, il vero corso degli eventi in questione.

La censura della storia

Il Giappone, contrariamente a quanto viene convenzionalmente accettato nella letteratura istituzionale didattica mondiale, venne deliberatamente provocato a reagire militarmente da F. D. Roosevelt in tutti i modi possibili. Tale strategia d’azione fu definita nero su bianco nel riservatissimo piano McCollum [34], uno scottante documento che alcuni ricercatori storici sono riusciti a rendere di pubblico dominio.

Nel corso del tempo, sono infatti emerse numerose prove che dimostrano come i servizi dell’intelligence americana riuscirono a decriptare tempestivamente tutti i piani dell’imminente attacco giapponese. La strage di Pearl Harbor quindi, poteva essere evitata e con essa naturalmente, anche la partecipazione dell’America alla guerra. A confermarlo, ci sono persino le testimonianze rese da alti ufficiali della marina americana (come ad es. quella dell’ammiraglio Husband Kimmel o del tenente generale Richardson).

Ed è proprio da questi ultimi infatti che è partita la “prima pietra dello scandalo”. Le loro versioni sulla vicenda, sono oggi disponibili in molte dettagliatissime pubblicazioni, a cominciare, da “Il giorno dell'inganno” di Robert B. Stinnet (pluridecorato USA per il valore militare 42'- 46').

Pertanto, le fonti delle informazioni che sono alla base delle accuse contro Roosevelt, non sono costituite (come qualcuno potrebbe pensare) dalle malsane elucubrazioni di estremisti anti-americani, ma come anzidetto, provengono direttamente dagli archivi militari USA e/o dagli stessi ufficiali della marina che prestarono servizio durante la guerra del Pacifico.



Omissis



La flotta USA, avrebbe potuto tranquillamente essere messa in salvo, ma si fece l’esatto opposto, affinché migliaia di soldati americani trovassero la morte sotto le bombe giapponesi. Perché? La risposta è tanto chiara quanto scandalosa. Il vero obiettivo di Roosevelt era quello di creare il roboante casus belli di cui avevano bisogno i poteri forti per coinvolgere la nazione americana nel conflitto.

E dallo stesso momento in cui venne deciso che le navi da guerra USA, con tutto il loro carico umano sarebbero serviti da esca, la base di Pearl Harbor venne deputata a questa funzione sacrificale. Quello che accadde dopo fu solo la cronaca di una strage annunciata.....

Il Giappone quindi non solo si trovò a dover sopportare le gravi azioni di provocazione messe in atto con il piano McCollum, ma venne anche “indotto in tentazione” dallo stesso Roosevelt che “suggeriva” ai generali nipponici la soluzione della crisi con un colpo di mano. Come? Semplicemente “porgendo il fianco” della sua flotta al nemico. Le navi da guerra americane infatti vennero costantemente mantenute in zona di pericolo per ordine diretto del Presidente. Il comando giapponese fu così spinto a credere di dover approfittare di un occasione irripetibile per cercare di vincere una guerra ormai inevitabile contro il gigante americano. Ma cadde solo nella trappola…

Una regia occulta

Come verrà illustrato nel prosieguo, dietro le dinamiche degli eventi bellici è sempre possibile intravedere l'ombra cupa dei poteri forti, una realtà che emerge sconcertante tutte le volte che si effettuano dei reali approfondimenti. In pochi ne parlano apertamente, ma sono solo questi a manipolare tanto il corso della storia quanto il mondo dell’informazione. Sono talmente potenti che possono permettersi il lusso di insabbiare tutti i loro crimini senza mai apparire come primi attori. E le grandi inchieste ufficiali troppo spesso servono solo a manipolare l’opinione pubblica, mentre al contempo, le fonti d’informazione non controllate (come le piccole case editrici o i siti internet) vengono demonizzate e messe alla berlina nel circolo mediatico di più larga diffusione.

Come è cambiata l’America dopo Pearl Harbor

Prima del fatidico 7 dicembre 1941, l’88% della popolazione americana (sondaggio realizzato in America nel settembre 1940) era contraria a mandare i propri figli a morire per una guerra lontana [31] e il signor F. D. Roosevelt, proprio come il signor W. Wilson, venne eletto Presidente grazie alla promessa che non avrebbe mai trascinato la nazione in un conflitto.

Ecco infatti, cosa dichiarò pubblicamente ai suoi elettori F.D. Roosevelt: “… e mentre sto parlando a voi, madri e padri, vi do un’altra assicurazione. L’ho già detto altre volte, ma lo ripeterò all’infinito. I vostri ragazzi non verranno mandati a combattere nessuna guerra straniera...[1]

Ma nonostante queste buone dichiarazioni d’intenti volte solo ad accattivarsi il consenso di un America pacifista, il procurato attacco giapponese e il conseguente bagno di sangue di Pearl Harbor, provocarono una ondata emotiva tale che l’opinione pubblica americana mutò repentinamente atteggiamento, optando, come cinicamente previsto, a favore dell’intervento militare. In sostanza, senza un episodio come quello di Pearl Harbor, l’amministrazione americana non avrebbe mai potuto trascinare il paese in guerra e il Presidente Roosevelt avrebbe dovuto, “suo malgrado”, mantenere le promesse fatte alla nazione.

Il piano McCollum
Grazie al Freedom of Information Act promosso dal parlamentare USA John Moss, molti ricercatori indipendenti hanno potuto trovare accesso ad uno straordinario numero di documenti sulla guerra del Pacifico. Dallo studio accurato di questi è poi emersa tutta la verità sconcertante;

Si viene così a sapere che già il 7 ottobre del 1940, nel quartier generale della Marina di Washington, circolò un bollettino destinato a compromettere per sempre l’amministrazione Roosevelt nella premeditazione della guerra. Il dispaccio proveniva dall’ufficio dei servizi informativi ed era indirizzato a due dei più fidati consiglieri del Presidente, i capitani della Marina Walter S. Anderson e Dudley W. Knox. Al suo interno recava la sottoscrizione in calce del capitano di corvetta Arthur H. McCollum, un militare esperto dei costumi del “sol levante”. Quest’ultimo infatti, aveva trascorso diversi anni della sua vita in Giappone e ne conosceva perfettamente la cultura. Si poneva quindi come l’uomo adatto per studiare una strategia di provocazione.

McCollum elaborò così un piano che prevedeva otto diverse modalità d’azione per ingaggiare una guerra con il Giappone. Il documento si componeva di cinque pagine e in esso si faceva esplicito riferimento alla creazione di quelle condizioni che avrebbero costretto i giapponesi ad una reazione armata contro gli USA.

Una volta che questa si fosse verificata, la nazione americana si sarebbe ritrovata automaticamente impelagata nell’intero conflitto mondiale. Proprio ciò che volevano gli oscuri signori della guerra in doppiopetto e bombetta. La stipula del famoso patto tripartito (siglato a Berlino il 27 Settembre 1940), garantiva infatti alle forze dell’asse (Germania, Italia, Giappone) mutuo soccorso reciproco durante tutto il conflitto.

Le operazioni da seguire per raggiungere questo obiettivo sono qui di seguito sinteticamente elencate:

 Accordarsi con la Gran Bretagna per l’utilizzo delle basi inglesi nel Pacifico, soprattutto Singapore.

 Accordarsi con l’Olanda per utilizzare le attrezzature della base e poter ottenere provviste nelle Indie orientali olandesi (l’attuale Indonesia).

 Fornire tutto l’aiuto possibile al governo cinese di Chiang Kai-Shek.

 Inviare in Oriente, nelle Filippine o Singapore, una divisione di incrociatori pesanti a lungo raggio.

 Spostare le due divisioni di sottomarini in Oriente.

 Tenere la flotta principale degli Stati Uniti, attualmente nel Pacifico, nei pressi delle isole Hawaii.

 Insistere con gli olandesi affinché rifiutino di garantire al Giappone le richieste per concessioni economiche non dovute, soprattutto riguardo al petrolio.

 Dichiarare l’embargo per tutti i commerci con il Giappone, parallelamente all’embargo dell’impero Britannico.

- Il bollettino McCollum delle otto azioni è stato scoperto da Robert B. Stinnet t il 24 gennaio 1995 nella scatola n.6 di una speciale raccolta della Marina degli Stati Uniti, RG 38, Modern Military Record Branch degli Archives II. - [34]



Omissis

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Un accenno alla regia occulta

Dietro i protagonisti ufficiali della storia che abbiamo studiato nelle c.d. “scuole” dell’obbligo, operano senza mai apparire, i membri e i programmi della vera casta di comando, i c.d. “poteri forti”. Una elite di persone che gestisce il potere da padre in figlio e che da secoli tiene letteralmente sotto controllo l’economia (e quindi anche la politica) delle nazioni. Sono i proprietari esclusivi delle banche centrali, delle assicurazioni, dei monopoli energetici, dell’industria e dei grandi canali d’informazione. I suoi rappresentanti non si riconoscono realmente in alcuna specifica nazionalità poiché si ritengono al di sopra di qualunque di essa, considerandosi a tutti gli effetti i veri signori del mondo. Ed ecco a tal proposito cosa ebbe a dichiarare già nel lontano 1733, un illustre esponente dei grandi casati finanziari che oggi possiedono letteralmente le banche centrali, il finanziere Amschel Mayer Bauer Rothschild (capostipite dell’impero Rothschild): “La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo conferenze di pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa ottenere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre più nel loro debito e, quindi, sempre più sotto il nostro potere” [14].

Dal quel remoto 1733 però, il tempo non sembra essere passato invano e gli strumenti dei manipolatori sono stati affinati. Nella storia contemporanea sono sorte infatti vere e proprie istituzioni paragovernative che lavorano a porte chiuse per realizzare i programmi di dominio dell’alta finanza. E come intuito da Curtis Dall, una di queste moderne organizzazioni che maggiormente diresse l’operato di Roosevelt è il CFR (Council on Foreign Relations). Una sedicente organizzazione “filantropica” fondata nel 1921, con il finanziamento della famiglia Rockefeller. Alla costituzione del CFR parteciparono 650 “eletti”, “il Gotha del mondo degli affari" [15] e suoi membri di spicco furono sempre all’ombra del Presidente americano di turno. Ed è quindi proprio a costoro che si deve attribuire la vera paternità del protocollo McCollum. In qualità di ministro della guerra di Roosevelt ad esempio, agiva in “prima linea” Henry Stymson, un personaggio che “guarda caso” era anche uno dei membri fondatori del CFR. Il suo coinvolgimento nel piano di provocazione, emerge chiaramente dalle righe del suo stesso diario: “Affrontiamo la delicata questione di come realizzare una schermaglia diplomatica che faccia apparire il Giappone dalla parte del torto e gli faccia compiere, scopertamente, il primo passo falso” [16]. E sempre a tal proposito, lo scrittore George Morgenstern, ha pubblicato il libro “Pearl Harbor, The Story Of The Secret War” in cui è stato esaustivamente documentato come il Giappone venne trascinato in guerra dalla strategia d'azione dei membri del CFR.

Poiché come noto, a molte guerre corrispondono molti soldi e infinito potere per gli oscuri signori dell'alta finanza. Una volta conclusi i conflitti, saranno infatti sempre loro a decidere le condizioni di riparazione della nazione di turno che è stata messa in ginocchio. Ai popoli di entrambe le parti belligeranti invece, non resterà che l’amaro compito di leccarsi le ferite tra un camposanto e l'altro, aspettando di sapere quanto dovranno pagare per le spese di guerra (“vinta” o persa che sia). Con l’ingresso dell’America nel secondo conflitto mondiale avvenne infatti un colossale trasferimento di ricchezza dalla casse pubbliche a quelle private; Il bilancio federale USA a cavallo del decennio 1930-1939 era di “appena” 8 miliardi di dollari l’anno, nel 1945 invece, il debito per sostenere la guerra fece impennare i grafici contabili fino 303 miliardi di quota. Il costo globale del conflitto (nei soli termini economici) sostenuto dagli americani, fu ufficialmente di 321 miliardi di dollari, più del doppio di quanto il governo federale aveva “scucito” ai contribuenti nei 152 anni di storia che vanno dal 1789 al 1941 [17]. Gli eventi bellici peraltro, non rappresentano solo il grande business dei banchieri, ma sono anche un subdolo ed efficacissimo strumento di azione politica. Vengono infatti concepiti a tavolino come formidabile pretesto per instaurare a guerra finita, gli assetti politici e sociali a loro più congeniali. Si muovono a piccoli passi per realizzare il progetto secolare del “nuovo ordine mondiale”. Uno scopo che del resto trapela esaustivamente dalle stesse parole pronunciate da James Warburg (insigne esponente dei poteri forti) solo pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale:

"Che vi piaccia o no, avremo un governo mondiale, o col consenso o con la forza".[18]

Tra gli altri invisibili personaggi della storia che “suggerirono” a Roosevelt gli obiettivi da raggiungere durante la sua presidenza, compare il nome eccellente di Bernard M. Baruch. Un illustre membro dell’alta finanza e del CFR che presiedette al Comitato delle industrie belliche durante la Prima guerra mondiale e che poi negoziò anche le condizioni delle riparazioni tedesche nel trattato di Versailles [19]. La sua autorevolissima voce venne sempre e perentoriamente ascoltata dai presidenti americani.

Nato in Texas nel 1870 da un agiatissimo esponente del Ku Klux Klan, l'ultra miliardario Bernard Mannes Baruch divenne il “consigliere” di ben sei presidenti USA. Dal massone [20] Woodrow Wilson (1912) al massone Eisenhower (1950), fu sempre lui ad esempio a “persuadere” il Presidente Wilson circa la necessità di coinvolgere l’America nella prima guerra mondiale. E persino la creazione di un organo governativo volto esclusivamente a sostenere lo sforzo bellico americano fu una sua idea. Nulla di strano quindi se al nuovo ente vennero conferiti ampi poteri speciali nella pianificazione della produzione industriale. Come del resto è naturale, che a capo di esso finì per essere nominato proprio lui, Bernard Baruch, il mentore del Presidente.
Una volta al comando del “War Industry Board”, tutte le commesse relative al materiale bellico e logistico passarono nelle sue mani, dagli stivali ai mezzi corazzati. Affari d’oro che non si limitarono agli approvvigionamenti americani ma che si estesero in buona misura anche agli ordinativi degli altri eserciti alleati. E come denunciò nel 1919 dalla Commissione Investigativa del Congresso (guidata dal senatore W. J. Graham) che indagò sui profitti che quell’organo rese possibili, si trattò di: “un governo segreto…sette uomini scelti dal Presidente hanno concepito l’intero sistema di acquisti militari, programmato la censura sulla stampa, creato un sistema di controllo alimentare…dietro porte chiuse, mesi prima che la guerra fosse dichiarata” [21].

In seguito, fu possibile ripetere tale collaudato “modus operandi” grazie ai “consigli” che Baruch diede al presidente F. D. Roosevelt, nella guerra contro Hitler: questa volta però l’organo pianificatore si chiamò War Production Board. A dirigerlo venne nominato Harry Hopkins, un uomo di fiducia del signor Baruch, (ibidem).

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Omissis

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In oltre tra i vantaggi derivati dalla vittoria della seconda guerra mondiale citerei anche la dipendenza economica dagli USA di tutte le nazioni europee coinvolte per la ricostruzione e la conseguente installazione di basi USA nei punti più strategici…


Riferimenti

[1] Boston, 30 Ottobre 1940. Public Papers and address of Franklin D. Roosevelt, Macmillan, New York, volume del 1940, p.517
[2] Citaz. dal libro “Casebook On alternative 3” di Jim Keith, ediz. Il saggiatore, Milano 2001 p.26
[3] R. Stinnet “Il giorno dell’inganno”, p.26
[4] citaz. “Secret Societies” p.210 – Il testo originale del cablogramma originale di Grew che il ministro degli esteri ricevette alle 6.38 di lunedì 27 gennaio 1941 –ora dell’est degli USA- in PHPT 14, pag. 1042
[5] “Il giorno dell’inganno”, p.50
[6] Cfr. Richardson, James O., On The Treadmill To Pearl Harbor, Naval History Division, Department of the Navy, Washington DC 1973, p.435
[7] Secondo l’ammiraglio Stark, F.D.R. le definì “missioni a sorpresa, cfr Simpson, B. Mitchell III, Admiral Harold R. Stark, University of South Carolina Press, 1989, p.101-2
[8] L’ammiraglio H. Kimmel il 18 febbraio 1941 scrisse a Stark affermando che l’invio degli incrociatori “era il peggior consiglio” possibile, PHPT 33-1199
[9] La prima ebbe inizio nei giorni tra il 15 e il 21 marzo 1941 e comportò l’invio delle navi americane nelle acque adiacenti a quelle giapponesi. Cfr. Il viceammiraglio John H. Newton riferì in sede d’indagine che gli ordini ricevuti erano estremamente riservati e diretti a lui a voce, PHPT 26-340. In realtà il segreto riguardò solo la stampa americana in quanto diversi rotocalchi australiani pubblicarono la notizia irritando maggiormente i giapponesi. La seconda missione condusse le navi da guerra USA nella regione del Pacifico meridionale e centrale adiacente ai territori orientali controllati dal Giappone: cfr RG 24, giornali di bordo delle navi americane Salt Lake City e Northampton, luglio e agosto 1941, Archives II.3. Il terzo passaggio riguardò lo stretto di Bungo - cfr. Serial 220230 cit. ottenuta su concessione del gennaio 1995, Archives II.
[10] “Il giorno dell’inganno”, p.38
[11] Ddal rapporto del Consolato giapponese di San Francisco, 16 settembre 1940; cfr. appendice D
[12] Citaz. A.H. M. Ramsey in The Nameless War p.75
[13] “Casebook On Alternative 3", p.25
[14] Antonella Randazzo “Dittature, la storia occulta”, p.168, ediz. Nuovo Mondo, Padova, 2007
[15] Maurizio Blondet, Complotti - I fili invisibili del mondo - I. Stati Uniti, Gran Bretagna, Il Minotauro, Milano, II ediz., 1995, pag. 98
[16] “Casebook On Alternative 3", p.25
[17] Mollenhoff Clark R., “Il Pentagono”, Gherardo casini editore, Roma 1968, pp.80-81
[18] James Warburg, banchiere, alla Commissione Esteri del Senato, 17 febbraio del 1950
[19] da “Schiavi delle banche”, M. Blondet, Effedieffe
[20] “La faccia nascosta della storia”, Piero Mantero, Edizioni segno, 1997, p.17
[21] da: “Schiavi delle banche”, ediz. Effedieffe, Maurizio Blondet, 2004
[22] “Il giorno dell’inganno”, p.39
[23] cfr. RG 38, CNO Secret Serial 081420 del 4 ottobre 1940, SRH (special research history) 355, vol. I pagg. 395-397
[24] “Il giorno dell’inganno” p.65
[25] sulla prima spedizione di Yamamoto, cfr. Wallin, capitano Trapnell, F.M., capitano Russel, J.S. E capitano di corvetta Field, J.A. A cura di “The campaignh of Pacific War”, United States Strategic Bombing Survey, Naval Analysis Division, USGPO, Washington, 1946, pag.50
[26] cifrato PHPT 4, p.1792
[27] “Il giorno dell’inganno” p.58
[28] I tredici messaggi radio mancanti di Yamamoto possono essere recuperati utilizzando il numero del messaggio SMS (Secret Message Series) dal file di intercettazione della stazione H in RG 45, MMRB, Archives II
[29] “Il giorno dell’inganno”, p.68
[30] “La verità vi renderà liberi”, D. Icke, p.139
[31] "Il giorno dell'inganno", p.33
[32] per le strutture commerciali cfr. Commandant, 11 distretto navale, serie segreta C-76 del 4 aprile 1940, RG 181, scatola 196741, National Archives, Laguna Niguel, California
[33] "Il giorno dell'inganno", p.40
[34] Le copie integrali del protocollo McCollum sono disponibili su http://en.wikipedia.org/wiki/McCollum_memo

(Fonte WEB : http://giochidipotere.wordpress.com/2009/08/20/il-caso-pearl-harbor/)

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