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martedì 29 gennaio 2013

Monte Paschi: e lo spread? Niente paura, si risveglia il 26 febbraio

Lo spread, strumento della shock doctrine, sarà riesumato dopo le elezioni per farci ingerire a forza un governo che non vogliamo.
 
Foto - Flickr

Noi cittadini "qualsiasi", per nulla esperti di esoteriche questioni finanziarie, avevamo capito così: se l'Italia va male, se la Borsa scende, se ci ritroviamo inguaiati col debito pubblico, se le nostre banche sono "sull'orlo del baratro", allora lo spread sale.
Avevamo capito che lo spread era il campanellino, pronto a suonare per avvisarci che bisognava mettere mano al portafoglio e tamponare qualche buco. Sale lo spread? "Riforme strutturali", tagli, tasse, governi nazi ecc.
 
Adesso, però, il Monte dei Paschi rivela un buco miliardario ("Ma quali 14 miliardi?" Tuonava Profumo a Grillo. Infatti sono 17), bisogna accorrere a salvamento coi soliti prestiti oppure nazionalizzare -che è poi la stessa cosa ma senza dirlo perché per la dottrina religiosa vigente è peccato mortale-, si trema per i 23 miliardi di debito pubblico che MPS comprò col famigerato prestito all'1% della BCE, eppure malgrado tutto ciò lo spread dormicchia a 250.
 
Saremo guariti? Forse lo spread non significa oramai più nulla, i nostri problemi son risolti, il debito ricomprato e quindi ora non dobbiamo più temere quel fatidico numeretto. Oppure... oppure il fatidico numeretto non ha mai misurato un bel nulla in realtà: era solo lo strumento della shock economy, attraverso il quale ci è stata fatta ingerire a forza l'austerità del governo "sobrio". Così, qual è ora il destino dello spread? Tornare nel cassetto della Storia? Forse, ma è lecito temere che in quel cassetto sia destinato a restarci poco.
 
Ci sono le elezioni tra meno di un mese. E dopo le elezioni si dovrà fare un governo. Non certo un governo che piaccia a noi, quando mai, mica vige la democrazia qui: un governo che piaccia all'EU e ai soliti mandanti finanziari internazionali. L'ha minacciato Monti proprio ieri, "Una nuova manovra? Dipende da come andrà il voto". Se non votate come vuole lui e i suoi compagni di merende, vi beccate una nuova manovra lacrime e sangue.
 
In quel caso, lo spread sarà rispolverato e tornerà utile per terrorizzarci di nuovo. Mi aspetto uno spread a 500 subito dopo le elezioni, onde forzare un governo d'emergenza mappazzone "a salvarci dal baratro" per la seconda volta. Un baratro finto, ma noi siamo ben addestrati a credere alle frottole.

di Debora Billi
Fonte: http://crisis.blogosfere.it/2013/01/monte-paschi-e-lo-spread-niente-paura-si-risveglia-il-26-febbraio.html

Vedere anche : La dottrina dello shock

venerdì 25 gennaio 2013

La vera evasione fiscale è… multinazionale

di Federico Cenci

Non tutti in Italia sanno dell’esistenza di un numero telefonico anti-evasione, il 117. Eppure, recenti inchieste giornalistiche hanno rivelato che molti nostri connazionali lo conoscono e come, giacché lo compongono spesso. Contestualmente all’attuazione di una massiccia campagna governativa di lotta all’evasione fiscale, infatti, le chiamate effettuate a questo centralino gestito dalla Guardia di Finanza sono lievitate in modo esponenziale. Nel 2012 l’incremento, con quasi 24mila chiamate, è stato del 228%.
 
La nuova psicosi degli italiani: la lotta all’evasione
Ma che tipo di denunce passano attraverso questa sorta di “spy-line” tutta italiana? Per esempio questa: il vicino di casa che, pur con un lavoro a basso reddito, si crogiola in qualche lusso. Oppure quest’altra: il barista che non rilascia lo scontrino per l’acquisto di cornetto e latte macchiato. I media che riportano la notizia non hanno dubbi: l’aumento di segnalazioni al 117 racconta di un senso civico finalmente manifestatosi in seno allo storicamente negligente popolo italiano. Ecco la dimostrazione di quanto efficace sia stato instillare – attraverso sinistri spot televisivi e terroristiche dichiarazioni dei tecnocrati – il seme dell’odio anti-evasori.
 
Evade più il barista o la multinazionale?
Lo sdegno verso il barista e il vicino di casa, tuttavia, rappresenta il lato più meschino della lotta all’evasione. Del resto, il denaro contante, quello che passa per le mani del piccolo commerciante, è solo una parte infinitesimale rispetto a quello virtuale. È dunque logico pensare che le maggiori falle d’evasione si concentrino laddove circola quest’ultimo. Ovvero, nei paraggi delle industrie multinazionali. Esperte in trucchi contabili atti ad eludere gli ispettori fiscali dei vari Paesi in cui esse operano.
Uno degli espedienti più usati a tal fine dalle multinazionali è quello di creare anzitutto una complicata rete di società affiliate, consociate e reti di vendita a livello internazionale. La seconda fase consiste poi nello spostamento dei costi nei Paesi dove la tassazione è maggiore – dunque imprese in rosso che in un determinato Paese non pagheranno tasse – portando invece gli utili in tutti quei Paesi dove il regime di tassazione è vicino, se non prossimo, allo zero. Se si pensa che il 60% del commercio mondiale passa ormai per questi monopolisti internazionali (dato dell’Osce, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico), si può immaginare il volume di evasione fiscale che le grandi aziende causano ai danni delle casse degli Stati.
 
L’Osce e le misure contro i grandi evasori
Mentre gli italiani si preoccupano della furbizia del barista o delle ricchezze sospette del vicino, altrove, finalmente, sembra che qualcuno si stia accorgendo del reale problema. Il quotidiano francese Le Figaro annuncia che la stessa Osce è intenzionata a promuovere iniziative tese a smantellare questa complessa rete anti-fisco messa a punto dalle lobby multinazionali. Il 15-16 febbraio prossimo, a Mosca, durante la riunione del G20, l’Organizzazione presenterà un piano che prevede la cooperazione di diversi Stati per trovare il modo di bloccare gli enormi meccanismi di elusione di questo tipo.
 
E il governo italiano aiuta banche e multinazionali
Un segnale positivo. O, se non altro, più rassicurante di quanto sta avvenendo in Italia, dove raffiche di imposte vengono gettate sui contribuenti e le grinfie di una mai così solerte Guardia di Finanza puntano i piccoli esercizi commerciali. La nascita del Redditometro, poi, fa già avvertire ai cittadini nuove gelide folate del fiato di Equitalia sul collo.
Questa spietata operazione anti-evasori ordita dal governo Monti, tuttavia, è come una piccola rete che impiglia i pesci piccoli e lascia sfuggire gli squali della finanza. Basti pensare che la regolamentazione dell’elusione fiscale (tecnicamente chiamata anche “abuso di diritto”), introdotta dal governo nel Disegno di legge di delega fiscale, contiene alcune misure che in molti non hanno esitato a definire “un regalo a banche e multinazionali che evadono”. Oltre all’esistenza di una sorta di “condono” delle operazioni finanziarie sospette poste in essere finora, si esclude espressamente la rilevanza penale nei confronti di comportamenti ascrivibili in fattispecie abusive. L’articolo 6 del Ddl in sostanza introduce ai fini penali un discrimine tra i grandi contribuenti e tutti gli altri.
 
La “mela morsicata” elude il Fisco
La lista delle multinazionali, o delle grandi banche, che traggono beneficio da questa depenalizzazione nei confronti del loro truffaldino modus operandi è troppo lunga. Almeno un’azienda val la pena citarla però: la Apple, che, secondo gli esperti fiscali internazionali, nel 2011 ha pagato la miseria – si fa per dire – di 130milioni di dollari rispetto ai 13miliardi dichiarati.
Forse, quei 24mila italiani delatori, prima di compilare il numero 117, se proprio avessero voluto individuare la sorgente prima e preminente dell’evasione, avrebbero dovuto rivolgere uno sguardo non ai tasti, ma alla mela morsicata che campeggia sul loro telefonino.
 

lunedì 21 gennaio 2013

TRUFFA ELETTORALE

La maggior parte dei partiti di "governo" hanno di fatto appoggiato lo sciagurato governo Monti durante l'ultimo anno ed è già abbondantemente chiaro che chiunque di essi risulterà vincitore alle elezioni continuerà sulla stessa linea, cambiando qualche "fronzolo" ma senza discostarsi troppo dalle linee guida dettate dalla finanza internazionale attraverso il burattino Monti.
 
Alternative? Non sta a me dirlo, ognuno può fare quello che meglio crede ... c'è chi non andrà a votare, chi esprimerà un voto di protesta, chi voterà il meno peggio e chi continuerà a votare i soliti partiti che ci hanno messo in questa situazione.
 
Quello di cui tutti dovremmo essere coscienti è che ormai destra e sinistra sono concetti inutili e polverosi che servono solo a dividere il popolo che in realtà ha un solo nemico comune che possiamo individuare nei mercati, nelle grandi banche nelle multinazionali ... insomma in quel 1% che governa il mondo e se ne sbatte dei diritti del restante 99% del popolo che siamo noi.
 
LA PROPAGANDA MEDIATICA E LE FINTE SCHERMATE ELETTORALI NON SONO ALTRO CHE UN “DIVIDI ET IMPERA" IN PIENA REGOLA.
 
SOLO QUANDO TUTTI CI RENDEREMO CONTO DI QUESTO LE COSE POTRANNO INIZIARE A CAMBIARE ....
 
John Infotricks

martedì 15 gennaio 2013

Monti candidato: ma "riforme" è una promessa, o una minaccia?

"Riforme": la parola chiave della campagna di Monti è in realtà la prospettiva dello smantellamento del Paese. Ecco perché.

montirompuy.jpg

Bene, abbiamo capito quale sarà la parola chiave della campagna elettorale di Mario Monti: "riforme". Non solo la proferisce ogni tre per due, ma la usa per attaccare gli avversari politici: "Non vogliono fare le riforme!" tuona, insinuando che gli altri partiti siano il vecchio mentre lui rappresenti invece il nuovo.
 
Mi chiedo cosa passi per la testa dei poveri piddini, i quali non solo si sono riempiti la bocca con le "riforme" fino all'altro ieri ed oggi si vedono scippare da sotto il naso la magica parolina, ma gli tocca anche passare da retrogradi e retrivi conservatori che non vogliono "riformare" il Paese.
 
Mi chiedo anche quanti cittadini se la berranno, consapevole che la maggior parte degli elettori, ahinoi, si accontenta di una paroletta dall'apparenza positiva senza neppure chiedersi cosa significhi in realtà. Alla gente piace l'idea di riformare un Paese ridotto ecce homo, quindi carta bianca a chi promette.
 
Purtroppo, però, è da molti anni già chiaro cosa ha in animo il liberista che vagheggia riforme. Sono le riforme da shock economy, quelle che hanno già riformato i connotati di altri disgraziati Paesi finiti in ginocchio. Se non ci credete, sappiate che già sono state pressantemente chieste all'Italia con la famigerata letterina UE dell'agosto 2011, che fu il preludio alla cacciata del Berlusca per mettere Monti al posto suo. Cosa diceva la letterina? Chiedeva le riforme, eccole qua:
 
1) mercato del lavoro: modifica della contrattazione collettiva in favore di accordi a livello dell'impresa;
2) pensioni: innalzare l'età pensionabile e parificarla per uomini e donne;
3) pubblica amministrazione: adeguare salari e produttività, e promuovere la mobilità;
4) ordini professionali: liberalizzare;
5) beni dello Stato: privatizzare.
 
Insomma: licenziamenti facili, dumping salariale, massacro pensioni, massacro dipendenti pubblici, dumping dei compensi delle professioni, e per finire la svendita di tutti i beni dello Stato, dall'acqua al demanio all'ENI a Finmeccanica.
 
Monti sta promettendo questo, e altro dello stesso tenore. Riforme per far essere i nostri giovani meno choosy e i nostri vecchi meno attaccati a mamma sanità pubblica, ad esempio. Se ne è già accennato alla privatizzazione della sanità, ricordate? Non crederete mica che lo smantellatore dello Stato e dei beni italiani si trasformerà poi magicamente in un riformatore che cambia l'Italia nel modo che conviene a voi. Monti che diventa Mujica, ah ah che risate.
 
Quando Monti dice "riforme", insomma, non sta promettendo: sta minacciando. L'unico aspetto positivo è che ci avvisa prima: e se noi capiamo tutto il contrario beh, in fin dei conti siamo degli zotici che non hanno studiato alla Bocconi, quindi è solo colpa nostra.