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venerdì 29 giugno 2012

"Uomini e governi non hanno mai imparato nulla dalla Storia" (Hegel)


Cosa hanno in comune il Cile del 1973, l’Inghilterra del 1982, la Russia del 1993 e L’Europa di oggi?

L’imposizione, a seguito ed in nome di una crisi* (diversa da caso a caso), delle misure neoliberiste estreme del capitalismo dei disastri tra cui:

- Privatizzazione (svendita) delle aziende statali strategiche;

- Proliferazione della finanza speculativa;

- Tagli alla spesa pubblica(istruzione e sanità in primis);

- Deregolamentazione e liberalizzazione di prezzi, orari e servizi (favorendo le multinazionali nei confronti dei piccoli-medio imprenditori);

- Annientamento dello Stato Sociale.

… queste misure estreme in passato non hanno che portato all’impoverimento dello Stato e dei Cittadini più deboli, all’aumento della disoccupazione, dei prezzi e dell’inflazione, al fallimento delle imprese, alla diminuzione dei diritti dei lavoratori ed al disfacimento dello Stato Sociale …

Ora secondo voi, visto i comuni presupposti, cosa ci attende adesso?

Be direi che siamo già a buon punto …

* D’altronde come diceva Milton Friedman (padre del neoliberismo e del capitalismo dei disastri): "Solo una crisi, reale o percepita, porta a cambiamenti reali (…) il nostro ruolo fondamentale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, tenerle in vita ed a disposizione finché il politicamente impossibile (come l’eliminazione dei diritti fondamentali n.d.r.) diventa politicamente inevitabile."

John Infotricks

Approfondimenti:

Mario Monti intervista shock: http://www.youtube.com/watch?v=wifCgI4gagM

"L'EURO E' UN SUCCESSO, SOPRATTUTTO PER LA GRECIA": http://www.youtube.com/watch?v=Qq7omxEXhR8

L'avvento della Cataroika sui Paesi europei: http://infotricksblog.blogspot.it/2012/06/privatizzazioni-2012-lavvento-della.html

La dottrina dello shock: http://infotricksblog.blogspot.it/2012/05/la-dottrina-dello-shock.html

domenica 24 giugno 2012

Privatizzazioni: 2012, l'avvento della Catastroika sui Paesi europei

La crisi finanziaria non è altro che un nuovo passo della shock economy. Dopo la spoliazione ultima, non rimarrà più nulla di nostro.


Si chiama Catastroika, il nuovo documentario della coppia greca che già aveva prodotto il bel Debitocracy.

Si guarda trattenendo il fiato, perché racconta l'escalation del sistema neoliberista delle privatizzazioni e liberalizzazioni a partire dal 1992, con la distruzione e svendita del sistema produttivo russo che ha causato persino milioni di morti per fame. Il film prosegue col racconto di ciò che accadde in Germania Est: che non è stata "salvata" e riportata alla civiltà, come vuole la favoletta che ci raccontano, ma spogliata e depredata anch'essa. Più di 2 milioni di disoccupati, crollo del 30% del PIL e soprattutto chiusura forzata delle aziende più competitive e produttive per evitare la concorrenza con le aziende occidentali. Che bella "competitività".

Ma si arriva rapidamente ai giorni nostri e alla crisi del debito, occasione imperdibile per rapinare la Grecia (e gli altri PIGS) e liquidarla definitivamente. Dalle ferrovie all'acqua, incluso il referendum italiano (dal minuto 55.30), si scopre come all'Unione Europea non interessi per nulla né la volontà popolare né la Costituzione, e continui a premere per la privatizzazione delle risorse idriche ricattandoci col debito, mentre i funzionari di Suez e Veolia sono al contempo dirigenti del FMI; e poi l'energia elettrica, che in Grecia ha portato solo al raddoppio delle bollette e all'aumento dei morti sul lavoro, senza alcun miglioramento del servizio.

Il documentario, a cui partecipano nomi illustri quali Naomi Klein e Luis Sepulveda, fa capire chiaro e tondo che la crisi finanziaria è nient'altro che un nuovo passo della shock economy. La spoliazione ultima dei Paesi ex democratici ("la democrazia è ormai solo un gioco", si dice apertamente) è ormai pianificata, anche con l'aiuto della stampa -più corrotta e serva dei politici stessi-, e difficilmente la scamperemo. Non rimarrà più nulla di nostro, di tutto quello che abbiamo pagato e mantenuto per generazioni.

Gli uccellacci volano in cerchio su Atene, e su tutta l'Europa.

domenica 17 giugno 2012

Monti svende l’Italia per tutelare gli interessi delle banche d’affari e delle multinazionali


L’avevamo detto sin da subito: Monti tutelerà gli interessi di chi l’ha voluto al governo di uno stato, ovvero le banche d’affari e le multinazionali. È un dato di fatto ed è inutile prenderci in giro o far finta di non vedere. Monti è l’uomo delle banche, membro della Trilaterale, del gruppo Bildeberg, proviene dalla Goldman Sachs, presidente di Università privata che sforna manager per multinazionali, il figlio lavora alla Morgan & Stanley con la quale lo stato italiano lo scorso 3 Gennaio ha negoziato la chiusura di un contratto di strumenti finanziari derivati pari a 2.567 milioni di euro, più o meno i soldi risparmiati, per il 2012 dalla riforma delle pensioni.

Questo punto merita di essere spiegato meglio: la riforma delle pensioni, ovvero obbligare le persone a lavorare 5 anni in più, ha fruttato all’erario, nel 2012, circa 3 miliardi di euro, più o meno la somma data ad una banca d’affari dove lavora il figlio del primo ministro. Certo quei soldi erano dovuti, ma si potevano rateizzare e soprattutto si poteva dare la precedenza a tutte le piccole e medieimprese italiane che vantano crediti con l’erario. Invece al primo posto ci sono le banche, così giusto per ricordare con chi abbiamo a che fare. Insomma cose dette e ridette. Io, ed altri commentatori molto più autorevoli di me, scrivevamo già a Novembre: il compito di Monti sarà quello di tartassare i cittadini e poi privatizzare i gioielli di famiglia.

Lo dico in maniera brutale: il compito di Monti era ed è quello di svendere i beni immobiliari, di privatizzare i servizi sociali, aumentare l’età pensionabile, ridurre i diritti dei lavoratori, privatizzare le aziende di stato e sostituire il pubblico con il privato facendo arricchire i pochi ed impoverendo i più. Insomma, per essere ancora più espliciti: Monti è stato nominato con un golpe finanziario per svendere l’Italia e saccheggiare le sue ricchezze. E ci sta riuscendo. Così in questi giorni, da Berlino dove ha ricevuto il premio “Responsible Leadership Award”, ha annunciato: “Stiamo preparando la cessione di una quota dell’attivo del settore pubblico, sia immobiliare che mobiliare, anche del settore locale”. È il vecchio gioco del debito e della privatizzazione, dello strozzino che costringe l’indebitato e svendere tutto. Già nel XVIII secolo John Adams (1735-1826) sosteneva: “ci sono due modi per conquistare e schiavizzare una nazione. Una è con la spada, l’altra è con i debiti”.

Monti è stato nominato dagli strozzini dello stato italiano, le banche d’affari, per (s)vendere il patrimonio immobiliare, privatizzare i servizi e (s)vendere le aziende attive. E ci sta riuscendo con la complicità della sua eterogenea maggioranza e dei principali media italiani, in particolare RCS (in passato è stato nel consiglio di amministrazione della Rizzoli), De Benedetti (è stato nel CdA della Aedes controllata ora da De Benedetti) e il gruppo Telecom-La 7 (Bernabè, Amministratore delegato di Telecom ha partecipato sia nel 2012 e sia nel 2011 assieme a Mario Monti alla riunione del gruppo Bildeberg, gruppo del quale fa parte anche la Bonino e da qui l’appoggio di La 7 e di Lilli Gruber in particolare, anche lei presente nel 2012, alla candidatura della Bonino come presidente della Repubblica nel 2013).

Venderà dunque: ma a chi? Chi potrà permettersi di acquistare i beni? Elementare Watson: chi, se non chi ha i soldi o vanta crediti nei confronti dell’erario, ovvero le banche? Il gioco è molto semplice: si fa indebitare lo stato, concedendo prestiti che si sa non può permettersi di onorare, dopodiché si chiede ai cittadini di pagare con l’introduzione di nuove tasse (vedi IMU) o aumentando l’età pensionabile (vedi riforma Fornero); poi quando il paese è alla disperazione ed altre tasse sono impensabili si svende il patrimonio immobiliare e poi, alla fine, si svendono le aziende di stato (quelle produttive, si intende, in particolare ENI e ENEL e non è un caso che entrambi gli amministratori delegati abbiano partecipato al meeting del gruppo Bildeberg). Monti fa il loro gioco: svende. D’altronde è stato nominato per questo. Non deve rispondere agli elettori che mai si sono pronunciati, ma alle banche. Comunque svendere non basterà. Si parla già, tra le altre cose, di introdurre il ticket sui ricoveri: da 10 a 100 euro. Il primo passo verso la privatizzazione della sanità. E sarà un crescendo: meno diritti, meno servizi sociali, più povertà e disuguaglianza sociale.

E se non ce la dovesse fare neanche così? Beh allora l’Italia chiederà prestiti al fondo "salva stati". Come ha fatto la Spagna in questi giorni, dove le banche, dopo aver eseguito azioni di recupero su 320.000 famiglie togliendo loro, senza tanta eleganza, la casa e lasciandoli in strada, hanno ottenuto un prestito. 100 miliardi di euro (una cifra mostruosa) dati alle banche senza che le banche restituiscano le case agli spagnoli. Cittadini scippati due volte. Ma da dove arrivano questi soldi e come li ripagheranno? I soldi arrivano dal fondo salva stati dove sinora l’Italia ha messo 48,2 miliardi di euro (provenienti dalle nostre tasche) e dovrà versare altre tre rate entro la metà del 2014. In altri termini noi ci indebitiamo per aiutare gli altri, ma così facendo, come in un grande gioco perverso, anche noi avremo bisogno di aiuti e questo esporrà gli altri stati e così via. Parliamo di numeri: secondo i dati forniti lo scorso 31 maggio dalla Banca d’Italia, nel 2011 sono stati erogati prestiti per 110 miliardi di cui 74,9 da parte di Paesi (compresa l’Italia) e istituzioni finanziarie europee e 35,1 da parte del Fondo Monetario Internazionale: per la precisione 41,5 a favore della Grecia, 34,5 a all’Irlanda e 34 al Portogallo. Nel 2012 il prestito sarà ancora maggiore, visti i 100 miliardi dati alle banche spagnole.

Come ripagheremo? Semplice: svendendo i gioielli di stato e privatizzando i servizi sociali, dalla sanità all'istruzione. 

Nel frattempo, mentre gli stati si indebitano, la finanza internazionale fa affari d’oro. Tra i tanti, cito solo un caso: lo scorso 15 maggio, un solo investitore, tale Kenneth Dart, ha incassato 400 milioni (più o meno lo stipendio mensile di circa 400mila operai) dalla Grecia, ovvero uno Stato che non ha più soldi per pagare gli stipendi. Uno Stato dove, secondo l'Unicef, ci sono 400mila bambini sottonutriti. C’è da aggiungere che quei soldi, manco a dirlo, sono esentasse, perché l’investitore è un esiliato fiscale dagli Stati Uniti alle Cayman. La legge internazionale, che tutela gli strozzini e non gli strozzati, glielo permette. Così, morale della favola, mentre il signor Kenneth Dart se ne sta nel suo yacht da 70 metri senza pagare tasse, gli stati, governati da persone che provengono da quel mondo, si indebitano con loro e per onorare i debiti e pagare i loro yacht introducono l’IMU, privatizzano beni e servizi, ci mandano in pensione 5 anni dopo e, come nel caso degli esodati, lasciano senza stipendio e pensione centinaia di migliaia di persone. Ora chiediamoci: di chi fa gli interessi Prof. Monti: di persone come Kenneth Dart o dei 390 mila esodati senza stipendio e pensione? Delle banche o dei cittadini?

di Massimo Ragnedda

Fonte: http://notizie.tiscali.it/socialnews/Ragnedda/3657/articoli/Monti-svende-l-Italia-per-tutelere-gli-interessi-delle-banche-d-affari-e-delle-multinazionali.html

Tratto da: http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/8388-monti-svende-litalia-per-tutelare-banche.html

mercoledì 13 giugno 2012

Autolesionismo di Stato


L’Italia è un Paese piuttosto peculiare. Ad un personaggio come Enrico Mattei vengono intitolate scuole, vie e palazzi pubblici, vengono celebrate le sue idee profondamente innovative in ambito politico e il suo ruolo di infaticabile sostenitore dell’autonomia energetica e strategica italiana. Per condurre in maniera efficace le proprie battaglie e per portare avanti i propri progetti operativi, egli dovette tuttavia fronteggiare le dure regole che vigono in ambito internazionale, dove la concorrenza si combatte obbligatoriamente a suon di colpi sotto la cintola e la corruzione diviene uno dei pochi strumenti adeguati a ridefinire i consolidati rapporti di forza internazionali. E’ noto, infatti, che l’inadeguata, clientelare ed inefficiente classe dirigente italiana subordinò la copertura politica ai progetti escogitati dal geniale manovratore dell’ENI al versamento della consueta “quota” a partiti di governo ed opposizione. Così, Mattei dovette attivare un flusso di denaro verso DC, PSI, PCI, MSI e a pressoché tutte le residue forze politiche italiane per ottenere mano libera nell’implementazione dei piani strategici finalizzati a garantire autonomia energetica all’Italia. Il circuito chiuso di corruzione, fondato sulle tangenti, permise a Mattei di intessere una fitta rete diplomatica che, nel corso di pochi anni, intaccò l’indiscutibilità del consolidato modus operandi delle cosiddette “sette sorelle” – che secondo il parere interessatissimo di Indro Montanelli non sarebbero «nemmeno cugine» – le quali disponevano del potere sufficiente per imporre i propri diktat ai Paesi ricchi di risorse energetiche, accumulando enormi profitti. Mattei non esitò a ricorrere massicciamente alla corruzione per raggiungere i propri obiettivi, “comprando” la benevolenza dei leader politici dei Paesi “detentori” (allora non erano ancora classificabili come “produttori”) di idrocarburi per strappare contratti ed accordi vantaggiosi per entrambe le parti.

I successi capitalizzati dall’ENI sotto l’abile guida di Enrico Mattei costituiscono quindi un utile precedente storico, capace di illustrare con estrema chiarezza il genere di contesto in cui si svolgono le trattative energetiche e di indicare i metodi operativi adeguati a raggiungere i fondamentali obiettivi strategici finali. La peculiarità dell’Italia consiste proprio nella prassi generalmente adottata da tutte le istituzioni nazionali, che celebrano all’unisono la memoria del grande timoniere dell’ENI ma osteggiano con desolante ostinazione qualsiasi manovra operativa impostata dalle residue aziende strategiche nazionali. A maggio, i Pubblici Ministeri della procura di Milano richiesero al Tribunale lombardo di commissariare la divisione operativa dell’ENI in Kazakistan o, in alternativa, di impedirle di proseguire i negoziati relativi ai contratti di sfruttamento del più grande giacimento petrolifero kazako degli ultimi 30 anni. La ragione che ha portato la procura ad avanzare tale richiesta consisterebbe in un giro di tangenti pari a circa 20 milioni di dollari che l’ENI avrebbe versato a Timur Kulibayev, presidente dell’azienda petrolifera statale e del fondo sovrano Samruk-Kazyna, nonché genero del presidente Nursultan Nazarbaev. L’ENI viene quindi indagata come persona giuridica per corruzione internazionale, come se i metodi operativi attraverso cui si conducono questo genere di trattative si basassero su presupposti diversi.

All’attenzione dei giudici è finito anche l’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, indagato per corruzione internazionale e riciclaggio dalla Procura di Napoli sulla base delle “incongruenze” emerse dall’analisi del contratto di vendita di 12 elicotteri al governo indiano da parte di Agusta Westland nel 2010. Secondo l’accusa la capitalizzazione dell’affare sarebbe stata “viziata” dal versamento di tangenti ad alcuni esponenti politici indiani e ai partiti italiani (Lega Nord in primis).

Le procure di Milano e di Napoli rischiano di spezzare o quantomeno di intaccare l’integrità di due fondamentali alleanze strategiche in nome di una utopica ed inesistente idea di “legalità internazionale”, spalancando definitivamente le porte a centri strategici antagonisti dell’Italia, rispetto ai quali la connivenza da parte degli organi deputati al controllo delle loro attività operative è (ovviamente) totale. Che le aziende strategiche italiane si trovino sotto il fuoco incrociato delle principali procure nazionali significa inconfutabilmente che la prassi autolesionistica adottata dalle istituzioni statali rappresenta una fase avanzata del processo di indebolimento dell’Italia, in merito al quale l’economista Bruno Amoroso ha espressamente affermato che «si sta ripetendo quello che accadde nell`immediato dopoguerra con l’ENI e l’Olivetti. Il carattere “sensibile” dei loro settori di attività (petrolio e informatica) per l’industria militare e i rapporti di potenza con altri paesi (Unione Sovietica) provocò come noto la morte di entrambi e il passaggio di quelle attività sotto il controllo degli Stati Uniti […]. Con la globalizzazione, e il formarsi dei nuovi poteri finanziari e militari, l’impresa pubblica fu liquidata, sia nella sua componente industriale sia in quella bancaria. Autori di quella operazione di “privatizzazione” furono i soliti noti (Draghi, Monti, Prodi, Ciampi, Amato, ecc.)».