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domenica 15 luglio 2012

Moody’s tira la volata all’amico Monti


La speculazione anglo-americana torna all’attacco contro i nostri titoli di Stato decennali (i Btp) e di riflesso contro l’euro.
L’agenzia di rating Usa, Moody’s, già famosa per aver garantito nel 2007 della solidità patrimoniale e finanziaria della banca d’affari statunitense, Lehman Brothers, poi fallita a causa delle proprie speculazioni, ha abbassato di due gradini, da A3 a Baa2 la valutazione sulla solvibilità futura dei Btp, quindi del nostro Paese.
Nere anche le prospettive della nostra economia che nel breve termine appaiono deteriorate.
Oltretutto, insiste Moody’s, è possibile un contagio che partendo dalla crisi del debito della Spagna e della Grecia si estenda anche all’Italia.

Una maniera elegante per ammettere che oltre Atlantico (e oltre Manica) si auspica un crollo dell’euro che per gli anglofoni rappresenta comunque una seria alternativa al dollaro (e alla sterlina) come moneta di riferimento da utilizzare nelle transazioni internazionali.

Quanto mai interessanti o inquietanti le giustificazioni del primo produttore di numeri a caso. Le riforme varate dal governo italiano, dice Moody’s, della quale Monti è stato consulente (!), vanno bene ma ci sono timori per il nuovo esecutivo che nascerà dalle elezioni politiche dell’anno prossimo. Chi sarà il nuovo capo del governo? Moody’s appare preoccupata dell’assenza di una figura politica in grado di imporre agli italiani la durissima politica di austerità di cui l’Italia avrebbe (?) bisogno. Già adesso sindacati e gli stessi politici frenano sull’attuazione delle riforme appena approvate e di quelle che si annunciano. In vista delle elezioni, insiste Moody’s, i partiti temono infatti di perdere i loro tradizionali serbatoi di voti ed essere ulteriormente penalizzati dai venti dell’anti politica. Nessuno, lamenta Moody’s, mostra il necessario coraggio per sostenere il programma di riforme. Questo, concede la società di rating, dipende anche da altri fattori come il peggioramento dell’economia, la recessione con un Pil in calo quest’anno del 2,4%, l’effetto delle riforme e il peso dell’austerità sulla popolazione italiana. Un gentile eufemismo per definire la crescente povertà nel nostro Paese e la progressiva proletarizzazione del ceto medio.

Eppure, osserva Moody’s, il programma di riforme ha davvero le potenzialità per migliorare notevolmente la crescita e le prospettive di bilancio. Una potenzialità che, per ora, è stata vanificata dalla recessione in corso. Di conseguenza raggiungere gli obiettivi di risanamento dei conti resta una enorme sfida, e il pareggio di bilancio fissato per la fine di quest’anno, dovrà slittare di due anni. Conseguenza logica di tutto questo ragionamento e del declassamento dei Btp, anche se Moody’s non la esplicita, è che Monti debba restare al governo fino alle elezioni del 2013 e poi candidarsi alla guida di una coalizione di impronta liberale che intruppi tutti gli esponenti della peggiore canaglia liberista, pronti a liquidare la sovranità italiana attraverso la svendita delle nostre aziende ancora a controllo pubblico, come Eni, Enel e Finmeccanica.

Non è un caso che, giorni fa, Monti aveva parlato del durissimo percorso di guerra che attende l’Italia. E non è un caso che la tirata di Moody’s sia arrivata il giorno dopo la dichiarazione ufficiale di Silvio Berlusconi di scendere in ogni caso in campo alle prossime politiche e di volersi candidare a capo del governo. Lo stesso Berlusconi del quale Monti, sempre pochi giorni fa, aveva ricordato, tra il polemico e l’ironico, che era stato “umiliato” al vertice di Nizza del G20 nel 2011. Questo con me, voleva dire Monti, non è successo né succederà. E allora, se pure il Professore ha dichiarato di non volersi candidare alle elezioni del 2013, è lecito sospettare che sia tutto il contrario e che, come già avevamo detto, il disegno di Monti sia quello di essere chiamato a salvare il Paese in nome dell’interesse nazionale e a rimanere a Palazzo Chigi finché i conti pubblici siano stati messi a posto, l’economia sia tornata a crescere. E soprattutto, fino a quando le aziende pubbliche siano state svendute.

Insomma, lontano dal doverlo considerare un attacco a Monti, quello di Moody’s è invece un vero e proprio sostegno ad una candidatura dell’ex consulente di Goldman Sachs (pure questa!) alla guida del governo per il dopo elezioni.
Il giudizio di Moody's è ingiustificato e fuorviante, ha osservato il ministro dello Sviluppo economico, l’ex banchiere Corrado Passera, mentre le Borse lo hanno pressoché ignorato. Il Tesoro ha infatti collocato titoli a 3 anni per 3,5 miliardi di euro i cui rendimenti sono scesi dal 5,30% di giugno al 4,65%. Pure i rendimenti dei Btp decennali che in apertura avevano risentito negativamente delle valutazioni di Moody’s, hanno finito poi per calare a livelli più accettabili.

Seccato pure il commento del commissario agli Affari economici e monetari Olli Rehn, in quanto “l’Italia ha fatto sforzi senza precedenti per le riforme, per arrivare al pareggio di bilancio e per avviare la riduzione del debito pubblico”. Si tratta quindi, ha accusato Bruxelles, di “un giudizio inappropriato nei tempi”. Una maniera elegante per dire che si tratte di valutazioni non legate alla realtà e politicamente mirate a perseguire altri scopi che la Commissione non se la sente però di esplicitare.

Da parte sua, Monti ha giocato ieri in casa, intervenendo, da invitato, a Sun Valley, nell’Idaho, alla trentesima edizione del convegno di Allen & Co, una banca d’affari di Wall Street. Tra finanzieri vari e dirigenti di società come Facebook, Microsoft e Apple, Monti ha cercato di rassicurare i presenti dell’Allen Club (di cui si dice faccia parte) sulle sue buone intenzioni di distruggere lo Stato sociale in Italia, varare le privatizzazioni, rendere il lavoro sempre più precario e flessibile e attrarre in tal modo gli investimenti esteri.


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