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mercoledì 14 settembre 2011

L'ORO BLU SOTTO LA SABBIA LIBICA FA GOLA ALLE MULTINAZIONALI


Il Cnt, il Consiglio nazionale transitorio libico si appresta a trasferirsi a Tripoli. Nella capitale tutto scarseggia. Moltissimi non hanno cibo e nemmeno più un tetto, l’acqua è diventata più preziosa del petrolio tanto che ormai costa più della benzina. Ed è la sete in un paese dove la temperatura raggiunge i 40 gradi, l’emblema dell’emergenza umanitaria che tormenta la Libia dopo sette mesi di guerra. Ma parra strano in un paese ricoperto di sabbia, l’acqua non scarseggia, anzi sotto le dune del Sahara si trova la riserva più grande del mondo tanto da spingere qualcuno a suggerire che non solo petrolio, uranio e gas sono il “premio” che gli alleati occidentali cercano in Libia.

E’ passata quasi in secondo piano, ma il mare di acqua dolce esteso quanto la Germania a soli 100 metri di profondità in terra libica, equivale ad un tesoro, non solo materiale ma anche politico in una regione dove l’acqua significa vita e sviluppo sia per la produzione agricola locale sia per l’esportazione in altre nazioni africane.

Si tratta del progetto GMMR (Great Man made River) mirato a portare l’acqua fossile dalla profondità del Sahara alla costa del Mediterraneo. Gheddafi aveva cominciato a costruirlo con ingegneri cinesi finanziandolo di tasca propria, senza cioè servirsi degli onerosi prestiti della Banca Mondiale ma anzi investendo generosamente nella Banca Africana e dando così un pessimo esempio per l’intero globo.

Il tutto ha avuto inizio negli anni ’50, quando a caccia di petrolio, i libici scoprirono che nella parte meridionale del paese c’erano grandi quantità d’ acqua sotterranea. Si tratta del cosiddetto Nubian Sandstone Aquifer System, una riserva accumulatasi in milioni di anni che oggi si estende tra Libia, Egitto, Chad e Sudan per una superficie complessiva di 2 milioni di chilometri quadrati. Una volta preso il potere Gheddafi capì che quella era una risorsa molto più preziosa del petrolio e diede il via al grande progetto: costruire una grande rete di canali per portare l’acqua del Sahara, a Tripoli, Bengasi e nei centri lungo la costa Mediterranea dove vive il 70% della popolazione libica. Il progetto, venne definito da Gheddafi, ma non solo, “l’ottava meraviglia del mondo” ed è costato ad oggi 25 miliardi di dollari, prevede di scavare migliaia di pozzi a 500 metri di profondità e mettere insieme 5mila chilometri di condutture dal diametro di 4 metri, capaci di veicolare sino a 6 milioni di metri cubi d’acqua al giorno. Cosa di non poco conto se si considera che l’accesso all’acqua è stata per il governo libico fino a poco tempo fa considerato un diritto umano, per cui gratuito. Stando alle stime di consumo d’acqua calcolate nel 2007, la riserva dovrebbe bastare per dare da bere ai libici per altri 1000 anni.

Per realizzare tutto questo, i lavori di costruzione sono stati appaltati a molte aziende straniere. Stati Uniti, Corea, Turchia, Gran Bretagna, Giappone, Cina e Germania hanno dei contratti per ciascuna fase, e alcuni hanno lavorato per decenni in Libia. Dal momento che gli attacchi aerei della Nato sulla Libia hanno avuto inizio nel mese di marzo, la maggior parte dei cittadini stranieri sono tornati a casa, compresi quelli impiegati sul sistema idro.

Il progetto ha avuto riconoscimenti a livello internazionale tanto che l’Unesco nel 1999 ha accettato l’offerta della Libia di finanziare un premio che porta il suo nome, il Grande Man-Made River International Water Prize, il cui scopo è quello di premiare “il lavoro scientifico di ricerca sul consumo d’acqua nelle zone aride”. Gheddafi è stato spesso ridicolizzato in Occidente per sua la perseveranza nel perseguire un progetto così ambizioso. Termini come “un’utopia”, “progetto domestico e di vanità” sono spesso stati usati in Gran Bretagna e Usa dai media per descrivere gli sforzi nel portare a termine questa opera. Ma la verità è che si tratta di un sistema di condutture idriche di livello mondiale, e che spesso è stato visitato da ingegneri e progettisti stranieri che vogliono imparare dalla competenza libica dell’idro-ingegneria.

Il 22 luglio di quest’anno gli attacchi Nato che dovevano avere come scopo quello di proteggere i civili hanno colpito delle condutture d’acqua del GMMR. Per non sbagliare, sempre la Nato, ha pensato bene di colpire anche la fabbrica vicino Brega che produceva i tubi necessari a ripararle. Nel bombardamento sono rimaste uccise anche sei guardie. Inoltre gli attacchi aerei hanno colpito numerosi centri che fornivano energia elettrica, questo significa che le stazioni di pompaggio dell’acqua non operano più anche se le tubazioni sono integre. Questo spiega bene le ragioni della sete di Tripoli. (A proposito, attaccare essenziali infrastrutture civili è un crimine di guerra).

Oggi la fase finale del “Progetto Grande Fiume artificiale” è in stallo, ma siamo pronti a scommettere che ben presto qualche multinazionale, magari francese, si farà carico di portare a compimento l’opera.

di Simonetta Cossu (LibyanFreePress)

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