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martedì 10 maggio 2011

Mosca e Pechino contro il Gruppo di contatto sulla Libia


Altre 3 o 4 settimane, così ha affermato Frattini parlando dell’azione Nato in Libia alla riunione del Gruppo di contato tenutasi giovedì a Roma. Quindi Gheddafi avrebbe i giorni contati, le bombe che hanno ucciso suo figlio e i suoi tre nipotini erano senza ombra di dubbio destinate a lui e prima o poi centreranno il bersaglio. Londra lo aveva detto: la catena di comando delle operazioni lealiste in Libia è un obiettivo legittimo dei raid. E dopotutto quella di eliminare Gheddafi è la pressante richiesta dei ribelli, che spingono per entrare vittoriosi a Tripoli. A poco servono le precisazioni italo-francesi sul fatto che l’eliminazione del leader libico non sarebbe in agenda, è una cortina di fumo che si diraderà non appena avranno lo scalpo del nemico.

Intanto i rivoltosi possono contare su un bel gruzzolo, oltre all’addestramento da parte esperti militari e alle forniture di armi (per la difesa, dice Frattini…). Il fondo speciale per aiutare gli insorti libici deciso giovedì a Roma prevede l’utilizzo dei fondi libici congelati con la prima risoluzione contro il regime di Muammar Gheddafi. Un atto paragonabile alla “pirateria in alto mare” ha commentato venerdì Tripoli. Il viceministro degli Esteri libico, Khaled Kaim, ha infatti sottolineato che “la Libia è sempre, secondo il diritto internazionale, uno stato sovrano e qualsiasi utilizzo dei suoi fondi congelati” è un atto illegale. Riferendosi poi al Gruppo di contatto, il ministro libico ha affermato: “Noi non lo consideriamo come un’entità”. Perplessità sui poteri e le pretese di questo consesso internazionale sono state espresse venerdì anche da Mosca e Pechino, che si sono dette “estremamente preoccupate” per l’evolversi della situazione del Paese nordafricano. Al termine di un incontro con il suo omologo cinese Yang Jiechi, il ministro russo degli Affari esteri Sergej Lavrov ha criticato l’intenzione che secondo lui avrebbe il Gruppo di contatto sulla Libia, al quale non partecipano né Russia né Cina, di monopolizzare le decisioni internazionali e di estendere la sua competenza ad altre crisi della regione.

“Questa struttura, che si è autoproclamata, tenta sempre più di attribuirsi un ruolo principale nella determinazione della politica della Comunità internazionale riguardo alla Libia, e non soltanto della Libia”, ha dichiarato Lavrov rincarando la dose: “Ci sono voci secondo le quali questa stessa struttura ha deciso di fare altrettanto per altri Paesi della regione”. Il riferimento è sicuramente all’atteggiamento mostrato da Parigi, Roma e Washington verso la Siria, per la quale si starebbero preparando delle sanzioni. Il capo della diplomazia russa ha voluto quindi sottolineare come “il solo Consiglio di Sicurezza possa esercitare un controllo politico sull’applicazione delle sue risoluzioni”, interpretate invece in maniera molto elastica dai “volenterosi”, che si sono apertamente schierati in appoggio di una delle parti di quella che è una guerra civile. “Abbiamo deciso di coordinare i nostri sforzi per permettere la stabilizzazione della situazione e impedire sviluppi incontrollabili”, ha continuato Lavrov, sottolineando che “ogni popolo deve determinare esso stesso il suo destino, senza ingerenze”. “La nostra convinzione è che l’obiettivo più importante è ottenere una tregua immediata”, ha dichiarato da parte sua il collega cinese Yang Jiechi, sottolineando che Pechino “si pronuncia sempre contro il ricorso alla forza nelle relazioni internazionali”.

di Alessia Lai

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