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giovedì 19 maggio 2011

La "post-Europa" di Visegrad. Polacchi cechi ungheresi e slovacchi avranno un esercito in comune


L'avanzata delle nuove destre nazionaliste, la Danimarca che decide di uscire dal Trattato di Schengen, i malumori dei 'grandi' costretti a salvare le economie dei 'piccoli', le divisioni emerse durante la guerra in Libia, dimostrano una sola cosa: l'Unione Europea sta attraversando un momento di grave crisi politica, economica, identitaria, e con essa anche le organizzazioni multilaterali, come la NATO, che un tempo cementavano tra loro più stati, uniti da valori e interessi comuni. Ne è una prova la riunione del "Gruppo di Visegrad" (V4) avvenuta il 12 maggio scorso, quando i membri di questa libera alleanza, composta da Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia, hanno deciso di dare vita a un "battle group" (unità di fanteria e carri armati, ma anche training e scambio di informazioni e tecnologie), in barba a tutti quelli che ancora sognano un esercito comune europeo.

Il "Gruppo di Visegrad" è nato all'inizio degli anni Novanta quando questi quattro stati (all'epoca tre, prima della separazione fra Repubblica Ceca e Slovacchia), caduto il Muro di Berlino e mentre crollava l'Unione Sovietica, decisero di accordarsi per accelerare le riforme politiche e il passaggio a una economia di mercato. L'idea funzionava, ma un po' le rivalità, un po' l'ansia di sfruttare l'allargamento deciso da Bruxelles, e infine la voglia di essere sotto il cappello atlantico, hanno rallentato il progetto del V4, nell'illusione che la Russia sarebbe rimasta relegata al ruolo di potenza di 'serie B' dopo la fine del comunismo.

Le cose sono andate diversamente. In poco tempo, Mosca è tornata ad affacciarsi nel suo ex cortile di casa, ma stavolta, per riegemonizzare le sue aree di infuenza, invece della forza militare ha scelto l'arma del gas. Invadendo la Georgia, Putin ha lanciato un messaggio chiarissimo ai suoi vicini: state attenti perché siamo tornati in campo e con noi non si scherza. Nel frattempo, ma siamo già in tempi più recenti, la crisi economica del 2008 ha messo in ginocchio l'Europa; la Germania a un certo punto si è stancata di fare il 'motore' dell'Unione e ha giustamente chiesto a Bruxelles misure drastiche per il salvataggio degli stati in default. Berlino ha iniziato anche una spregiudicata partita di riavvicinamento con il Cremlino, che si può riassumere nell'accordo sul gasdotto North-Stream, come pure nella neutralità tedesca verso il conflitto libico.

A questo punto i V4 si saranno chiesti che ci siamo entrati a fare in una Unione come questa? Cosa ci stiamo a fare in una entità divisa, senza valori, che non è riuscita a darsi una Costituzione comune, che si basa su una melliflua ma costosa tecnocrazia e persegue una capziosa politica 'eurabica' sotto le mentite spoglie del multiculturalismo e del politicamente corretto? Che fine hanno fatto i nostri amici americani, che dopo aver sconfitto i comunisti si sono concentrati testardamente sul mondo islamico? Che tipo di NATO è quella che in dieci anni, dall'Afghanistan alla Libia, ha 'tradito' il suo teatro d'azione originario, facendo passare in secondo ordine l'Europa Orientale? Che ne è dell'argine che durante la Guerra Fredda impediva ai russi di sconfinare?

Ecco perché il V4 si è riunito di nuovo, e dopo le titubanze e i rallentamenti (ma non ripensamenti) degli anni scorsi, ha deciso di farsi un esercito in comune, favorendo anche una maggiore integrazione dal punto di vista giudiziario. Il premier Putin ha subito preso un volo diretto in Slovacchia (l'ultima arrivata e il tallone d'achille del V4), per promettere nuovi scambi commerciali e tanta energia a buon mercato. Dopo l'accordo militare, dunque, il Gruppo di Visegrad ha di fronte a sé due scenari: il primo è di continuare ad essere un'alleanza libera da troppi impegni, che pur essendo costituita da stati e popoli che affondano in una tradizione storico-culturale comune alterna fasi di estasi ad altre di stasi, in base alle criticità geopolitiche del momento; oppure, il secondo scenario, che il v4 sia destinato a rafforzarsi, cementando l'intesa grazie al comune sentire anti-russo, e diventando un concorrente del 'motore' tedesco e degli altri 'grandi' europei.

Per riuscirci, come scrive Stratfor, "la chiave è la Polonia". Il Paese che vale, da solo, quanto gli altri tre soci messi insieme. Che cresce con un robusto tasso di sviluppo, una arrembante economia che ha scoperto l'ebrezza (e le batoste) del libero mercato. E che soprattutto, se veniamo al v4, permetterebbe una saldatura tra il blocco centro-europeo con quello nord-europeo, baltico e scandinavo. A quel punto davvero l'Unione Europea, Schengen, i piani di salvataggio per i Paesi in difficoltà, le guerre contro i lontani dittatori africani e afghani, diventerebbero un peso, accelerando i processi disgregativi della Ue. L'alleanza con gli Usa, naturalmente, per i v4 resterebbe intatta. Forse ne uscirebbe rafforzata. E questa volta sarebbe Mosca a essere insidiata: alla riunione del V4 in cui si è deciso di creare il battle group ha partecipato anche l'Ucraina (già si parla già di "4+1").

La Polonia è la chiave, ma Varsavia deve scegliere. Mettersi definitivamente alla guida degli "ultimi", gli europei orientali e dei Balcani, per guidare la riscossa contro il grigiore occidentale di Bruxelles e contenere Mosca, oppure diventare una dei 'primi', entrare nel club dei membri fondatori, sedendo, contemporaneamente, nel salotto buono della NATO. Sempre che l'Europa e l'Alleanza Atlantica esistano ancora.

Tratto da: http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=32022&Itemid=28

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