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sabato 28 maggio 2011

1945 – 1998: il nucleare che nessun referendum ha fermato


Tra il 1945 e il 1998 USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina hanno condotto test nucleari per un numero pari a 2053.

In testa alla classifica delle esplosioni nucleari troviamo gli Usa con 1032, seguono poi URSS con 715, Francia con 210, Gran Bretagna e Cina appaiate a 45.

[1] I test avvennero in cima a torri, su chiatte, sospesi a palloni aerostatici, sganciati da aerei, lanciati da razzi fino alla quota di 480 chilometri sulla superficie terrestre; sott’acqua a 60 metri di profondità; in pozzi e sotto terra, fino a più di 240 metri sotto il suolo e in tunnel orizzontali. Circa il 25% dei test fu realizzato nell’atmosfera. I 511 test atmosferici raggiunsero una potenza totale di 438 megatoni, pari a 29.000 bombe come quelle di Hiroshima. Più di metà del valore complessivo dei megatoni fu concentrato in un periodo di sedici mesi, da settembre 1961 al dicembre 1962.[..]

Alla fine del 1958, gli esperimenti nucleari avevano prodotto sul pianeta circa 65 chili di stronzio 90, con una radioattività totale di 8,5 milioni di curie; la radioattività del cesio 137 alla stessa epoca ammontava a 15 milioni di curie. Il fall out degli esperimenti americani e britannici, di grande potenza e, tutti senza eccezione, in località nei pressi dell’equatore si sono distribuiti uniformemente sopra l’intero globo. Tra il 1952 ed il 1957, gli USA eseguirono 90 test nel poligono nucleare del deserto del Nevada. Quelle esplosioni rilasciarono una quantità di iodio 131 superiore di dieci volte a quella che si sprigionò dalla centrale di Cernobyl. Gli stessi test esposero mediamente ogni cittadino statunitense ad una radiazione pari a 2 rad; sono solo 0,24 rad annuali quelli provenienti dalla radioattività naturale. Alcuni medici hanno calcolato che circa 10.000 tumori alla tiroide saranno causati da questa pioggia contaminante invisibile.

Le esplosioni nucleari diffondono nell’aria atomi di plutonio 239 ed uranio 235, due materie che sono la cosa terrena più vicina alla dannazione eterna. Il plutonio è centomila volte più velenoso del cianuro di potassio, un solo grammo disperso nell’ambiente spegne ogni forma di vita in un’area di 500 metri quadri; un milionesimo di grammo uccide un uomo. I periodi di dimezzamento del plutonio 239 e dell’uranio 235 sono rispettivamente di 24.400 anni e 720 milioni di anni: il più breve di questi tempi supera abbondantemente tutta la durata della civiltà umana, dalle sue origini pi` remote ad oggi. La bomba H presenta un nuovo pericolo; produce importanti quantità di carbonio 14. I neutroni liberati al momento dell’esplosione bombardano l’azoto dell’aria, esattamente come le radiazioni cosmiche, formando carbonio 14. Fra 5.600 anni, ci sarà ancora sulla terra la metà del carbonio 14 prodotto dagli attuali esperimenti.

Due premi Nobel a confronto: Müller vs. Teller

In questo desolante panorama di demenza si levano ogni tanto voci, purtroppo isolate, che denunciano chiaramente tutta la micidiale pericolosità di esperimenti i quali in realtà non sono altro che simulacri di quella guerra che le superpotenze non potranno mai combattere senza sterminarsi a vicenda. Hermann Müller, premio Nobel 1946 per la medicina, ha reso noti per esempio senza mezze misure i gravissimi danni genetici causati dalle radiazioni provenienti dalle esplosioni sperimentali. Per questa sua decisa critica, il professor Müller ha dovuto affrontare la censura ed il sabotaggio da parte della Commissione per l’Energia Atomica (AEC), che gli vietò di presentare la sua relazione alla Conferenza di Ginevra per la pace (1955). Questi ostacoli però non gli hanno impedito di far conoscere al pubblico la verità sui test nucleari: “Qualsiasi dose di radiazioni è geneticamente indesiderabile -scriveva Müller in quegli anni – Gli esperimenti atomici in corso provocheranno certamente un danno alle generazioni future. Non solo: ogni radiazione assorbita aumenta le probabilità di un individuo di morire in anticipo sul termine assegnategli dalla Natura. In questo senso si può affermare che le esplosioni sperimentali hanno danneggiato sinora almeno trecentomila persone. La percentuale, se riferita a tutta la popolazione mondiale, è piccola, ma la cifra è enorme. Quanto al danno genetico, non è necessario pensare a mostri con due teste: è certo, però, che nei prossimi duemila anni nasceranno individui più deboli, meno longevi, affetti da deformità più o meno accentuate, da malattie in parte nuove. Riprendere gli esperimenti nucleari è equivalso a sparare a raffica alle generazioni future”.

Queste coraggiose ed oneste dichiarazioni venivano rilasciate nel periodo in cui il Servizio di Sanità Pubblica degli USA garantiva che il fall out era “nei limiti della sicurezza” ed Edward Teller amava ripetere che la ricaduta di pulviscolo radioattivo esponeva allo stesso danno biologico causato da una sigaretta fumata ogni due mesi.

Nel 1963, l’incalzante aumento della radioattività costrinse le potenze nucleari al trattato Limited Test Ban (LTBT) che proibiva le esplosioni sperimentali nell’atmosfera, negli oceani e nello spazio cosmico, limitandole al sottosuolo, per ridurre il danno planetario del fall out di scorie radioattive. Il trattato non serviva affatto a limitare l’uso delle armi nucleari, anzi ne incoraggiava la proliferazione con l’alibi che, sottoterra, le bombe non presentavano rischi per la popolazione. Tutta la faccenda era cosi grave; gestita dai politici e dai militari-scienziati, i quali potevano eludere le proteste della gente. Il LTBT fece scatenare una serie apocalittica di esplosioni sotterranee sempre più potenti e sempre più numerose. Fino al 1983, i test nucleari seguirono il ritmo forsennato di uno alla settimana. Nel solo 1968, gli USA eseguirono ben 55 esplosioni sotterranee, i russi 18.

[1] “Test Nucleari: giocare col plutonio” di Paolo Cortesi – FONTE

“1945- 1998” – video dell’ artista nipponico Isao Hashimoto.

Tratto da: Cori in Tempesta

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