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mercoledì 20 aprile 2011

IL TRAVAGLIATO TRAVAGLIO - LO STRANO CASO DI UN INFORMATORE DISINFORMATO


Qual è la differenza fra informazione e propaganda?

La prima non può ignorare il terreno storico, politico o economico su cui si incentra la notizia, mentre la seconda trae forza dall’ignorarlo. Infatti, scopo della propaganda è quello di attrarre l’attenzione su questioni particolari o su informazioni parziali, prive del nucleo che consentirebbe una vera comprensione. Più cresce l’ignoranza verso la Storia, la politica e l’economia e maggiore efficacia ci sarà nella propaganda.

Oggi molti confondono l’informazione con la propaganda, non avendo strumenti conoscitivi per distinguerle e riponendo la propria fiducia in personaggi che sulla propaganda hanno edificato la propria carriera, spacciandosi però per giornalisti seri e interessati a dare una vera informazione.

La professione giornalistica, in un sistema basato sulla manipolazione mediatica delle opinioni, è senza dubbio assai importante. Per questo motivo, chi controlla i media si cura di non dare spazio a coloro che possono far emergere aspetti non lusinghieri del sistema, e anche a coloro che possono stimolare a pensare, a riflettere sul sistema politico-economico.

Lo scopo principale dei mass media è quello di renderci “etero-diretti”, ovvero di fare in modo che tutti scelgano il proprio stile di vita, la propria alimentazione, l’abbigliamento e persino le idee politiche e le opinioni, sulla base del mondo mediatico. Far diventare le persone etero-dirette significa renderle fortemente condizionabili, senza che esse ne abbiano piena consapevolezza, poiché se ne avessero consapevolezza gli effetti sarebbero drasticamente ridotti. Significa creare una sorta di “pensiero collettivo” che tenderà ad uniformare menti, pensieri, opinioni e scelte, in modo tale che qualora apparisse un’idea inconsueta, fuori dal controllo del sistema, si sarebbe indotti a guardare in modo sospetto chi la produce, come se “cantare fuori dal coro” rappresentasse di per sé un pericolo. Da sempre in Italia sono messi in primo piano soprattutto giornalisti politicamente aggregati, che non toccano mai alcuni tasti “tabù” del sistema. Molti di questi giornalisti sono facilmente riconoscibili come asserviti ad una determinata area politica. In alcuni casi è più difficile capire chi li paga e chi li promuove, avendo la capacità di spacciarsi per “obiettivi” o addirittura per paladini degli interessi collettivi contro i potenti. A quest’ultima categoria appartiene Marco Travaglio. Travaglio è uno scrittore e giornalista che è riuscito ad avere molta popolarità e a suscitare molta fiducia. Egli ha scritto diversi libri su Silvio Berlusconi e su altri personaggi che include nella “casta”. Per questo suo filone di cronaca giudiziaria con riferimento a fatti legati all’antimafia e alla corruzione, si è guadagnato molta simpatia, in un paese afflitto ormai da molto tempo dalla corruzione politica e dall’oppressione mafiosa. Ma andando oltre la facciata delle cronache giudiziarie fornite da Travaglio, si può tristemente scoprire un mondo assai lontano dal desiderio di onestà e di “pulizia” morale auspicato dai suoi fans. Si scopre un insospettabile mondo di opportunismo, faziosità e disinformazione, in cui le cronache giudiziarie assumono una funzione catartica e illusoria, impedendo una vera chiarezza informativa sul sistema, e i conseguenti passi per cambiarlo veramente. Si scopre una serie di tabù imposti ai giornalisti dei mass media, e si scoprono persino episodi in cui chi vorrebbe discutere tali temi, come lo strapotere delle banche, le vere motivazioni delle guerre, le mistificazioni dell’informazione ufficiale, il “terrorismo”, ecc. si trova ad essere ridicolizzato, etichettato o, nella migliore delle ipotesi, considerato irrazionale e credulone. Ovviamente non abbiamo nulla di personale contro un personaggio che nel complesso appare simpatico e divertente, ma occorre capire come egli incarna il tipo di giornalista in voga negli ultimi decenni, in un contesto attanagliato dall’assenza di una vera informazione. E’ chiaro che mettendo in evidenza i limiti dell’attuale sistema mediatico attraverso l’analisi dei metodi usati da Travaglio non si vuole affatto sminuire la gravità di molti reati da lui denunciati o prendere le parti dei personaggi da lui considerati. Si vuole semplicemente far emergere che la corruzione e la mafia hanno cause ben precise. Non ci possono essere i corrotti se non ci sono anche i corruttori. La mafia esiste in quanto c’è convenienza ad attuare traffici illeciti, e questi traffici illeciti sono possibili grazie a precise persone. Si dice che la mafia sia un “problema sociale” ma non è la società civile italiana a consentire la produzione di droga o a controllare il traffico di armi. Come questo libro fa emergere, ci sono responsabilità che non appartengono al nostro Parlamento anche se le nostre istituzioni non operano efficacemente per impedire i traffici mafiosi e spesso appaiono corrotte. Come spiega il Procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato: “Come mai parlamenti, consigli regionali e comunali, organi di governo e di sottogoverno sono affollati di pregiudicati o inquisiti per mafia, tanto da insinuare il dubbio che quel che combattiamo fuori di noi sia dentro di noi? Come mai, oggi come ieri, tra i capi organici della mafia vi è uno stuolo di famosi medici, avvocati, professionisti, imprenditori, molti dei quali già condannati con sentenze definitive? Come mai commercianti e imprenditori a Palermo, a Napoli, in Calabria continuano a pagare in massa il pizzo e, a differenza del fruitore medio, non si bevono la buona novella che la mafia è alle corde? Come mai i vertici di Confindustria lanciano tuoni e fulmini contro i piccoli commercianti che non hanno il coraggio di denunciare gli estorsori, minacciandoli di espellerli dall’organizzazione, ma vengono colti da improvvisa afasia quando si chiede loro perché intanto non comincino a prendere posizione nei confronti delle centinaia di imprenditori, inquisiti o già condannati, che hanno azzerato la libera concorrenza e costruito posizioni di oligopolio utilizzando il metodo mafioso? Ecco, quando a un fruitore medio ponete queste e altre domande, lo vedrete annaspare cercando vanamente possibili risposte nell’infinita massa di fotogrammi, immagini e battute stipate nelle sue sinapsi, dopo centinaia di ore trascorse a vedere fiction e film che raccontano le note storie di brutti sporchi e cattivi… Se, come diceva Hegel, il demonio si nasconde nel dettaglio, nel dettaglio di questa storia è leggibile il segreto dell’irredimibilità e della dimensione macropolitica del problema mafia, al di là delle imposture e dei depistaggi alimentati dal sapere ufficiale che lo spaccia come quella vicenda di bassa macelleria criminale di cui dicevo all’inizio. Di storie simili se ne potrebbero raccontare per mille e una notte. Sono tutte racchiuse in un enorme giacimento a cielo aperto a disposizione di chiunque: le pagine dei tanti processi che con un tributo altissimo di sangue hanno per la prima volta in Italia portato sul banco degli imputati non solo i soliti brutti sporchi e cattivi, i bravi di Don Rodrigo, ma anche il “Principe” di cui essi sono stati instrumentum regni e scoria, e senza la cui protezione e complicità sarebbero stati da tempo spazzati via”.[1]

Travaglio particolarizza la situazione italiana, la riduce alle beghe politiche e ad un gruppo di corrotti e mafiosi, di cui denuncia le malefatte, convinto che altri paesi, persino l’Albania, siano migliori del nostro. Egli usa luoghi comuni, ad esempio dice “bisogna che ci sia un ricambio della classe politica” o “il cittadino deve essere attivo”, ma non spiega come mai da parecchi anni si dicono queste stesse cose e la situazione rimane invariata. Per capire, occorrerebbe indagare su ciò che è davvero il sistema partitico e su chi crea la classe politica. Non tutto quello che non va e che intralcia la crescita del nostro paese è dovuto ad una classe politica incapace e disonesta. C’è a monte qualcosa di importante, che determina la situazione di debito pubblico, di sprechi, di corruzione e di degrado. Mettere il “mostro” in prima pagina può nascondere una tragica volontà di non far capire come stanno veramente le cose. Rimanere alla superficie dell’iceberg significa gridare allo scandalo “corruzione”, che certamente esiste davvero, ma si rischia di farlo per coprire i veri responsabili che stanno al vertice e i meccanismi che stanno alla base del sistema di potere attuale. Peraltro, ci sarebbe da chiedersi, come qualcuno ha fatto, come mai Travaglio sia in grado di argomentare le malefatte di Berlusconi e di trovare elementi di condanna e invece la magistratura no. E’ evidente che il sistema prevede che alcune persone siano al di sopra delle leggi.

Non è dunque questione di dimostrare che in Italia ci siano molti mafiosi e politici corrotti, questa è una tragica realtà di cui tutti ormai siamo al corrente, il problema è capire le basi da cui origina tale situazione, che è diventata talmente involuta da bloccare lo sviluppo di un paese creativo e splendido come il nostro. Non è questione di paragonare l’Italia ad altri paesi esteri per far emergere che il nostro paese sarebbe peggio di tutti gli altri, questi sono luoghi comuni sterili e talvolta distruttivi.

Occorre invece capire chi ha trascinato il nostro paese nella situazione attuale e come poterne uscire.

Da alcuni anni Travaglio gira l’Italia per presentare i suoi libri o per accompagnare Beppe Grillo, e dal 2008 conduce Passaparola, una trasmissione in streaming sul blog di Beppe Grillo. In questi interventi, egli non va mai alla radice del male, limitandosi a dare ai suoi lettori il quadro del degrado.

Negli ultimi tempi Travaglio si è avvicinato a Grillo e a Di Pietro, e ha dichiarato di votare per l’Italia dei Valori, influenzando così i suoi fans. Di fatto, Grillo non è soltanto un comico che fa spettacoli divertenti, e Travaglio non è soltanto una fonte giornalistica. Questi personaggi, come questo libro spiega, stanno svolgendo un ruolo ben preciso che è quello di operare una sorta di catarsi della rabbia e di alimentare illusioni per raccogliere adesioni politiche.

Negli ultimi anni i veri giornalisti indipendenti e le testate davvero scomode hanno subito molte vessazioni: faticano a trovare inserzionisti per la pubblicità, non ricevono finanziamenti pubblici, sono marginalizzati nella distribuzione e nelle edicole. Sono come vasi di coccio fra vasi di ferro. I mass media non spiegano bene questa situazione e non si fa capire che i finanziamenti all’editoria vengono dati soprattutto alle testate più grandi e a quelle di partito, al contrario di ciò che dovrebbe essere, dato che dovrebbero servire ad aiutare i più piccoli per garantire il pluralismo.

Questo libro prende a pretesto il caso di Travaglio per far emergere alcuni fenomeni fondamentali per comprendere il sistema mediatico e politico attuale. Si tratta, fra gli altri, del fenomeno dei gatekeepers, ovvero di controllo sull’informazione pubblica. Letteralmente il termine “gatekeeping” significa “la custodia al cancello”, ovvero la possibilità di esercitare un controllo attraverso criteri che favoriscono alcune notizie su altre. In termini professionali il gatekeeping comprenderebbe “tutte le forme di controllo dell’informazione che possono determinarsi nelle decisioni circa la codificazione dei messaggi, la diffusione, la programmazione, l’esclusione di tutto il messaggio o di sue componenti… le esigenze organizzativo-strutturali e le caratteristiche tecnico-espressive di ogni mezzo di comunicazione di massa (in quanto) elementi cruciali nel determinare la rappresentazione della realtà sociale fornita dai media”.[2] Generalizzando possiamo considerare gatekeepers tutti coloro che, pur parlando ad un pubblico ampio attraverso i media, si astengono dal dire alcune verità importanti. I giornalisti gatekeepers usano fonti altisonanti, oppure dicono frasi convincenti come “questo è ormai risaputo”, o “se approfondisci capirai”, ma attraverso frasi rassicuranti e persuasive essi vestono di “abiti assoluti” punti di vista relativi, e bocciano come “leggende metropolitane” tutto quello che può contrastare le loro tesi, nascondendo dietro l’apparente “liberalità” il più dogmatico atteggiamento mentale. Essi segnalano una questione “morale” o pericoli di “attentati alla libertà di informazione” e nel far questo vogliono apparire obiettivi e democratici. Ma sono traditi dal comportamento che hanno verso chi non la pensa come loro. Infatti, oggi l’ambiente giornalistico, come questo libro documenta, è diventato un antro di litigiosità, in cui l’uno vuole mettersi in mostra più dell’altro. Per prevalere ci si assoggetta al padrone, curandosi di assecondarlo in qualsiasi modo, e facendosi beffe del diritto del cittadino ad una vera informazione. Si dice che il giornalismo attuale è come un "guardiano del potere", ovvero esso sostiene il potere nel non far trapelare verità scomode e utilizza tecniche per impedire una vera presa di coscienza dei cittadini sulla realtà finanziaria, politica, economica e mediatica. Si cerca persino di addolcire tutto questo facendo diventare l'informazione uno spettacolo attraente, emozionante oppure raccapricciante, ma comunque sempre emotivamente "forte" e quanto possibile stuzzicante.

Gli obiettivi principali sarebbero la disinformazione, la distrazione e il condizionamento necessario per non mettere in pericolo il sistema. Spiega il giornalista Ignacio Ramonet: (Il telegiornale) "è strutturato per distrarre, non per informare... la successione di notizie brevi e frammentate ha un duplice effetto di sovrinformazione e di disinformazione: troppe notizie e troppo brevi... pensare di informarsi senza sforzo è un'illusione vicina al mito della pubblicità più che all'impegno civico".[3]

Oltre ai giornalisti, possono assumere il ruolo di gatekeepers anche scrittori, opinionisti, intellettuali, scienziati, politici, ecc.

I giornalisti accreditati dalle grandi testate non possono parlare di diversi argomenti, e nella maggior parte dei casi si autoregolano, ovvero sanno quello che possono dire e quello che non possono dire, senza bisogno che qualcuno glielo dica esplicitamente. Lo stesso Montanelli denunciava l'autocensura dei giornalisti. Negli anni Sessanta scriveva sull'Europeo:

"La maggior parte dei giornalisti, quando compongono un articolo, lo fanno interrogando la censura. Quale? Quella che hanno in corpo da secoli e di cui ormai non riescono a fare a meno”.[4]

Montanelli tralasciava di dire che esistono anche giornalisti che non intendono autocensurarsi, che vengono estromessi dai canali ufficiali, oppure messi nelle condizioni di non nuocere. Ovviamente i ruoli migliori e di prestigio vengono dati a coloro che si autocensurano e che hanno l'abilità di non darlo a vedere.

Oggi le tecniche mediatiche per suscitare consensi politici, o per vendere prodotti sono diventate sempre più sottili ed efficaci, ci vedono ignari di subirle, e pochi sospettano della loro esistenza.

Ad esempio, una tecnica si basa su quello che è stato denominato effetto “Interazione Parasociale” (IPS), ovvero la creazione di personaggi che producono affezione e dunque agiscono da esche per catturare consenso o per vendere prodotti (commerciali o ideologici). L’effetto IPS è la tendenza psicologica a stabilire legami con personaggi dei media. E’ stato appurato che la presenza di un determinato personaggio può alzare gli indici di ascolto, così come il successo di un programma può dipendere dalla capacità del conduttore di stabilire un “legame” affettivo con il pubblico. L’effetto IPS agisce in modo da farci dimenticare che le persone che hanno ruoli mediatici non sono così empaticamente vicine come possono apparire.

Si tratta di persone che ovviamente i cittadini conoscono soltanto come immagini mediatiche, ma ispirano fiducia per ciò che dicono e per lo spazio mediatico che viene loro riservato, e di conseguenza giungono ad avere potere di influenzare una certa quantità di persone. Il loro guadagno e la loro importanza mediatica saranno proporzionali al grado di fiducia suscitato e al conseguente potere di condizionare le persone. I personaggi più efficaci, nei periodi in cui i cittadini nutriranno poca fiducia nelle istituzioni, saranno quelli che si mostreranno come paladini della gente comune, ma al contempo saranno guidati da chi detiene il potere, curandosi di nascondere accuratamente la loro vicinanza verso ambienti da essi criticati a parole.

L’effetto IPS farà in modo che le persone percepiscano il personaggio come positivo, e qualora si diventasse consapevoli dell’effetto, il potere condizionante sarebbe drasticamente ridotto. La caratteristica principale di questi “legami” affettivi è quella di non avere una vera conoscenza del personaggio, la cui personalità potrebbe essere completamente diversa rispetto all’immagine mediatica; e nemmeno potrà esistere una reciprocità, poiché i “fans” non avranno modo di avvicinare il personaggio per sviluppare un vero rapporto umano. La relazione rimarrà dunque sbilanciata e fittizia. Il fans potrebbe dire “Io so chi tu sei, conosco la tua immagine mediatica, ma tu non mi conosci, ed io rimango anonimo anche se nutro fiducia verso di te e baso la mia opinione sulle informazioni che tu mi dai”. Lo studioso Giuseppe Mininni parla di “fabbrica dei divi” e spiega:

“I media sono rivelatori e insieme costruttori dello star system. Non solo le posizioni di potere – economico, politico, simbolico – trovano visibilità nell’azione dei mass media, ma questi alimentano in modo possente la tendenza inerente a ogni istituzione sociale, cioè quella di operare per >… i divi dello spettacolo, dall’attore… cantante o conduttore sono ammirati perché i media li fanno apparire vincenti e quindi li presentano come modelli di personalità capaci di sottrarsi alle derive omologanti della società attuale”.[5]

Nella situazione mediatica attuale sembra che la professionalità, la serietà e la discrezione non contino più. Oggi abbiamo una situazione in cui sarà il “personaggio mediatico”, a diventare più importante di quello che dirà. Le sue notizie saranno considerate vere non in quanto verificate o verificabili ma in quanto date da lui. Paradossalmente, non sono i contenuti ad avere un ruolo primario ma è il personaggio a rendere “veri” i contenuti che esprime. Egli indirizza l’attenzione, pone priorità, decide chi è da considerare e chi no. Si erge a realtà potendo, in virtù della fiducia suscitata, decidere il significato da dare alla notizia.

Negli ultimi anni, a causa della disaffezione dei cittadini alla politica corrotta degli attuali personaggi, hanno guadagnato spazio persone che informano su ciò che i media non dicono, come il comico Beppe Grillo. Il fattore IPS in questo caso ha agito formando gruppi di fans assai “fidelizzati”, a tal punto da trovare nel personaggio un punto di riferimento saldo per comprendere la realtà e cercare di fare qualcosa per contrastarne gli aspetti negativi. In questi casi vi può essere, secondo Mininni, un vero e proprio culto della personalità: “Il fan non si rende conto di inserire l’oggetto della sua ammirazione in un vero e proprio culto della personalità perché la sua relazione di identificazione parasociale è ispirata a slanci idealistici. I fan… reinterpretano un certo materiale simbolico attraverso l’investimento totale delle proprie risorse – cognitive e affettive, di tempo e di denaro -, ritenendo naturalmente di trarne un vantaggio in termini di benessere o di soddisfazione personale”.[6]

In assenza della necessità di essere preparati e di dare una corretta informazione, viene creata una situazione in cui ogni giornalista vuole prevalere e diventare una “star” mediatica.

I giornalisti accreditati diventano interessati, oltre al guadagno, anche all'apparire i migliori, i più forti e dunque i "vincitori" delle beghe mediatiche che essi stessi innescano. Le beghe sono alimentate dalla creazione di un "centro-destra" e di un "centro-sinistra", che permettono sempre nuove occasioni di scontro, facendo in modo che i reali interessi degli italiani cadano nel dimenticatoio o siano oggetto di contesa che risulterà sterile ma darà nuovi materiali per nuove beghe. Questi giornalisti diventano agitatori faziosi, talvolta arroganti e aggressivi, come se per informare si dovesse lottare gli uni contro gli altri e non basarsi sulle conoscenze e sui fatti. Si applica la legge del più forte anche ai media, e chi ostenta vanagloria, egocentrismo, cinismo, disinteresse assoluto verso i criteri dell'informazione corretta, diventa personaggio mediatico, promosso e divulgato come un prodotto funzionale al sistema, e dunque "giusto". Al contrario, chi non ha mire egocentriche, e tiene fede ai vecchi valori dell'informazione, risulta non adattato alla nuova corrente e dunque destinato a raggiungere un pubblico esiguo, o a cambiare mestiere.

Al giornalista accreditato da un gruppo politico viene concesso potere. Ovviamente non è il potere del politico di approvare le leggi, ma è potere di orientare l’attenzione, di creare opinioni, di creare consenso.

Il giornalista di oggi non deve essere un intellettuale, deve sapere quanto basta. Deve essere un personaggio di spettacolo, un “animale da palcoscenico”, in modo tale da diventare “uomo mediatico”. Il suo valore è misurato non in quanto persona che può dare qualcosa perché ha preparazione ed esperienza, ma in quanto appare, diventa familiare, viene visto come “uno di noi” che ha a cuore il nostro interesse. Nel momento in cui il giornalista-personaggio fa la dichiarazione di voto, i suoi “fans” lo seguiranno. Egli dunque è prezioso nell’attrarre voti in una determinata formazione politica, che avrà interesse ad assoldarlo.

Travaglio è trattato da personaggio mediatico persino nella trasmissione Annozero, in cui ha un “palcoscenico” esteso, nel quale dietro di lui appare la sua foto ingrandita e davanti a lui c’è un grande tavolo sul quale appare ingrandita la sua firma. E’ evidente l’obiettivo di dare “lustro” al personaggio, esaltando la firma, che è simbolo di ciò che si produce in modo individuale, personale; che è proprio di quella persona e non di altre.

Nel contesto attuale persino la manipolazione dell'informazione può essere spacciata come "normale". Lo scrittore Bruno Ballardini osserva che addirittura nei settori specifici possono essere utilizzati termini come "disinformazione costruttiva" per indicare i metodi di manipolazione delle informazioni. Un manuale statunitense che tratta tali metodi prende il titolo: "Come manipolare i mass media: metodi di guerriglia per far passare le vostre informazioni alla TV, alla Radio, nei giornali",[7] facendo credere che l'informazione richieda, più che abilità giornalistiche, capacità aggressive e manipolatorie.

Come osserva lo studioso Luciano Canfora, c'è il pericolo di "una vasta, capillare ed efficace diseducazione di massa, resa possibile nelle società cosiddette avanzate o complesse dalla potenza, oggi illimitata, degli strumenti di comunicazione e manipolazione delle menti".[8]

In effetti, nel contesto in cui ci troviamo attualmente si potrebbe dire che l’informazione è “personalizzata”, come fosse un prodotto offerto come un oggetto, con un marchio e un “colore”.

C’è chi esprime l’informazione a “marchio” ultraliberista” esaltando la presunta “competitività” e la necessità di “ordine” e “gerarchia”; c’è chi esprime un altro tipo di prodotto informativo, di più largo “consumo” che vede la denuncia di alcuni personaggi corrotti, oppure fa emergere qualche magagna del sistema, ma rimanendo sempre innocuo, ovvero senza smuovere nulla, pur denunciando “caste” e mafiosi. Queste immagini parziali della realtà sono presentate come l’intera realtà, lasciando fuori quello che non è funzionale, che non è utile, o può essere dannoso, nel formare l’opinione pubblica che si vuole. Si lasciano fuori, ad esempio, i problemi dei lavoratori, la povertà di milioni di persone, il crescente degrado dei servizi pubblici, i problemi collegati al debito pubblico, il potere imperiale delle autorità egemoni, ecc.

Il giornalista-uomo-mediatico non è mai a servizio dei cittadini, anche se in alcuni casi può sembrarlo. Più appare tale e più viene pagato, dato che egli risulterà utile ad attrarre milioni di persone in una determinata orbita politica.

Da alcuni anni negli Usa e in Europa si parla di “left gatekeepers” ad intendere personaggi, scrittori, intellettuali e giornalisti anche di fama mondiale, che agirebbero per conto delle “sinistre” politiche, al fine di denunciare, in modo non pericoloso per il sistema, alcuni crimini delle corporations e di singoli personaggi, senza però andare a smascherare completamente il gruppo di potere. Si tratterebbe di persone che devono apparire degne di fiducia per assolvere il compito di canalizzare il malcontento o i sospetti dei cittadini in modo non nocivo all’assetto di potere. Questi gatekeepers possono essere riconosciuti dal fatto che non sollevano, ad esempio, il problema del potere della Federal Reserve o della Bce, e non condannano l’intero sistema. Di solito questi personaggi trattano i problemi come se si trattasse semplicemente di schierarsi (pro o contro, a destra o a sinistra), anziché capire a fondo la realtà.

I “left gatekeepers” sarebbero indispensabili poiché è proprio il cittadino più critico a dover essere tenuto sotto controllo da personaggi che appaiono come lui, ma che di fatto propongono una percezione della realtà che non minaccia affatto l’assetto di potere. In altre parole, il sistema ha oggi bisogno di creare gli stessi dissidenti o intellettuali critici, affinché i cittadini più attenti non si rivolgano ai veri dissidenti, tenuti ai margini della realtà mediatica. Questi gatekeepers fungono da esche, per tenere ancorate al sistema persone che altrimenti se ne allontanerebbero pericolosamente.

Alcuni left-gatekeepers potrebbero trattare argomenti scottanti in modo marginale, mistificato o addirittura dicendo menzogne, come ad esempio che gli eserciti occidentali fanno “missioni” di pace o che il sistema partitico basterebbe a proteggere la democrazia.

Diversi left-gatekeepers possono trattare argomenti che preoccupano i cittadini, ma lo faranno in modo parziale. E’ il caso di uno dei maggiori bersagli dei left-gatekeers italiani, il personaggio inquietante e controverso Silvio Berlusconi. Questo personaggio si è posto in modo ambiguo e truffaldino, facendo credere di essersi arricchito perché capace nell’imprenditoria, mentre in realtà dietro la sua storia molti sanno che ci sono aspetti poco chiari, che lo vedono legato ad ambienti mafiosi e massonici. La sua storia è stata raccontata da Marco Travaglio e da altri, che però non hanno messo in luce l’ambiente politico, mafioso e massonico che gli ha permesso di diventare così ricco e potente. Moltissime cose su Berlusconi ancora oggi non si sanno. Di sicuro egli non si limitava a pagare mazzette per vendere i suoi palazzi ad enti pubblici, si occupava anche di altri affari illeciti. Spiega il giornalista e scrittore Mario Guarino: “La Edilnord (società di Berlusconi) produceva anche “fondi neri” di miliardi destinati al gruppo Fininvest: riserve di denaro illecito ottenute medianti frodi fiscali nelle compravendite, e utilizzate proprio per pagare tangenti”.[9]

La “ragnatela berlusconiana” suggerisce un panorama ben più ampio di quello sviscerato da Travaglio. Oltre che i “colpevoli” occorre anche trovare i “mandanti”, e nel caso di Berlusconi, come in altri casi di crimini, i mandanti stanno molto in alto, sono coloro che hanno creato e controllano il sistema, curandosi di tenere sottomessi i popoli, anche attraverso la disinformazione.

Travaglio appare fra i giornalisti più preparati. Tuttavia, c’è qualcosa che non quadra. Egli, tanto preciso e preparato su alcuni argomenti, specialmente sulle malefatte di Berlusconi e di altri politici, diventa improvvisamente vago e impreciso, se non addirittura impreparato, quando gli vengono rivolte domande su alcuni argomenti. Ad esempio, sulla questione d’Israele o sul potere delle banche. Egli appare talvolta reticente, in osservanza col diktat del sistema.

La realtà di oggi è che tutti i giornalisti delle grandi testate nazionali, e quelli televisivi, per rimanere al loro posto o poter fare carriera non possono parlare di alcuni argomenti. Questa realtà non è presente soltanto nel nostro paese. Ad esempio, l’Associazione spagnola indipendente “La Prosperidad”, ha messo a punto un progetto educativo e sociale con lo scopo di accrescere la conoscenza dei metodi ingannevoli dei mass media. I risultati della ricerca sono stati pubblicati in un manualetto dal titolo Tecniche di disinformazione.[10] La ricerca ha messo in luce che l'informazione in molti paesi non è veramente tale, in quanto chi controlla i media è portatore di interessi di vario genere (politici, economici, sociali, ecc.):

“In una società che voglia essere considerata democratica è necessario che l’informazione sembri libera… il risultato è un sistema ampio e sottile di manipolazione… Ci sono banche che finanziano i mezzi di comunicazione, le imprese che ne sono proprietarie o che ne posseggono le azioni… sull’orientamento dell’informazione influisce l’ideologia dei giornalisti e dei redattori… la loro fedeltà all’impresa ed anche una certa tendenza all’autocensura… Il contesto di una notizia, quello passato e quello presente, è fondamentale per una comprensione ed un’analisi reale. Solo così è possibile valutare seriamente un avvenimento e formarsene un’opinione. Ma quando al lettore mancano gli elementi base di un fatto, è assai difficile che riesca a farsene un’opinione. Ragion per cui… al giornale risulta più facile imporre la sua. La decontestualizzazione può essere di due tipi:

Decontestualizzazione storica… (e) notizie-puzzle: cioè la dispersione e la frammentazione delle cause/effetto di un fatto che ne impediscono, o quanto meno ne complicano, la visione d’insieme e le possibili conseguenze… In tutti i paesi c’è una lista di “questioni riservate”, censurate e chiuse a tutta l’informazione… La conoscenza (di queste questioni) è proibita per decisione politica… L’informazione sui partiti politici, sulle loro beghe interne, sui loro problemi, è ampia e continua… (mentre) di alcuni argomenti non si parla mai… (ad esempio) delle banche, (delle) multinazionali… implicati nei commerci internazionali più torbidi e redditizi… (del) Fmi, la Bm, il Gatt, l’Omc… Chi controlla questi organismi? Chi ed in funzione di quali criteri decidono le politiche da attuare?... La scelta delle fonti risponde spesso ad una strategia di manipolazione…(spesso) la pubblicazione di (un) fatto era funzionale a determinati interessi... Le notizie considerate più importanti vengono pubblicate nelle prime pagine, quelle più lette... il livello di arbitrarietà è elevato. Per esempio è quantomeno arbitrario, e spesso interessato, che alle dichiarazioni dei politici, ai loro continui 'deliri', alle risse tra i partiti, alle strategie che mutano il giorno dopo, venga attribuita una rilevanza nazionale... Le foto vengono utilizzate per altre 'funzioni nascoste'... molti lettori non sanno che le foto possono essere rifatte, rimodellate come se si trattasse di una frase... (ad esempio) sui paesi arabi... le foto sono piene di violenza e di fanatismo, ritraggono sempre masse vocianti di gente o donne che indossano il burka. E' il modo classico per associare, attraverso una ripetizione continua, la cultura araba e la religione musulmana".[11]

Potrebbe essere considerato divertente mettere l’enfasi sulle gaffes di Berlusconi, spesso gravi e sintomo di poca sensibilità, ma se ciò avviene a discapito della giusta informazione risulta essere un metodo degno dei gatekeepers. Ad esempio, quando Berlusconi disse la frase infelice sul presidente Obama, che lo definiva “bello giovane e abbronzato”[12] , i giornalisti si scatenarono, mettendo in evidenza il razzismo del cavaliere. Certo non sbagliavano le loro considerazioni, ma omettevano argomenti senza dubbio assai più rilevanti, come ad esempio che in quell’incontro col presidente russo Medvedev, avvenuto nel novembre 2008, Berlusconi non pronunciò soltanto frasi vergognose e ridicole, ma anche frasi clamorose sulla situazione che si era creata precedentemente in Ossezia. Egli disse anche: “Ringrazio il presidente Medvedev per avere apprezzato la posizione italiana in merito al conflitto con l’Ossezia. Questa posizione era basata sulla conoscenza dei fatti. E io penso che questi fatti dovrebbero aiutare la comunità internazionale a comprendere che cosa sia accaduto in realtà e superare la disinformazione che spostò l’opinione pubblica lontana dalla realtà.”[13]

Travaglio, come del resto anche gli altri giornalisti, non parlò del fatto molto indicativo di una presidente del consiglio italiano, ovvero di una nazione della NATO che riconosce che la versione dei fatti sull’Ossezia propagandata dalle autorità statunitensi è falsa, e che la versione giusta è quella russa.

Paradossalmente, un uomo di destra, “creato” dalla mafia e dalla massoneria, sta dicendo una cosa che svergogna il potere Usa, mostrandone la propaganda.

Tutti i giornalisti invitarono a parlare soltanto della questione del presidente “bello e abbronzato”, mentre soltanto un personaggio controverso come Giulio Andreotti, consigliava discretamente a Berlusconi di stare attento a trattare certi argomenti. Il commento del senatore sparirà dopo una breve permanenza sulla versione on-line del Corriere della Sera.

Questo libro si pone l’obiettivo di portare alla luce alcune caratteristiche proprie dell’informazione mediatica attuale, attraverso un personaggio molto apprezzato anche in ambienti culturali, che negli ultimi tempi ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti.

Prendendo a pretesto un giornalista molto popolare come Travaglio, che si spaccia per indipendente, faremo un viaggio verso i tabù dell’informazione, toccando argomenti come il signoraggio bancario, l’11 settembre, le scie chimiche, la questione di Israele, i “poteri forti” che creano la “casta”, la mafia e il sistema di corruzione dei partiti. Senza alcuna pretesa di essere esaurienti, faremo emergere le motivazioni che impediscono a tali argomenti di trovare spazio adeguato nei media ufficiali.

Nel primo capitolo parleremo della formazione di Travaglio, con riferimento ad un altro giornalista suo “maestro”, Indro Montanelli.

Nel secondo capitolo parleremo dei tabù di cui Travaglio non parla o di alcuni argomenti che egli cerca di mistificare per non essere allontanato dai mass media.

Nel terzo capitolo parleremo dei legami politici di Travaglio, delle sue tecniche per apparire al di sopra delle parti e delle varie beghe fra giornalisti.

L’obiettivo principale di questo libro, anche se tratta un preciso caso di gatekeeper, non è quello di criminalizzare nessuno, dato che Travaglio è soltanto uno dei tantissimi personaggi che operano a sostegno del sistema. Lo scopo è quello di capire i meccanismi del controllo mediatico in casi in cui il personaggio suscita molta fiducia, a tal punto da formare un gruppo alquanto numeroso di “fans”.

Capire i meccanismi di manipolazione mediatica è fondamentale dato che il controllo mediatico può creare consenso o dissenso. Potrebbe avere addirittura il potere di spingere ad agire contro i propri interessi.

Capire questi meccanismi significa oggi poter rivendicare quella democrazia tanto decantata quanto impedita.

di Antonella Randazzo
Fonte: http://antonellarandazzo.blogspot.com/
Tratto da: "IL TRAVAGLIATO TRAVAGLIO. LO STRANO CASO DI UN INFORMATORE DISINFORMATO" - INTRODUZIONE

NOTE
[2] Wolf Mauro, Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano 1995, p. 152.
[3] Cit. Morresi Enrico, Etica della notizia, Edizioni Casagrande, Bellinzona 2003, p. 182.
[4] Cit. Murialdi Paolo, La stampa italiana dalla liberazione alla crisi di fine secolo, Laterza, Bari 2003, p. 154.
[5] Mininni Giuseppe, Psicologia e media, Laterza, Bari 2004, p. 27.
[6] Mininni Giuseppe, Psicologia e media, Laterza, Bari 2004, pp. 28-29.
[7] Alexander D., How You Can Manipulate the Media: Guerrilla Methods to Get Your Story Covered by TV, Radio and Newspapers, Paladin Press, Boulder, Colorado 1993, cit. Ballardini Bruno, Manuale di disinformazione. I media come arma impropria: metodi, tecniche, strumenti per la distruzione della realtà, Castelvecchi, Roma 1995.
[8] Canfora Luciano, Critica della retorica democratica, Laterza, Roma-Bari 2002, p. 68.
[9] Guarino Mario, Fratello P2 1816. L’epopea piduista di Silvio Berlusconi, Kaos Edizioni, Milano 2001, p. 96.
[10] Escuela Popular “La Prosperidad” di Madrid, Tecniche di disinformazione, Datamews, Roma 2004.
[11] Escuela Popular “La Prosperidad” di Madrid, Tecniche di disinformazione, op. cit., pp. 9-52.


ALCUNE DOMANDE A CUI IL LIBRO RISPONDE:

Perché Travaglio non può considerarsi così indipendente come dice di essere?
Perché Di Pietro e Grillo, a cui Travaglio si è aggregato, non sono degni di fiducia?
Come funziona veramente il nostro sistema politico?
Cosa sono i "poteri forti" che creano la "casta" e che Travaglio, nella sua "informazione", ignora?
Cos'è stato davvero l'11 settembre?
Che scopi ha il terrorismo occidentale?
Qual è la verità sulla questione palestinese?
Perché ai grandi banchieri è concesso un potere enorme?

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