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martedì 19 aprile 2011

I RETROSCENA DEL DELITTO ARRIGONI



Un delitto orrendo, troppo simile a quello di Enzo Baldoni per non suggerire retroscena che non saranno mai detti dai canali ufficiali.

La verità è molto semplice, e se molti non la colgono è perché sono confusi da una propaganda estremamente presente e potente, ovviamente assai più che le voci fuori dal coro che suggeriscono significati assai più veritieri.

Uscendo dal dolore e dalla rabbia, si cerca di fare un’analisi quanto più accurata e obiettiva possibile del tremendo delitto, che poi fa parte di una lunghissima serie di delitti commessi nella Striscia di Gaza e in altre zone di guerra a danno di innocenti. Sia Baldoni che Arrigoni erano personaggi scomodi, troppo scomodi per lasciare che operassero indisturbati in zone in cui il potere prevalente vuole agire in modo assai criminoso senza però assumersi mai la responsabilità dei crimini. Poco tempo dopo l’uccisione di Baldoni, ci furono testimonianze su personaggi che lo avevano rapito, visti fotografati insieme a militari americani, e con moltissimi dollari nelle tasche. [1]

Anni dopo si seppero molte più cose sul delitto di Baldoni, avvenuto in Iraq nel 2004. Si seppe che un uomo che faceva parte della banda che rapì e uccise il giornalista, Abu Al Abed, prendeva il tè in compagnia del comandante della Forze Usa in Iraq, generale David Petraeus e il vice premier iracheno Bahram Saleh. Il quotidiano al Hayat ha pubblicato una foto che lo ritrae insieme al generale Usa e un gruppo di militari americani, e non sembra essere lì per caso.

D’altronde, i giornalisti o i militanti per i diritti umani, non avallati dallo stesso gruppo di potere, non sono mai graditi nelle zone di guerra, moltissimi sono stati uccisi: soltanto nel 2004 ne furono uccisi 53, 42 dei quali in Iraq, ai quali bisogna aggiungere altre 15 persone, traduttori, cameraman o tecnici, che lavoravano insieme ai giornalisti. Occorre prendere consapevolezza che dietro a questi delitti, come anche all’uccisione di Arrigoni, non ci sono soltanto bande di criminali o “terroristi”, ma gli stessi occupanti, che sono quelli che più guadagnano dalla loro morte. Nel 2005, il direttore generale per le notizie della Cnn, Eason Jordan, è stato costretto a dimettersi perché aveva detto pubblicamente che almeno 12, ma forse una ventina di giornalisti caduti in Iraq erano stati uccisi dal "deliberato fuoco americano". E’ una verità che molti intuiscono, che diverse persone sanno, ma che non è concesso dire.

Il delitto Arrigoni ha le stesse caratteristiche dei crimini commessi dagli occupanti: c’è stata fretta di ucciderlo, e tanta propaganda per attribuire il delitto ad altri. Sono stati tirati in ballo gruppi di “terroristi” che però negano di aver qualcosa a che fare con il fatto: Jund Ansar Allah, il gruppo salafita più importante di Gaza, ha negato ogni responsabilità.

Tutti sapevano che Vittorio militava a favore dei diritti dei palestinesi, e dunque è assurdo credere che un gruppo islamico, per quanto controverso, possa rapire proprio una persona del genere e non un avversario israeliano. I salafiti possono anche essere “estremisti”, ma questo non vuol dire che sono scemi.

Chi aveva interesse ad uccidere Vittorio?

Noi crediamo che la risposta sia sotto gli occhi di chi vuole vedere. Uccidendo giornalisti o militanti per i diritti umani, gli occupanti ottengono diversi risultati:

1) Facendo ricadere la colpa sui nemici accrescono l’odio e alimentano il conflitto.

2) In Occidente rafforzano la propaganda del “terrorista” islamico che odia gli occidentali e che uccide barbaramente.

3) Seminano paura fra gli altri giornalisti e militanti delle Ong, e fanno capire che non bisogna mettersi contro gli occupanti perché è pericoloso.

4) Tolgono speranze di pace a chi vorrebbe che i palestinesi e gli israeliani ponessero fine alla lunga guerra.

Chi milita a favore dei diritti umani, e diventa abbastanza popolare da rappresentare un pericolo per chi vuole apparire diverso da quello che è, ovvero vuole agire da criminale ma sembrare “democratico” e vittima dei “terroristi”, viene perseguitato per esser reso inoffensivo. Si teme che queste persone mettano a repentaglio la sapiente propaganda allestita con tecniche sofisticate e con personaggi assoldati per questo scopo.

Arrigoni era stato già arrestato e torturato dagli occupanti della Palestina, e continuava ad essere perseguitato. Aveva scritto molti articoli per far conoscere la vera situazione in Palestina. Articoli molto toccanti e che mostravano in tutta la sua crudezza cosa è capace di fare un gruppo mosso dalle logiche del sistema attuale: la legge del più forte, la forza bruta per dominare e sottomettere.

Chi era Arrigoni?

Era un militante per i diritti umani che operava per conto della Ong International Solidarity Movement (Ism). Era molto in gamba, capace di sensibilizzare a far capire la situazione in Palestina. Per questo, era stato arrestato nel 2008, e nel 2009 il suo nome era stato scritto sul libro nero dei sionisti, che avevano messo su di lui una taglia, stile Far west. [2]

L'Ism era un movimento pacifista fondato nel 2001 per operare in modo pacifico contro l'esercito israeliano nei Territori occupati, e per questo era stato segnalato come “soggetto” da eliminare in qualche modo, e la morte di Arrigoni di certo ha, tra le altre, anche la funzione di deterrente per chi volesse operare in modo analogo.

Per chiarire quello che faceva Ism, riportiamo un’intervista fatta da Peacereporter ad Arrigoni e ad altri militanti:

"Arrigoni, cosa fate a Gaza?
La nostra attività è principalmente stare sulle ambulanze della Mezzaluna Rossa. Siamo distribuiti lungo tutta la striscia. Quattro dei nostri sono a Rafah, due a Jabaliya e tre a Gaza city. Abbiamo fatto una conferenza stampa per informare Israele che gli internazionali presenti nella Striscia sarebbero andati sulle ambulanze come scudi umani, sperando che la presenza internazionale funga da deterrente. In realtà però sappiamo benissimo che hanno già colpito moschee, scuole, ospedali.

Il sito 'Stop the Ism' invita l'esercito a'liberarsi' di te. Sei un fiancheggiatore di Hamas?
(Ride) Personalmente, come attivista per i diritti umani, Hamas non piace assolutamente. Per cui ho qualcosa da ridire anche a loro, che hanno parecchio limitato i diritti umani da quando hanno vinto le elezioni. Però io non sono nessuno per imporre il mio modello e il mio stile di vita alla popolazione civile di Gaza. La popolazione, infatti, ha scelto Hamas.

Jenny Linnel, sei a conoscenza del fatto che un sito internet chiede informazioni affinché i militari israeliani possano individuarvi e farvi fuori?
Sì, me l'ha mostrato ieri Vittorio. Una pazzia.

Tutte le persone dell'Ism sono elencate come terroristi collusi con Hamas. Suggeriscono come fare a disfarsi di voi.
Sì è un incitamento all'omicidio, stanno dicendo alla gente di ucciderci. É assurdo e tutte le accuse contro gli attivisti dell'Ism sono false. In questo momento sto con una famiglia e i loro bambini... sono forse dei terroristi di Hamas? Se la ragazzina di sei anni con cui sto cenando lo è, allora penso che tutto il mondo è impazzito. Diciamolo chiaro ancora una volta, uno dei principi fondanti dell'Ism è quello della non-violenza.

Quindi non sei una sostenitrice di Hamas?
Sono una sostenitrice di tutti i comuni palestinesi che soffrono per l'occupazione israeliana. Il lavoro dell'Ism nei territori occupati non fiancheggia alcun gruppo o organizzazione palestinese. Non siamo affiliati con nessuno e in particolare non lo siamo con Hamas.” [3]

Arrigoni era una persona che sognava: sognava la pace in Medio Oriente e un mondo migliore; ma non si limitava a sognare: agiva per realizzare i suoi desideri. Era una persona troppo in gamba per essere tollerata da chi vuole giornalisti “embedded”, cioè addomesticati a dovere, che parlano di “terrorismo” arabo ma non di quello israeliano o occidentale. Il gruppo di potere può tollerare i falsi militanti per i diritti umani: quelli che strillano contro la mafia ma celebrano il posticcio Stato d’Israele sugli altari della “democrazia” e della “libertà”. Ma Arrigoni non era di questa pasta: egli spiattellava senza reticenze tutto quello che vedeva. E vedeva cose agghiaccianti, che non possono essere accettate da nessun essere umano degno di essere chiamato tale.

Scriveva:
“(8 aprile 2011) Ad Al-Farahin, est di Khan Younis, un drone UAV israeliano, uno di quegli velivoli senza pilota comandati a distanza che qui a Gaza chiamano "zannana", ha mirato e fatto centro su un gruppo di donne. Il missile è esploso a mezzo metro da Najah Harb Qdeah, 45 anni, uccidendola sul colpo. Nidal Ibrahim Qdeah di 20 anni, è morto poco dopo, Fida di anni 15 è rimasta seriamente ferita ad una gamba mentre Nida Qdeah, un'altra bambina di 12 anni, sta lottando in questo momento fra la vita e la morte all'ospedale Europa di Khan Younis.
La giornata di oggi era cominciata seguendo lo stesso copione di morte e terrore di quella di ieri: elicotteri Apache, caccia bombardieri f 16 e droni concentrati nel loro fuoco da nord a sud della Striscia. Questa mattina, prima dell'attacco alla famiglia Qdeah, sempre a est di Khan Younis, durante un bombardamento venivano uccisi due guerriglieri di Hamas e contemporaneamente a Rafah tre civili venivano feriti gravemente. …

(10 febbraio 2011) Ieri la Striscia di Gaza si era svegliata sotto un sole splendente, segnale di una nuova stagione alle porte. Stagione politica, più che meteorologica. Quando la sera è andata a dormire si è contata le ossa rotte. A Gaza city, un ghetto martoriato da bombardamenti israeliani un giorno sì e uno no, sovrappopolato come pochi luoghi sul pianeta, è difficile fare una stima di quante migliaia di persone si sono riversate nelle strade della città ballando, urlando e cantando una sola univoca richiesta: la fine delle divisioni fra Fatah e Hamas. I media locali hanno azzardato la cifra di 300 mila persone, proporzionatamente come se in Italia, in piazza, ne fossero scese dodici milioni. I problemi non hanno tardato a verificarsi. Nonostante l'accordo sottoscritto da tutte le fazioni politiche di presentarsi all'appuntamento senza alcuna altra bandiera se non quella palestinese, i ragazzi del movimento 15 marzo che lunedì si sono coricati nelle tende in piazza del monumento al Milite Ignoto, in Jundi, nel centro di Gaza city, al risveglio ieri mattina si sono trovati attorniati da migliaia di militanti con bandiere di Hamas inneggianti al governo della Striscia. …

(20 gennaio 2011) Nonostante le continue denunce delle organizzazioni per i diritti umani Israele continua impunemente a violare il diritto internazionale in chiave di punizione collettive ad una popolazione civile, e con l'assedio imposto su Gaza a negare il diritto alla sanita' sancito dell'articolo 56 della Quarta Convenzione di Ginevra. In comunicato del Ministero della Sanità si legge: "I pazienti continuano a morire per via dell'assedio: Hasan Hussein Bris, 52 anni, è l'ultimo malato di cancro deceduto perché Israele gli ha impedito ingiustificatamente di lasciare la Striscia per andare a curarsi in ospedali più attrezzati." Il malato curabile n. 379, deceduto perché incurabile nell'assedio criminale che chiude come in una bara la Striscia di Gaza…

(30 luglio 2010) Un Paese che spende ogni anno il 12,3 percento del suo Pil per la sicurezza (la maggioranza dei paesi dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico spendono l'1-2 percento del loro Pil per la sicurezza) per la difesa contro i pericoli esterni, per lo più immaginari, certamente esagerati, non può fingere di essere sorpreso. Solo all'inizio di ottobre alla firma del contratto di acquisto di venti cacciabombardieri F-35A Lightning II dagli Stati Uniti, per un importo di 2,75 miliardi di dollari, il premier Netanyahu definì la spesa come "vitale" per la difesa della nazione. Ed eccoci ad oggi, ad una scintilla su un terreno arido nelle periferia di Haifa che in poche ore cause quarantadue morti, molte più vittime di quante ne possa provocare il terrorismo palestinese in dieci anni. Forse era più intelligente e responsabile acquistare qualche cacciabombardiere in meno e qualche Canadair in più, invece di richiederne disperatamente da Grecia e Cipro. In un Paese in cui l'opinione pubblica è stata addomesticata ad adottare la paura del nemico esterno, degli arabi, come il pilastro principale della politica e della cultura non risulta paradossale avere a disposizione un arsenale di centinaia di testate nucleari, e contemporaneamente un corpo di vigili del fuoco da realtà terzomondista. Tranne quando avviene una strage come questa a risvegliare dal torpore le coscienze. Israele è questo, un Paese dove l'establishment della difesa dedica quasi tutte le sue risorse per sviluppare tecnologie sempre più avveniristiche, e insieme, secondo quanto denuncia oggi l'associazione dei pompieri israeliani, mentre gli standard internazionali richiedono un vigile del fuoco ogni mille cittadini, un paese in cui questo rapporto è di solo uno ogni diecimila. Lo scandalo delle incompetenze dinnanzi alla più grande catastrofe naturale della storia d'Israele, sta facendo divampare le fiamme da Haifa sulle fondamenta della Knesset, il Parlamento israeliano …

(17 luglio 2010) Credetemi, i bambini di Gaza sono mocciosi da record. Sono sopravvissuti a Piombo Fuso e sopravvivono ogni giorno alla guerra in tempo di tregua…. Bimbi che resistono alle psicosi, a quelle lacerazioni della memoria che li riporta dinnanzi a corpi smembrati ed edifici in fiamme, a quei traumi indelebili che li rendono ansiosi e depressi, insonni e incontinenti. Vivono in spazi sovraffollati privi di aree ricreative e hanno visto nelle strade dove giocano la carne ardere viva e decomporsi. Missili, devastazioni e morte sono evocati nei disegni quando si mette dinnanzi a loro un foglio bianco. Se il diritto al gioco qui è un lusso, quello allo studio è prevenuto: Israele quest'anno oltre ai giocattoli ha impedito l'entrata all'interno della Striscia anche dei libri di testo per le scuole elementari. A differenza dei loro coetanei israeliani che sono liberi di praticare sport all'aria aperta o di svagarsi con la playstation i bambini di Gaza sono resi schiavi di un padrone che si chiama fame, e li vedo ogni giorno spingere aratri nei campi, frugare nei cassonetti della monnezza in cerca di materiali di recupero. Nel caldo insopportabile di questa canicolare estate sono sopra carretti trainati da muli stracarichi di mattoni e pietre recuperati dagli edifici bombardati, o li trovi agli incroci delle strade a vendere cianfrusaglia con sguardi da vecchi stanchi di sognare verdi cortili, campi di calcio e gelati.” [4]

Chi nega quello che accade a Gaza, come in Iraq, in Afghanistan o in altri paesi oppressi, è complice degli assassini. Non si può e non si deve far passare un massacro o un genocidio per “lotta al terrorismo”. Un medico francese chiamato a Gaza, Christophe Oberlin, ha così piegato quello che accade contro i civili palestinesi: "Gli israeliani dicono che solo il 30 per cento delle vittime palestinesi sono civili. Questa è una palese menzogna, sono pronto a testimoniarlo davanti a qualsiasi tribunale internazionale. È vero il contrario: almeno l'80 per cento delle vittime sono bambini, anche piccolissimi, donne, anziani. Qui si sta sparando contro la società civile senza porsi troppi problemi. E le ferite che ho visto sono orribili. Moltissimi dei pazienti muoiono sotto i ferri". [5]

Non dobbiamo dimenticare questi terribili delitti, perché queste persone rappresentano tutti noi, che desideriamo vivere in un mondo migliore, in cui non possa più esistere l’ingiustizia e la guerra. Qualsiasi persona innocente venga uccisa, sia italiana, afgana, irachena, libica o di altra nazionalità, è da considerare un martire vittima dell’attuale sistema, e ogni delitto deve rafforzare in noi la convinzione che un mondo migliore non soltanto è possibile, ma deve per forza essere il nostro futuro. Per cambiare il mondo abbiamo bisogno di considerare i bambini o i giovani palestinesi, vittime dei cecchini della autorità israeliane, come nostri figli. Abbiamo bisogno di considerare gli arabi, come i popoli oppressi di altre religioni, nostri simili, e se vengono bombardati è come se lo fossimo noi stessi. Soltanto così sarà possibile accrescere la solidarietà e la cooperazione del mondo per la pace e un nuovo sistema economico, finanziario e politico. E soltanto così Baldoni, come Arrigoni e molti altri, non saranno morti invano.

di Antonella Randazzo

NOTE:
[1] Si veda Chesnot Christian, Malbrunot Georges, Prigionieri in Iraq, Tropea Editore 2006.
[2] Si veda Il manifesto, 14 gennaio 2009.

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