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martedì 30 novembre 2010

Wikileaks: ci hanno preso tutti per imbecilli.

Pubblicazioni di documenti top secret.
Scottanti “rivelazioni” o un nuovo modo per esercitare ricatti e pressioni sui governi?

Le Lobby che controllano i mass media del pianeta e le Consorterie mondialiste che ne indirizzano le strategie di imbonimento dei cervelli, probabilmente sono oramai più che certe di avere a che fare con una massa di imbecilli, con una opinione pubblica decerebrata alla quale si può far credere ogni genere di sciocchezza.

Del resto non è forse vero che dall’11 settembre 2001 in avanti, con relativa facilità, si sono potuti coprire e mistificare, verso l’opinione pubblica mondiale, una sorta di cruenti attentati, talmente evidenti quali delle false flag, facendoli passare come opera di una fantomatica Al Qaeda?

In questo Nuovo Ordine Mondiale post caduta del muro di Berlino, non solo ci si è potuti permettere tali manipolazioni della credulità popolare, ma si è praticato anche l’utilizzo spudorato e la successiva pacifica sconfessione di menzogne, utilizzate per criminalizzare stati e nazioni sovrane che si volevano militarmente attaccare, distruggere e occupare. Il tutto come se niente fosse. Non ricordate forse la storiella che aveva terrorizzato l’America, quella dell’antrace? O le famose “armi di distruzione di massa”? Tutte favolette cotte e mangiate, pietanze utili per terrorizzare per qualche tempo le popolazioni e raggiungere certi obiettivi.

Ma visto che da cosa nasce cosa e alla “fantasia” non c’è mai fine, ecco l’altra più grande invenzione di questi tempi: quella della WikiLeakes.

WikiLeaks (da leak, “perdita”, “fuga”, in questo caso di notizie) dovrebbe essere una presunta organizzazione a livello internazionale, un sito fondato da un certo Julian Assange, che riceverebbe in modo anonimo e attraverso uno studiato sistema di criptaggio, documenti, in genere diplomatici e governativi, ma non solo, spesso coperti da segreto, diffondendoli poi attraverso Internet e nascondendosi dietro la copertura dell’anonimato.

Lo scopo sbandierato da questa organizzazione che non può non avere mezzi, cervelli e risorse di una certa entità, dovrebbe essere quello di ottenere una trasparenza da parte dei governi quale garanzia di giustizia e vera democrazia (figuriamoci!).

Il solo fatto che se ne parla e se ne scrive, mentre fonti nazionali autorevoli ne denunciano i gravi pericoli per i governi, finisce ovviamente per conferire una patina di grande importanza a questa WikiLeakes.

Recentemente, come ricorderete, vennero pubblicati una enorme mole di documenti che volevano dimostrare torture e stragi compiute dagli americani in Iraq, ma in definitiva, ad una lettura attenta di quanto pubblicato, ne usciva fuori un forte ridimensionamento di tali nefandezze, sia nelle cifre che nelle violenze perpetrate sulla inerme popolazione irakena.

Per quanto ci compete, guarda caso, ne usciva anche fuori che in definitiva Nicola Calipari era stato ucciso non per vendetta e avvertimento da parte statunitense, ma grazie a un equivoco conseguenza di un diversivo escogitato da Al Qaeda. Inoltre la parte più sensibile dei documenti pubblicati, ovviamente, tendeva a dimostrare le ingerenze di Teheran nelle situazioni calde del Medio Oriente, il pericolo costituito dagli Hizbollah nel Libano, ecc. Quasi un sottile invito a farla finita con i regimi di Siria e Iran visto che ora abbiamo le prove dello loro trame e tanto più che queste “prove” non le forniscono americani o israeliani, ma una fonte di verità che è la tanto “temuta” dagli Usa WikiLeaks.

Un bel giochetto, niente male. Se questo ridimensionamento delle malefatte yankee, fosse avvenuto attraverso una parziale ammissione di colpa della stessa amministrazione americana, ammesso che lo avesse potuto o voluto fare, tutti avrebbero avanzato il facile sillogismo che se gli americani ammettono dieci, vuol dire che, come minimo, hanno commesso cento.

WikiLeaks invece, spacciata come una fonte apparentemente “nemica” dei governi americani e comunque preposta a una controinformazione finalizzata a fare chiarezza, attraverso questa “clamorosa denuncia”, che comunque per i massacri e distruzioni perpetrati da anni in quelle località, era da tempo evidente, ha fatto tutti contenti e canzonati.

Ora, in questa ultima edizione di WikiLeaks, si vanno a pubblicare documenti segreti o segretati che dovrebbero mostrare alcuni aspetti nascosti della diplomazia e delle relazioni internazionali, tali dicesi, da mettere in difficoltà i governi delle rispettive nazioni chiamate in causa.

Niente di particolarmente eccezionale, a differenza di quanto i mass media vorrebbero farci credere, ma comunque sufficiente a tenere sotto scacco e ricatto i vari governi nazionali con una serie di rivelazioni più che altro da gossip, ma che riferite a importanti personalità e governanti possono complicarne i normali e futuri rapporti tra Stati.

E proprio in questo senso vengono fuori i veri fini e scopi di WikiLeaks, perché è facile rendersi conto che tutto questo non nasce per caso, ma è la conseguenza e la reazione alle fluttuazioni geopolitiche, a un parziale rimescolamento di alleanze e rapporti internazionali che si sta verificando negli ultimi anni.

E’ oramai, infatti, evidente che l’egemonia mondiale degli Stati Uniti, sempre salda da un punto di vista militare, anzi ancor più estesa attraverso i nuovi compiti della Nato e le occupazioni di spazi e risorse energetiche precedentemente preclusi (per esempio Iraq e Afganistan), è però profondamente scossa da un grave ridimensionamento economico e da una crisi di rapporti internazionali piuttosto pronunciata tali da metterne in discussione la leadership mondiale. E questo non deve accadere perchè per il “mondialismo”, gli Stati Uniti costituiscono ancora le “gambe” attraverso cui passano i progetti di dominio mondiale non ancora completati.

Ora, domandiamoci: se andiamo a ben guardare, una pubblicazione di documenti “scottanti”, che coinvolgono varie nazioni, sostanzialmente a chi possono andare a nuocere?

Non certo agli americani, se non in lievissima percentuale, ma invece proprio a quei nuovi rapporti internazionali che si erano appena stabiliti o si stavano per stabilire e che nel rimescolamento di carte in atto, con la crescita di nuove grandi realtà geopolitiche (per esempio il ruolo della Cina), contribuivano a mettere in crisi proprio l’egemonia statunitense nel mondo.

Guarda caso, per venire a parlare dell’Italia, si pubblicano telegrammi e documenti, presunti segreti, che riguardano gli accordi energetici tra Putin e il governo Berlusconi.

E lo stesso lo si fa con la Libia di Gheddafi. Proprio quelle due iniziative positive, per il resto dell’insulso governo Berlusconi (accordi con Gheddafi e con Putin), che erano viste come il fumo negli occhi dagli americani.

E’ allora solo un sospetto quello che ci fa pensare che, sempre per quel che riguarda l’Italia, grazie a WikiLeakes, si è portata quella desiderata bordata contro quei progetti, che gli americani avevano rinfacciato all’Italia attraverso i canali diplomatici, ma che ora viene portata anche a livello internazionale proprio grazie alla pubblicazione di documenti delicati?

Cosa sono dunque queste “rivelazioni” di WikiLeaks, se non un nuovo modo per esercitare ricatti e pressioni sui governi?

Chi danneggia veramente la “rivelazione” di documenti e notizie che dimostrano che gli americani spiano Statisti alleati e nemici e personalità dell’Onu? Gli Usa o i rispettivi “spiati” di cui vengono così messi in piazza aneddoti e aspetti poco edificanti?

Siamo quindi, come al solito, in presenza di altre mistificazioni, di una gran messa in scena finalizzata a manipolare l’opinione pubblica e condizionare l’operato dei governi, quei governi e quegli Stati a cui il mondialismo, proprio di questi giorni, con il suo governo mondiale ombra, ha brutalmente ricordato che devono cedere sempre più spazi di sovranità nazionale in favore delle strutture sovranazionali (in particolare il Fondo Mondiale e la Banca Mondiale).

Per concludere, tutto è finalizzato a destabilizzare gli Stati e fargli perdere sempre più forza sul terreno della loro sovranità nazionale, ma ci hanno anche preparato uno scenario di gestione di tutto questo veramente incredibile, dove l’informazione sarà sempre più monopolio di poche Lobby e centrali, come per esempio le reti Fox News di Murdoch, e il contrappeso della critica, dell’opposizione e delle denunce, sarà monopolio di queste WikiLeaks: insomma se la cantano e se la suonano da soli.

Del resto, in piccolo, non avevamo noi in Italia l’esperimento che la critica e la denuncia di fatti e misfatti si tendeva a farle svolgere a strutture private come “Striscia la Notizia” e il suo Gabibbo sponsor commerciale?

Tratto da:
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=5198
di: Maurizio Barozzi

lunedì 29 novembre 2010

Wikileaks: è così facile manipolare i media...

Wikileaks: é così facile manipolare i media…Ma non doveva essere l’”11 settembre della diplomazia Usa”? A me sembra che lo scoop di Wikileaks stia producendo l’effetto opposto: un gran polverone mediatico che, però, a ben vedere non intacca affatto la credibilità della diplomazia Usa. A uscirne malissimo sono, invece, i nemici dichiarati degli Usa: l’Iran, innanzitutto.

Ora sappiamo che, oltre a Israele, anche l’Arabia saudita e altri Paesia arabi premono per un intervento militare. Con due possibili conseguenze: Obama può giocarsi carta sul tavolo dei difficilissimi negoziati con Teheran per dimostrare di voler davvero un accordo pacifico oppure può usare lo scoop per preparare l’opinione pubblica all’uso della forza. Dealla serie: non siamo noi a volerlo ma i nostri amici a chiederlo e per la sicurezza della regione non possiamo non dar loro ascolto. Scenario, quest’ultimo, che potrebbe concretizzarsi da qui a qualche mese.

Altri cattivi: la Corea del Nord, che dà missili a Teheran. E poi un colpo ad alleati non molto graditi a questa amministrazione, come il Pakistan, che fa il doppio gioco con i talebani, e Berlusconi, di cui l’establishment internazionale (politico e finanziario) auspica la caduta, per andare non alle elezioni ma a un governo tecnico guidato da un esponente gradito in quegli ambienti. Come Mario Draghi o Mario Monti o, chissà, un insospettabile del centrodestra.

Insomma, non é difficile individuare, a monte di tutto, lo zampino dei servizi segreti, che hanno imbastito operazione molto spettacolare. Spin raffinato; dunque ingannevole. E come tale va considerato. Non lasciatevi abbagliare dai fuochi d’artificio. I media, come al solito, non hanno capito nulla; e si fanno facilmente strumentalizzare.


Tratto dal blog di Marcello Foa  :
http://blog.ilgiornale.it/foa/2010/11/29/wikileaks-e-cosi-facile-manipolare-i-media/

venerdì 26 novembre 2010

STRAGI, TERRORISMO E INTRIGHI INTERNAZIONALI.


Nel giugno scorso, per i tipi della Chiarelettere Editore è uscito un importantissimo e fondamentale libro che nell’affrontare la storia della strategia della tensione, delle stragi e del terrorismo rosso o presunto “nero”, esce fuori dai soliti schemi stereotipati e falsi per i quali dietro questi avvenimenti ci sarebbero stati “servizi deviati” e “massonerie deviate” e altre stupidaggini simili.
Con “Intrigo internazionale”, infatti, dell’ex magistrato Rosario Priore, per oltre trent’anni al centro di inchieste ed istruttorie giudiziarie su questi versanti, e del giornalista scrittore Giovanni Fasanella, già autore di alcuni lavori in merito ai segreti di Stato, ecc., si è finalmente affrontato il problema di anni di stragismo con un ottica interpretativa più consona e veritiera, ovvero quella che lo vede dipendere e scaturire, per lo più da intrighi ed interessi internazionali, nei quali l’Italia, paese situato in un delicato contesto geopolitico (area mediterranea e attigua a quella mediorientale, interessi petroliferi, ecc.) e in una difficile situazione storica (gli accordi di Jalta con la subordinazione del nostro paese agli Stati Uniti, i rapporti con l’Unione Sovietica e altri paesi d’oltre cortina, le mire anglo francesi su la nostra penisola, ecc.), ha dovuto subire trame e strategie disegnate fuori dei nostri confini.
Come vedremo, però, se da una parte le tesi e le interpretazioni avanzate dal giudice Priore sono importanti e decisamente di un livello più veritiero rispetto alle solite tiritere su le Stragi di Stato, i Servizi deviati, e così via, tutte interpretazioni queste, più che altro di comodo e di convenienza politica che, come è noto, non hanno mai portato a scoprire la verità e mandare in galera mandanti ed esecutori di inaudite stragi, da un altra parte rischiano di deviare dall’interpretazione esatta di quegli eventi per sconfinare in una confusione di responsabilità internazionali che, invece, non sono, non possono essere poste tutte su lo stesso piano.
In “Intrigo internazionale”, un libro scritto sotto forma di domande – intervista poste dal giornalista Fasanella e relative risposte del magistrato, semplificando, possiamo dire che si viene giustamente a sostenere che il nostro paese, collocato in una posizione geografica e strategica geocentrica e delicatissima è stato per molti anni vittima di una “guerra non dichiarata” in conseguenza degli interessi per l’egemonia nel mediterraneo, per il controllo delle fonti energetiche nel settore nord africano e mediorientale e per i riflessi delle guerre arabo – israeliane e israelo – palestinesi nel medioriente. Ipotesi questa da condividere totalmente.
Per il magistrato l’esito giudiziario delle stragi: “è stato condizionato da certe interpretazioni che hanno nuociuto moltissimo al lavoro investigativo di polizia e magistratura. Si tratta di stragi dalla matrice ancora incerta. E la stessa cosa mi sentirei di dirla, andando avanti negli anni, per la strage alla stazione di Bologna dell’agosto 1980 e per la tragedia di Ustica”.

E ancora, proprio su la cosiddetta tesi dei “Servizi deviati”, il giudice Priore viene a fare un altra importante precisazione:
“Occorre una volta per tutte prendere le distanze anche da questa categoria interpretativa. Un servizio ‘totalmente’ deviato, come pure hanno sostenuto diverse inchieste costituirebbe una ‘patologia gravissima nell’organizzazione di uno Stato democratico… Perchè se fosse stato vero, avrebbe comportato una scissione totale tra potere politico e apparati, con un servizio completamente distaccato dalla linea del governo se non addirittura operante contro lo stesso governo. E non era così”.
Parole queste di un ex “addetto ai lavori” che affossano per sempre le vecchie e strumentali interpretazioni sullo stragismo.
Secondo il magistrato, invece, proprio gli aspetti strategici nell’aerea mediterranea e il problema del petrolio, avrebbero messo l’Italia in rotta di collisione con gli interessi anglo francesi, soprattutto in conseguenza del colpo di stato del settembre 1969 in Libia del colonnello Gheddafi, un golpe che rovesciò la monarchia filo britannica di Re Idris ed estromise gli inglesi dall’ex “scatolone di sabbia”. A quanto pare il colonnello libico era salito al potere con un colpo di stato progettato, nei mesi precedenti, proprio in Italia e con un non indifferente aiuto del nostro paese che ebbe poi a sostenerlo, dietro le quinte, nei periodi successivi.
Considerando le date in cui si svolsero questi avvenimenti e considerato il fatto che il Golpe di Gheddafi ebbe la conseguenza di rafforzare, di fatto, la posizione italiana nel mediterraneo, il giudice Priore adombra il sospetto e qualcosa di più, che ci fu una reazione britannica.
A suo parere quindi si potrebbe ipotizzare, ma purtroppo non provare, che la strage di Piazza Fontana, la strategia della tensione ad essa collegata (termine, al tempo, non a caso coniato dalla stampa inglese), e forse anche i tentativi di colpo di stato in Italia attorno al 1976 per fermare l’ascesa al governo del Pci, furono la conseguenza di quegli avvenimenti.
Insomma gli anglo francesi, soprattutto i primi con i loro servizi M15 e M16, geopoliticamente nostri nemici storici fin dai tempi precedenti il secolo scorso, furono il “terzo giocatore” che si inserì nella cruenta partita che si giocava sul nostro territorio e che già vedeva in atto gli interessi della Nato in concorrenza con quelli sovietici e dei paesi del patto di Varsavia, sopratutto la Cecoslovacchia e la Germania est con il suo servizio segreto della Stasi.
Interessante l’excursus storico ricostruito dal magistrato che indirettamente conferma come la geopolitica euro asiatica di Mussolini, sostanzialmente antibritannica, in definitiva rispondeva ai nostri immutabili interessi geopolitici, tanto che anche nel dopoguerra, i regimi successivi, furono influenzati da quei progetti e costretti a ripercorre quelle stesse strade geopolitiche anche se con tattiche, metodi e strategie, più soft e completamente diverse.
Si immagini quindi quali poterono essere i risultati di questa “partita” giocata a più mani sul nostro suolo. Per Priore, infatti, esistono più contesti sul piano internazionale che hanno influito sulle nostre vicende interne e quindi, in definitiva, egli dice:

“Le grandi stragi compiute in Italia non sono opera di bande di ragazzi, ma grandi operazioni progettate nelle capitali di paesi che avevano interessi a tenerci sotto scacco”.
Ed ancora: “Da Piazza Fontana in poi nessuna delle grandi stragi compiute in Italia è mai stata rivendicata, nemmeno quelle dei primi anni novanta attribuite alla mafia. Quindi c’è una nuova categoria interpretativa da introdurre è, semmai, proprio quella delle ‘stragi silenti’. Episodi la cui comprensione sfugge a chiunque. Tranne, ovviamente, agli autori e i destinatari del messaggio”
Il magistrato, nelle sue risposte a Fasanella, illustra quindi una miriade di particolari, di riscontri come egli dice, spesso purtroppo non provabili sul piano giudiziario, di ipotesi e di esperienze personali, ai quali si può sostanzialmente dare credito, ma a nostro avviso occorre integrarli con una analisi più esaustiva del problema, un analisi che faccia emergere con evidenza quelli che furono i veri ispiratori dello stragismo e del terrorismo, da quelli che, più che altro, ne furono invece dei comprimari o comunque elementi di secondo piano.
Se non si procede in questo modo si rischia di annacquare l’interpretazione di quegli avvenimenti in una confusione e in una spartizione di responsabilità tra Cia, Mossad, Kgb, Stasi, servizi anglo francesi, ecc., che invece non sono tutte su lo stesso piano.
Ed è qui che ci permettiamo, sia pure modestamente, di abbozzare alcune “correzioni” o forse sarebbe meglio dire integrazioni al libro di Fasanella e Priori.
Intanto, a nostro avviso, bisogna dire che in Italia il lungo periodo stragista non è certamente uniforme ovvero non risponde ad una sola ed unica strategia di grande portata.

Come già ebbe ad intuire, pur senza poterlo dimostrare, Pier Paolo Pasolini :
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In sintesi nel nostro paese, collocato in una posizione geocentrica estremamente delicata, di fatto una vera portaerei naturale nel mediterraneo, si dispiegò una strategia via via sempre più cruenta che parte dalle prime forme di violenza e contestazione che presero corpo agli inizi della seconda metà degli anni ’60 e sfociò nelle bombe del 12 dicembre 1969.
Una strategia tipica della “guerra non ortodossa” di matrice atlantica e statunitense, non inglese, che negli anni ‘60, nel nostro paese, venne fatta camminare, dietro il paravento dell’anticomunismo e con le gambe di ambienti reazionari e conservatori legati e gestiti in qualche modo dai nostri Servizi, a loro volta subordinati, per diktat, accordi segreti e protocolli aggiuntivi, alle centrali di Intelligence occidentali e della Nato.
In seguito, una volta avviata, sparso il sangue, la “politica delle stragi e del terrorismo” camminò anche con altre “gambe” e le stesse organizzazioni di destra vennero buttate a mare (Usa & getta) se non in galera.
Ma oltretutto, a parte le strutture segrete della Gladio in mano statunitense, in base agli accordi Nato, il nostro servizio di sicurezza e di Intelligence era tenuto a passare notizie e ricevere istruzioni da una centrale apposita della Cia alle dirette dipendenze del Presidente degli Stati Uniti. Inoltre gli accordi segreti della Nato prevedevano l’istituzione degli Uspa (Uffici Sicurezza Patto Atlantico) alle dipendenze del capo servizio segreto militare presso il nostro Ministero Difesa, preposti anche a rilasciare i Nos (nulla osta di sicurezza) in accordo con la Nato. Figurarsi se gli americani lasciavano terreno libero agli inglesi in Italia.
Certamente la strage di Piazza Fontana, che può definirsi la madre di tutte le stragi, da quel momento cambiò radicalmente il modo di fare politica e di praticare la violenza sul nostro territorio, oramai divenuto terreno di scontro di vari ed opposti interessi internazionali.
E’ ovvio quindi che da Piazza Fontana in poi in tanti parteciparono al ballo degli attentati, e ogni paese che aveva qualche interesse rispetto al nostro ci mise il suo zampino
Ma a nostro avviso, da un certo punto in poi, a lato di questi interessi geopolitici, vi fu anche una sottile strategia “ideologica”, intesa a spostare il nostro paese dalla sua cultura borghese e cattolica e le sue strutture statali, di sicurezza e sociali che ancora vedevano in auge personaggi con vecchie mentalità conservatrici, quindi una strategia che mirava a cambiamenti “modernisti”, neoradicali e progressisti onde adeguare l’Italia alle grandi democrazie occidentali.
Era evidente, infatti, che le bombe, da quel certo punto in poi, pur tinteggiate di matrice “nera”, in realtà erano utili proprio a quello spostamento progressista di tutta la società italiana. Al contempo il terrorismo brigatista, Ustica e Bologna nel 1980, ecc., potevano invece rientrare in quegli scenari di guerra internazionale, tratteggiati anche dal giudice Priore.
Dunque l’interpretazione di quegli eventi e di quel periodo storico è alquanto complessa e abbisogna di chiavi di lettura particolarmente attente.
A nostro avviso, a differenza della tesi principale del magistrato, tutto questo non nasce dai soli interessi petroliferi e quindi dalla situazione creatasi nel nord Africa con il golpe di Gheddafi.

Tra l’altro, esponendo l’ipotesi che il colpo di stato di Gheddafi a Tripoli forse determinò l’intervento inglese contro l’Italia, fino ad arrivare a Piazza Fontana, il magistrato puntella questa ipotesi con un altro sospetto: il principe Junio Valerio Borghese, chiamato in causa per l’organizzazione della strage, viene ritenuto (ricorda Priore) dalla storiografia di destra (?), come un uomo legato ai servizi britannici.
Questa supposizione, però, ci sembra completamente errata. Borghese, infatti, venne tratto in salvo, nel dopo liberazione, dall’Oss di J. Jesus Angleton e furono gli americani a gestirlo in qualche modo fin dal suo periodo di prigionia, tanto è vero che nel 1947 si riscontrano uomini di Borghese in Sicilia ad operare a pro degli statunitensi e quindi in concorrenza degli inglesi a cui proprio in quegli anni venne definitivamente sottratto dagli Usa il controllo del nostro paese. A quei tempi poi, ex ufficiali della X Mas collaborarono anche con il nascente stato di Israele. Infine se ci proiettiamo agli anni che stiamo prendendo in esame, troviamo che nelle trame del subdolo “Golpe Borghese” del dicembre 1970, c’era la Cia, non i servizi inglesi.
Comunque sia, non siamo certo noi a ridimensionare i contrasti e i dispetti che fin dalla fine della guerra si crearono a seguito del passaggio dell’Italia dall’egemonia inglese a quella statunitense, oppure della enorme importanza del controllo delle fonti energetiche, che già condannò a morte Enrico Mattei, ma questi semmai possono essere degli elementi per una analisi di geopolitica generale proiettata nel tempo e sul piano storico dove si riscontra come la posizione geografica dell’Italia e il petrolio sono la costante che ha determinato e condizionato la storia del nostro paese.
Il riscontro delle trame e dei servizi inglesi, come di quelli dei paesi del Patto di Varsavia, possono anche essere degli elementi “aggiuntivi” nel calderone esplosivo della strategia della tensione ovvero la classica benzina gettata su fuoco.
Ma nello specifico di quella “strategia”, invece, tutto nasce dalla delicata situazione che venne a crearsi nel
sud Europa e nel mediterraneo in conseguenza della guerra arabo israeliana ovvero l’aggressione sionista all’Egitto e alla Siria che dal 5 giugno 1967 diede vita alla famosa guerra dei “sei giorni”. Una aggressione da tempo progettata a Washington e Tel Aviv e che doveva consentire ad Israele di rapinare territori altrui da sempre agognati e di raggiungere uno stato strategico di definitiva sicurezza nei propri confini.

Il periodo antecedente e susseguente alla “guerra dei sei giorni” è la chiave di volta interpretativa del perchè nel nostro paese si ritenne opportuno applicare le strategie, made Cia, della “guerra non ortodossa”.
Fu proprio in prospettiva di quella guerra, infatti, con la relativa situazione esplosiva che si sarebbe inevitabilmente creata nel mediterraneo (con il pericolo che i sovietici potessero in qualche modo approfittarne per insinuarsi nell’area) che gli Stati Uniti, supporto neppure troppo nascosto alle mire belliche sioniste, intesero premunirsi, soprattutto in virtù del fatto che dal 1966 la Francia di De Gaulle era uscita dalla struttura militare della Nato.

In Italia, più o meno già dal 1965, si era iniziato a gettare le basi per la guerra non ortodossa, uno stato di tensione estrema continuo fatto di infiltrazioni e gestione di movimenti cosiddetti eversivi (altra strategia americana detta Chaos), incrudimento delle violenze studentesche e sociali in atto nel paese e dal 1967 anche un crescendo di attentati sempre più cruenti.
Tutti questi riferimenti si riscontrano facilmente quando si va a considerare che ad aprile del 1967, gli americani pilotarono il famoso golpe dei colonnelli in Grecia, un intervento necessario per avere la certezza che quel paese, molto importante per la Nato e con una situazione politica in ebollizione (si prevedeva una vittoria delle sinistre alle prossime elezioni), potesse garantire, nell’imminente situazione di emergenza, il ruolo che gli era stato assegnato nella Nato.
Lo stesso pericolo di scollamenti dalla collocazione atlantica lo si poteva paventare in Italia a seguito della cronica crisi dei governi di centro sinistra, della presenza del più forte partito comunista europeo, e di un agguerrito fronte sindacale che in quegli anni post boom economico rendevano caotica ed esplosiva anche la situazione sociale.

Insomma, in vista e poi in conseguenza della crisi aperta dalla “guerra dei sei giorni”, occorreva assolutamente evitare che in Italia potessero sorgere iniziative governative che mostrassero una certa autonomia sul piano internazionale (come già era accaduto con quelle di Mattei) e che invece, a tutti i costi, il nostro paese rimanesse ingessato e ancorato indissolubilmente ai suoi impegni Nato. Non essendo possibile in Italia, paese molto più evoluto della Grecia, un golpe risolutivo, la strategia della guerra non ortodossa doveva creare quello stato di insicurezza e di terrore con il fine di “destabilizzare per stabilizzare” la situazione del paese, ovvero ricattare, terrorizzare e tenere sotto pressione i governi e le iniziative politiche affinché non ci fossero “sorprese” e l’ingessamento italiano nella Nato restasse stabile e sicuro.

Le origini e le cause della “strategia della tensione” vanno ricercate in questo contesto internazionale, politico e militare e tutto il resto che pur prese successivamente o contestualmente ad aggiungersi (petrolio, Libia, ecc.) passa in secondo piano. Come di secondaria importanza, sono i dispetti e le ritorsioni dei britannici, evidentemente indispettiti, le cui centrali di Intelligence attraverso la stampa (l‘Obeserver), a cavallo della strage di Piazza Fontana, presero a indicare nel “partito americano”, cioè nel presidente Saragat in particolare, smanioso di gestire uno “stato di emergenza”, come gli artefici della strategia della tensione e a sua volta Saragat rispose insinuando invece uno zampino inglese.

Superata, infatti, questa crisi strategica della Nato nel mediterraneo, più o meno dopo quella strana guerra detta del Kippur del 1973, nella quale Israele oramai poteva dirsi strategicamente al sicuro, morto De Gaulle e successivamente con il Watergate del 1974 in America, cambiati i rapporti di forza dell’amministrazione americana, cambiarono anche le strategie e venne, seppure in parte, ma non del tutto, accantonata la “guerra non ortodossa”.

Ora però in Italia, non solo presero a scontrarsi molteplici ed eterogenei interessi di ordine internazionale, contrapposizioni di Servizi di ogni colore, ma come accennato, tendenzialmente si cercò di perpetuare un “terrorismo” che potesse modificare, come in effetti modificò, tutta la struttura sociale e culturale del paese in senso progressista.

Da Brescia in poi, bomba dietro bomba, strage dietro strage, dietro le etichette di un fantomatico “terrorismo nero” l’Italia venne radicalmente sconvolta nelle sue culture e lo stesso Pci ne ottenne evidenti benefici tanto da arrivare a sfiorare la maggioranza elettorale.

La prospettiva di un Compromesso storico Dc – Pci, infine, palesatasi dal 1975 in avanti, determinò altri e diversi pericoli per la stabilità degli accordi di Jalta, ma anche il “pericolo” per chi aveva interesse a mantenere insicuro il nostro paese, che l’incontro di grandi masse contadine e operaie organizzate nel Pci e nei sindacati, e altrettante masse e realtà industriali con riferimenti nella Democrazia Cristiana, raggiungendo un accordo di governo, potessero dar vita ad una stabilità di potere che a tutti i costi in Italia, interessi straneri volevano evitare.
Un ricercatore storico impegnato a decifrare il periodo stragista, riscontra sicuramente la presenza di interessi e volontà straniere ed il fatto che tutto nasce fuori dai nostri confini, ma al contempo non può che osservare anche alcune evidenze alquanto inquietanti.
Tra le tante ne citiamo due: chi progettò di far esplodere le bombe del 12 dicembre 1969 a Roma e Milano, precedute da tutto un gran daffare di infiltrazioni, provocazioni e criminalizzazioni degli ambienti anarchici e dal forte stato di tensione di un precedente autunno caldo nei rinnovi contrattuali, sapeva benissimo che i morti e i feriti che ne scaturivano sarebbero stati addebitati ai “rossi”, agli anarchici appunto. E questo diciamo che è oramai dato per scontato un po’ da tutti.
Ma analogamente chi ideò di porre una bomba a Brescia il 24 maggio 1974 ad un comizio sindacale antifascista, era ben conscio che morti e feriti sarebbero stati addebitati alla destra neofascista, visto che oramai da tempo erano in corso tutta una serie di inchieste, procedimenti giudiziari, arresti e così via nell’ambito dell’estremismo di destra da più parti ritenuto responsabile per Piazza Fontana, e soprattutto dopo che pochi giorni prima un ragazzo della destra neofascista Silvio Ferrari, proprio a Brescia, era saltato per aria a causa dell’esplosivo che trasportava.
Quindi dietro allo stragismo c’era “anche” un disegno ideologico ben preciso e ci sarebbe piaciuto che Rosario Priore, oltre a cogliere gli “intrighi internazionali” avesse colto anche questo importante aspetto di quel triste periodo storico.
E’ quindi evidente, al di là dei singoli avvenimenti più o meno spontanei o provocati o fatto in modo che degenerassero, delle bombe che presero a esplodere, dapprima dimostrative poi assassine, del crescendo degli episodi di violenza del 1967 /’68, a seguire con le bombe della primavera estate del 1969, dette “della fiera campionaria” e “sui treni”, per arrivare a Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus, ecc., che dietro tutto questo c’era una strategia sottile, una “mano” che tirava certi fili, che cercava di conseguire determinati risultati o nel migliore dei casi, di sfruttare e incanalare per i suoi scopi certi avvenimenti.
E che questa “mano” fosse straniera non ci sono dubbi, visto che oltretutto Piazza Fontana, dai cui morti si innescherà poi tutto il resto, è conseguenza di una crisi internazionale nel mediterraneo e vista la collocazione coloniale del nostro paese che, come già accennato, a seguito del diktat impostoci con la fine della guerra, e per tutta una serie di accordi, protocolli e intese successive, vede i suoi più alti vertici militari e quelli delle strutture di intelligence, di fatto subordinati nel sistema Nato.
Se un alto esponente del Sid, quale il generale Gianadelio Maletti, che durante il suo operato da numero due del Sid, era ritenuto tra l’altro “amico” del Mossad israeliano, nel corso di una intervista rilasciata il 4 agosto del 2000 da Johannesburg (ripresa anche in un importante libro – intervista della Aliberti Editore “Piazza Fontana Noi sapevamo”), affermò esplicitamente che la CIA, attraverso la strumentalizzazione di ambienti di destra, aveva giocato un certo ruolo nello stragismo, tanto che il giornale La Repubblica, sottotitolò quell’intervista “La Cia dietro quelle bombe”, e se questo viene messo in relazione a tanti altri elementi emersi nel corso delle inchieste giudiziarie, tra cui soprattutto quelli del giudice Guido Salvini, nelle quali emersero certi collegamenti e certi traffici che risalivano alle basi americane in Veneto ed elementi di destra, la genesi della strategia della tensione comincia a ricomporsi.
Possiamo quindi dire che si può sottoscrivere in pieno quanto fece capire, nei suo ultimi anni Francesco Cossiga, un uomo che ha ricoperto quasi tutte le più alte cariche dello Stato e molti lo hanno anche visto come uno degli uomini politici più addentro ai “Servizi” e persino intento a pilotare, in sintonia con Andreotti, in “un certo modo” le insulse e inefficaci indagini sul rapimento di Aldo Moro. In pratica Cossiga, chissà forse per scaricarsi la coscienza, ha fatto capire che la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 è attribuibile agli americani; che la strage di Ustica del 27 giugno 1980, fu provocata da un aereo militare francese; che il nostro aereo “Argo”, nel novembre del 1973, a Porto Marghera, fu fatto esplodere in volo dagli israeliani (ritorsione con l’Italia per la liberazione dei palestinesi di Fiumicino).
Niente di “clamoroso”, visto che tutto questo lo si evince da più parti e dimostra che interessi internazionali e contingenti e altri di natura “ideologica” perpetuarono per anni lo stragismo in Italia, ma dimostra anche che al centro delle strategie che portarono a questi avvenimenti c’erano principalmente le centrali di Intelligence occidentali.
Successivamente, con gli anni ’70, il terrorismo brigatista, volente o nolente, rispose pienamente a queste esigenze “straniere” e su questo aspetto il libro del giudice Priore ne tratteggia i molti intrecci, con i servizi segreti dell’Est, le forniture di armi dai palestinesi e soprattutto la famosa scuola di lingue Hyperion con il suo Superclan (influente sulle brigate rosse morettiane) a Parigi, protetto dai servizi francesi.
Anche qui però, en passant, vorremmo far notare come i francesi, sia i governi di Giscard d’Estaing che soprattutto quelli ancor più massonici di Mitterand, mai avrebbero appoggiato per lungo tempo strutture para terroriste, in contatto anche con ambienti della guerriglia palestinese e mediorientali e dato protezione alla latitanza di tanti terroristi di sinistra, se non fossero stati più che certi che queste attività non avrebbero nuociuto ad Israele, anzi…

Il magistrato, passando a considerare gli “anni di piombo, periodo a cui dedica quasi tutte le sue risposte a Fasanella e che poi è proprio quello che conosce meglio avendoci lavorato come magistrato, nel cogliere gli innumerevoli nessi che legavano il terrorismo rosso alla Raf, quindi ai servizi della Stasi della Germania orientale, le forniture di armi che costoro si procuravano dalla Cecoslovacchia e dai palestinesi, ecc., indirettamente da l’impressione di tendere invece a minimizzare il ruolo del Mossad israeliano (e anche quello della Cia).

Eppure almeno una piccola osservazione dubitativa poteva essere formulata nel considerare che il fondatore e per anni direttore della Stasi era stato quel Markus Wolf, figlio del fisico scrittore ebreo Friedrich Wolf e fratello del regista Konrad Wolf. Non vogliamo fare del razzismo, ma in base a tante altre coincidenze ed evidenze storiche la domanda se questo super agente segreto sia sempre stato fedele al comunismo e basta oppure era anche un poco “sensibile” alle sorti dell’ebraismo e di Israele, non è poi così tanto peregrina e potrebbe cambiare i veri scopi per i quali la Stasi manteneva contatti con le organizzazioni della guerriglia palestinese e con il terrorismo di sinistra.
Considerando, infatti, gli “agganci” del servizio segreto israeliano verso il terrorismo rosso (sappiamo per certo che già nei primi anni ’70 gli israeliani contattarono le prime Br di Curcio e Franceschini proponendo aiuti), Priore nel considerare gli scopi di queste “attività” dei sionisti, pone la questione sul dubitativo, ma a suo avviso l’ingerenza israeliana forse era più che altro di tipo “informativo” e di convenienza e semmai il Mossad apparirebbe tutto al più interessato a che si perpetuassero certe attività brigatiste, per destabilizzare l’Italia ed avere, secondo il magistrato, dagli Usa la palma di nazione affidabile nell’area mediterranea – mediorientale.
In questo non siamo completamente d’accordo con lui, intanto perchè dobbiamo dire che l’interesse israeliano ad essere privilegiato dagli USA quale partner principale in quest’area, era del tutto secondario, essendo pressoché scontati e mai posti in dubbio gli stretti rapporti e interessi Usa – Israele.

Se poi invece andiamo a considerare molti particolari, che qui non abbiamo lo spazio per elencare tutti, ma per esempio: dai sospetti di una presenza del Mossad nell’operazione Moro, così come a quelli di sostegno alla Raf tedesca (condizionata quindi non solo dalla Stasi), dal fatto che dietro l’Hyperion agiva un Superclan a livello europeo che apparentemente strumentalizzava il terrorismo eversivo in mezza Europa, ma in realtà, con l’ispirazione di certe insensate attività eversive e attentati, fungeva da elemento stabilizzatore di Jalta, ci accorgiamo che il ruolo del Mossad andrebbe quantomeno meglio riconsiderato.
Non a caso, nel Superclan all’ombra della scuola di lingue di Parigi, a cui il magistrato dà giustamente la dovuta importanza rispetto al suo elaborare strategie del terrore e condizionare l’area della sinistra antagonista e quella armata, si riscontra la mano dei servizi contrapposti dell’est e dell’ovest e persino l’ombra del servizio segreto del Vaticano: tutte intelligence, impegnate in attività di varia natura, ma sostanzialmente finalizzate a operare e vigilare che la spartizione dell’Europa stabilita a Jalta non venisse messa in discussione.

A prima vista, per fare un esempio, potrebbe sembrare assurdo che il potente e planetario servizio segreto statunitense, la Cia, fosse dietro una struttura preposta a progettare e ispirare attentati soprattutto contro persone, uffici e caserme americane o della Nato o di paesi alleati.
Ed invece, se solo applichiamo il classico cui prodest, ci accorgiamo che anche queste strategie, per così dire “autolesioniste”, potevano essere indirettamente funzionali al controllo geopolitico del continente. Intanto questi servizi segreti occidentali sapevano benissimo che, per quanto vasti e cruenti potessero essere gli attentati anti americani e anti Nato, militarmente erano pressoché insignificanti, ma sapevano anche che indirettamente potevano contribuire a mantenere le nazioni e i governi europei in un clima di continua tensione e spesso di caos interno, favorendo così quella instabilità politica utile ad impedire ai governanti europei di intraprendere politiche o iniziative tendenzialmente autonome e divergenti dalla loro sottomissione stabilità a Jalta. Una sottomissione imposta a tutto il continente nel 1945, ma che con il passare degli anni, per le naturali e inevitabili dinamiche storiche si sarebbe potuta in qualche modo allentare. Ed infine, dietro la facciata di queste azioni terroristiche, non a caso venivano ad essere spesso eliminati personaggi affatto scomodi proprio per la stabilità di Jalta (vedi Moro) o per certi interessi dell’Alta Finanza (vedi Schleyer).
Per ragionare in quest’ottica bisogna avere una profonda esperienza di relazioni internazionali e di realtà geopolitiche, oltre che ad una certa elasticità mentale. Occorre, infatti, partire dal presupposto vero e sacrosanto che gli accordi di Jalta avevano una funzione strategica (sia pure temporale, perdurarono infatti quasi 45 anni), mentre tutti i dissidi, anche cruenti causati dalla divisione del mondo in due blocchi apparentemente contrapposti e sfociati in anni di guerra fredda e guerre di servizi segreti, avevano una caratteristica sostanzialmente “tattica”, ovvero quella di reagire, anticipare o prevenire a ogni tentativo del blocco opposto di allargare la sua influenza rispetto a quanto stabilito da quegli accordi o in conseguenza dei cambiamenti scaturiti dalla naturale dinamica geopolitica degli avvenimenti storici.

Quindi il vero substrato di Jalta era la “coesistenza pacifica”, lo scambio segreto di “piaceri” e informazioni ad alto livello che garantiva agli Usa e all’Urss il mantenimento dello status quo.
Lo stesso giudice Priore osserva giustamente, che i paesi del Patto di Varsavia sapevano bene che gli assetti e la spartizione geografico – politica stabilita a Jalta era immutabile ed infatti mai si è verificato che un paese di uno schieramento sia poi passato dall’altra parte, però poi il magistrato non ne trae la giusta conseguenza quella ovvero che le attività e le rivalità dei servizi segreti dei paesi comunisti contrapposti a quelli occidentali avevano altri scopi e interessi che non quelli di conquistare al proprio blocco un paese dell’altro schieramento.
Questo ovviamente non toglie che al contempo le due superpotenze fossero anche obbligatoriamente costrette a farsi le scarpe a vicenda, a farsi la guerra per interposta persona o a praticare la guerra delle spie.
Quando, tanto per fare un esempio, andiamo a riscontrare, come il testo del giudice Priore spesso ci ricorda, che nell’operazione Moro, ma non solo, partendo dalle Br vi troviamo tracce della Raf, quindi della Stasi, quindi del Kgb (per esempio la presenza del famoso “studente russo” Sergheij Sokolov che gironzolò attorno a Moro fin al giorno precedente il rapimento del presidente democristiano), non dobbiamo arrivare alla affrettata deduzione che Moro venne rapito e quindi eliminato dietro direttive dei sovietici perchè il suo “Compromesso storico” rischiava di mettere in crisi la politica di Mosca sulla “sovranità limitata” e il suo ruolo guida nei paesi oltrecortina.
In realtà, più semplicemente, accadeva che “anche” i sovietici, che avevano un occhio e forse una mano, dentro le Br, vi giocarono una loro parte ed avevano un loro interesse (anche perchè altrimenti vi si sarebbero opposti), alla eliminazione di Moro, ma tutta quell’operazione, costruita e consumata in un paese della Nato, era principalmente funzionale alle strategie occidentali e quindi si deve dedurne che l’ispirazione e il controllo definitivo di quella operazione nasceva dalle strategie occidentali, rispondeva principalmente ai loro interessi. Che poi per attuarsi e dispiegarsi materialmente doveva passare dalle Br, una organizzazione comunista armata che attingeva armi ed altro anche e soprattutto, direttamente o indirettamente che sia, da intelligence dei paesi dell’Est ed aveva per tramite un “centro” particolare come il Superclan dell’Hyperion è un altro discorso.
Per tornare all’Hyperion si riscontra anche il fatto che, tanto per fare un esempio, in quel superlan come disse Alberto Francescini, uno dei capi storici della BR, vi operava anche Duccio Berio, ovvero:
“…il braccio destro di Simioni, suo padre era un famoso medico ebreo milanese a suo dire legato ai servizi segreti israeliani. Berio, tra l’altro, era anche il genero di Alberto Malagugini esponente di primo piano del vecchio PCI. Ho quasi la certezza che il canale attraverso cui fummo contattati (le Br, dagli israeliani, n.d.r.) passava per questa persona”.
Ma oltretutto, come pur osserva lo stesso magistrato, il Mossad poteva all’occorrenza servirsi dell’apporto di molti correligionari della diaspora, e nei movimenti di sinistra, aggiungiamo noi e del resto lo dice anche Priore, attivisti e leader ebrei abbondavano assai.

In definitiva poi, particolare decisivo, se consideriamo che tutto questo trafficare e operare, con il tempo, non ha portato affatto all’indebolimento di Israele, ma alla sua abnorme crescita politica e militare, tanto dal diventare oggi una superpotenza dotata persino di arsenale nucleare, dobbiamo dedurne che, alla fin fine, tutto andava a vantaggio degli interessi dei sionisti e statunitensi, mentre gli altri paesi interessati (quelli dell’Est), ebbero certamente un loro ruolo, finalizzato ai propri scopi, certo non indifferente, ma sicuramente secondario.
La ricostruzione del terrorismo brigatista e delle sue possibili strumentalizzazioni, così come tratteggiata dal magistrato, invece, dà più che altro l’impressione di ingigantire il ruolo dei servizi segreti dei paesi dell’Est, interessati a far fallire i progetti di Compromesso storico di Berlinguer (e Moro) esiziali per la politica sovietica.
Se questo è pur vero, a nostro avviso però, non ha la stessa incidenza degli interessi occidentali affinchè il Compromesso storico abbia a fallire (Kissinger), che in Italia non nasca un governo forte e duraturo, che la politica di Moro, una politica di equidistanza e prudenza rispetto allo scontro che stava divampando anche sul territorio europeo tra israeliani e palestinesi, era particolarmente indigesta allo stato ebraico, e così via. A questo proposito sarebbe anche stato il caso di accennare all’infame attentato del novembre 1973 contro l’aereo Argo 16 utilizzato dai nostri Servizi e fatto esplodere sul cielo di Porto Marghera e da tutti messo in relazione ad una forma di ritorsione per la liberazione dei palestinesi arrestati per l’attentato di Fiumicino alle linee aeree israeliane.
Il giudice Priore sottolinea i rapporti tra Br e Raf tedesca, e sostiene che dietro la Raf come altri gruppi simili per esempio il “movimento 2 giugno”, vi era la Stasi. I riscontri che la sua attività di magistrato gli ha fatto scoprire non presentano dubbi.
Ma è pur ero che da tempo è stato rilevato come la Raf, dicesi molto più delle Br, era anche influenzata dalla intelligence israeliana e se poi andiamo a vedere bene a chi poteva giovare il terrorismo di queste organizzazioni tedesche troviamo che forse era più funzionale alle strategie occidentali e solo in parte a quelle dei paesi dell’Est. Per lo stesso rapimento dell’industriale Martin Schleyer, molto simile per le oscure finalità che lo determinarono, per la tecnica usata nel rapimento e per la fine cruenta dell’ostaggio, non pochi osservatori hanno fatto notare che se c’era qualcuno che ne veniva forse avvantaggiato questo era un certo circuito d’alta finanza in Germania.
Potremmo sbagliarci, ma avvertiamo nel testo un (involontario?) “ridimensionamento”, circa il ruolo e la presenza della Cia e del Mossad negli anni di piombo. Strutture di Intelligence queste che sono state le “vere” vincitrici negli avvenimenti storici successivi che portarono alla “caduta del muro” (1989) e all’implosione e disintegrazione di tutti gli stati dell’Est Europa, Russia compresa.

Chi legge il libro di Fasanella e Priore, invece, e non è bene informato su tutto il resto, potrebbe trarne la errata considerazione che in questi “intrighi internazionali” Cia, Mossad, M16, Kgb, Stasi, Palestinesi, ecc., ebbero più o meno le stesse responsabilità nella strategia della tensione e nel terrorismo, quando è vero invece che tutti erano presenti e inzupparono il loro “biscotto”, ma alcuni tirarono i fili dei loro burattini più degli altri e soprattutto ne colsero i frutti molto più degli altri.
Il Fasanella, per fare un esempio, nella introduzione al libro ricorda quando il giudice Priore con il collega Ferdinando Imposimato fecero dei sopraluoghi notturni ed in incognito nei pressi di via Caetani dove era stato ritrovato il cadavere di Moro. Il giorno dopo, ricorda il giornalista, i magistrati trovarono le foto di quella loro ricognizione nelle proprie cassette delle lettere. Una evidente minaccia e un avvertimento a non proseguire in quelle indagini.
Ma il giornalista omette di specificare o comunque di dire chiaramente, che quelle ricognizioni avvennero nel ghetto ebraico, alla ricerca di covi brigatisti, di cui uno si era già trovato in via Sant’Elena e quindi, se di intimidazione trattavasi, non poteva che ipotizzarsi che era finalizzata a tenere nascosta l’ubicazione dell’ultima prigione di Moro e di altre basi brigatiste, sospettate nel ghetto, una zona ben controllata dal Mossad.

Ma anche il giudice Priore fa una affermazione infelice, che lascia trasparire come egli quando esprime osservazioni verso Israele tenda ad andarci con i piedi di piombo.
Ad un certo punto, infatti, egli afferma quanto segue: “Il dato dal quale non si può prescindere è la particolare situazione di quello stato (Israele, n.d.r.), circondato da nazioni arabe ostili, che vogliono distruggerlo fisicamente…”.
Una affermazione questa apparentemente realistica, ma fuorviante perchè dimentica letteralmente il particolare che “quello stato”, circondato da nazioni arabe ostili, fin dalla sua nascita nel 1948, già segnata da sconfinamenti e stragi, espulsioni di residenti e villaggi conquistati a fil di spada e nel corso di altre innumerevoli guerre e aggressioni, ha allargato a dismisura i suoi confini, più che quadruplicando la sua estensione geografica e provocato l’espulsione di popolazioni scacciate dalle proprie abitazioni con operazioni (vedi anche oggi quanto accada a Gaza) da vera e propria “pulizia etnica”.
Semmai il magistrato avesse voluto sottolineare che Israele era costretto a vivere in condizioni di costante vigilanza armata, avrebbe dovuto almeno aggiungere che tutto questo era in conseguenza della sua politica guerrafondaia e di rapina. Anzi, visto che “quelle nazioni arabe confinanti e ostili” (vedi il Libano) erano loro a dover temere aggressioni, Israele doveva considerarsi più carnefice che vittima.

Articolo di Maurizio Barozzi
http://www.stampalibera.com/?p=18656#more-18656

martedì 23 novembre 2010

ATTRAVERSO L'INGANNO FAREMO LA GUERRA.

Lusitania, USS Maine, Pearl Harbor, USS Liberty, 9/11 …  
... se fai una cosa per bene nessuno sospetterà mai che tu l’abbia fatta !!!


Lenin (Vladimir Ilyich Ulyanov) disse:”l’istituzione di una banca centrale rende comunista una nazione al 90%”.[1] Il controllo di tutto il mondo, ovviamente, richiede un’organizzazione straordinaria, armi superiori e alta tecnologia (come HAARP), potere politico e controllo monopolistico di tutte le risorse. Il 17 febbraio del 1950, James Warburg dichiarò al Senato degli Stati Uniti:”Avremo un governo mondiale, che vi piaccia o no. L’unica domanda è se il Governo Mondiale sarà raggiunto con la conquista o con il consenso.”[2] In Russia, in Cina e in altri paesi, le élite usano dei criminali per la loro conquista violenta dei capi esistenti. Le popolazioni non darebbero volontariamente il consenso alla propria fine. Ma i cittadini distratti, ingenui e ignoranti, con il loro consenso rinunciano alla propria libertà, ponendo la loro fiducia negli altri: (1) politici ipocriti che raccontano bugie, hanno rinunciato alla costituzione e venduto le loro anime; (2) media suadenti guidati dal profitto di un’élite. Le sorridenti e brillanti teste parlanti, le avvocatesse in abiti scollati dalla parlantina veloce, legittimano l’indecenza mentre spacciano l’infoainment travestendolo da notizie. Esse giocano agli equivoci riguardo all’obiettivo della prossima guerra dei neocon, che a loro parere è necessaria per tenere al sicuro l’America.

Mentre vendono le loro illusioni e fabbricano le nostre percezioni, su cosa indossare, cosa mangiare, bere, pensare e di chi aver paura, esse nascondono, cancellano o coprono storie che riguardano in realtà le nostre vite.
 
Jacob H. Schiff, Paul Warburg e altri banchieri influenzarono il Congresso ad approvare il Federal Reserve Act (23 dicembre 1913). L’Anti-Defamation League (ADL) fu creata nel 1913 per ridurre al minimo le prevedibili critiche. I banchieri hanno fabbricato panico, ritirata del credito e nel processo hanno confiscato le risorse dei cittadini e i beni personali attraverso falsi salvataggi, ratificati da politici compromessi. Queste azioni, in ultima analisi, sono calcolate e progettate per decimare l’economia. Gli stessi banchieri che promossero la Federal Reserve, finanziarono Lenin, Trotsky, Stalin, Zinoviev, Kamenev, Molotov e Kirov (pseudonimo), nella loro atea e violenta presa in consegna della Russia. I banchieri cominciarono a fare grandi profitti quando Bernard Baruch, Louis Brandeis e altri manipolarono il loro burattino Woodrow Wilson ad entrare nella Prima Guerra Mondiale con il denaro preso in prestito dopo il provocato attacco al Lusitania.
 Winston Churchill, un seguace Rothschild, trattò come “esche vive” gli americani che viaggiavano sulla sfortunata Lusitania, una tattica per coinvolgere gli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale, che diede inizio al flusso di denaro dalle tasche dei cittadini americani verso le cantine dei Rothschild e dei loro colleghi banchieri. La tattica delle “esche vive” era stata utilizzata con successo con la morte dei marinai americani a bordo della USS Maine. I banchieri dietro i magnati aziendali sfruttarono la situazione. I loro burattini politici ordinarono poi ai militari di invadere le ricche di risorse Filippine. Nel frattempo, i media insultarono e disumanizzarono gli innocenti filippini in modo che gli invasori potessero razionalizzare la loro uccisione. I magnati favoriti erano al seguito per la raccolta di manodopera a basso costo al fine di estrarre le risorse e il governo sequestrava il terreno per costruire basi militari per la gestione della popolazione e per proteggere le risorse. Per legittimare la propaganda in favore della Prima Guerra Mondiale, Walter Lippmann convinse il Presidente Wilson a creare la Commissione Ufficiale sulla Pubblica Informazione (CPI) il 13 aprile 1917. Wilson designò come presidente l’editore di giornali George Creel. Creel commissionò agli artisti della nazione la produzione di dipinti, manifesti e cartoni animati al fine di promuovere la guerra. Con l’aiuto competente di Edward Bernays “il padre delle pubbliche relazioni” e nipote di Sigmund Freud, il CPI produsse la più atroce propaganda di odio contro i tedeschi. Bernays manipolava la pubblica opinione attraverso la psicologia di massa, la sua specialità. Creel aveva un organico di fabbricatori di parole – giornalisti, scrittori, intellettuali e diversi pubblicitari – che più tardi ammise che erano disposti a mentire, usare il richiamo emotivo e la demonizzazione del nemico per generare odio e paura al fine di sollecitare il sostegno alla guerra.[3] In attesa di entrare in un’altra guerra, l’11 luglio 1941, il Presidente Roosevelt creò l’ufficio del Coordinatore delle Informazioni (COI), e nominò William J. Donovan, un avvocato di Wall Street, come suo capo.[4] Gli apologeti del Comunismo Eleanor Roosevelt, Wendell Willkie, George Field, Dorothy Thompson, Herbert Bayard Swope e importanti giornalisti, docenti universitari, sindacalisti, teologi e funzionari pubblici fondarono la Freedom House nell’ottobre del 1941, un’organizzazione di facciata del CFR. La Freedom House incoraggiava l’occulta attività di propaganda di gruppo perché sperava di convincere i cittadini statunitensi ad accettare l’ingresso nella Seconda Guerra Mondiale. Freedom House è stata strumentale nel facilitare e sostenere le politiche post guerra, come il piano Marshall, la NATO e le Nazioni Unite.[5] Il Piano Marshall trasferì i dollari delle tasse statunitensi nelle mani dell’élite, camuffandolo come sforzo umanitario. I contribuenti americani ricostruirono i paesi stranieri bombardati con la clausola che i soldi dovevano essere spesi con le società statunitensi con dietro i banchieri, le quali alzarono i loro prezzi per quei clienti stranieri. Gli USA fecero un embargo al Giappone, il quale dipendeva dalle importazioni, al fine di provocare una risposta militare.
Churchill e Roosevelt, i cui governi avevano decifrato i codici di comunicazione giapponesi, seguirono poi i progressi della spedizione militare giapponese a Pearl Harbur, dove furono uccise 2402 persone, le “esche vive”, il 7 dicembre del 1941.
Dopo l’attacco di ritorsione del Giappone i media li vilipesero e li disumanizzarono. Il governo degli Stati Uniti, esortato dagli agricoltori californiani, trasferì e internò, anche con la forza, 110.000 giapponesi americani, per lo più contadini della costa ovest, che solitamente vendevano i loro prodotti in modo più competitivo rispetto ai caucasici. Il governo mise i giapponesi nei campi di detenzione e congelò tutti i loro beni. Almeno 80.000 di questi individui erano nati in America. Il 13 giugno 1942, dopo che gli Stati Uniti entrarono in guerra, il reparto di propaganda del COI si unì al nuovo Ufficio di Informazioni di Guerra (Office of War Information – OWI), e fu ribattezzato Ufficio dei Servizi Strategici (Office of Strategic Services – OSS) ancora sotto la direzione di Donovan. [6] L’OSS sviluppò abilità clandestine in tutto il mondo e impiegò quasi 13.000 uomini e donne.[7] Esso condusse la guerra psicologica, spesso usata dai governi per condurre le truppe in guerra. Questa includeva ripetizioni costanti di storie di atrocità inventate al fine di dimostrare che il nemico era il male e doveva essere eliminato.[8] Nel 1942, il Dipartimento di Stato e i membri del CFR collaborarono per creare una nuova “organizzazione sovranazionale” per rimpiazzare la Lega delle Nazioni, basata sulle idee internazionaliste di Wlson.[9] Il Segretario di Stato Corder Hull (CFR) chiese al comunista Alger Hiss di assemblare un gruppo di altri 14 membri del CFR per redigere la Carta delle Nazioni Unite (ONU).[10] La Carta delle Nazioni Unite sostituì la Costituzione degli Stati Uniti con scarsa risposta da parte degli elettori, i quali che erano stati traumatizzati dall’attacco giapponese a Pearl Harbour. I Senatori degli USA accettarono la carta senza nemmeno vederne una copia. Essi non avevano l’autorizzazione a vincolare i cittadini americani, senza il loro consenso, alle condizioni della Carta delle Nazioni Unite.[11] Stalin si sarebbe unito agli alleati solo se gli Stati Uniti non avessero accettato l’ONU. Il 12 aprile 1952 il Segretario Dulles avrebbe rivendicato che “Le leggi del trattato possono sovrascrivere la Costituzione. I Trattati possono portare il potere lontano dal Congresso e consegnarlo al Presidente.”[12] Truman sospese le operazioni dell’OSS l’1 ottobre 1945. I suoi dirigenti, il personale addestrato e il patrimonio, furono infine trasferiti nella nuova Central Intelligence Agency (CIA), attraverso il National Security Act del 26 luglio 1947. Tra i trasferiti alla CIA c’erano 4 futuri direttori della CIA, Allen Dulles, Richard Helms, William Colby, e William Casey. La CIA, creata e gestita da un’elite, è un’organizzazione mondiale col fine di perpetrare attività terroristiche segrete. Ha collegamenti con l’MI6 Britannico e il Mossad israeliano. Truman lottò per la regolarizzazione della guerra psicologica della CIA, uno dei più grandi trionfi di propaganda dell’agenzia.[13] Le attività della CIA, secondo la direttiva ufficiale del governo, includevano: propaganda, guerra economica, azioni dirette preventive, tra cui sabotaggio industriale, demolizioni e misure di evacuazione, sovversioni contro gli stati ostili, compresa l’assistenza ai movimenti di resistenza clandestina, ai guerriglieri e ai gruppi di liberazione dei rifugiati, e supporto agli indigeni anticomunisti o, adesso, agli elementi antinazionalisti nei paesi di tutto il mondo. Queste operazioni non dovevano includere conflitti armati riconoscibili con forze militari, spionaggio e controspionaggio, ma copertura e inganno per le operazioni militari.”[14] I Presidenti Truman e Eisenhower introdussero e mobilitarono la propaganda in tempo di pace come una pratica ufficiale. I dittatori armati di pistola suscitano un’opposizione, mentre invece le democrazie usano la propaganda per convincere i cittadini ad accettare le idee, i punti di vista o le posizioni politiche per fare in modo che la comunicazione sia fatta fondamentalmente o immediatamente propria.[15] Truman istituì lo Psychological Strategy Board, come parte della CIA, il 4 aprile 1951, con Gordon Gray (CFR) come primo direttore. Henry Kissinger, un professore di Harvard, fu consulente di Gray.[16] La CIA pubblicò e disseminò centinaia di libri per promuovere la linea ufficiale di partito della Guerra Fredda. Dietro il sostegno della CIA le reti dei mezzi di comunicazione fornivano copertura per i loro agenti e permettevano la distribuzione di disinformazione, che, negli Stati Uniti, si sviluppava prevedibilmente tramite le agenzie di stampa, che impiegavano anche agenti della CIA, i quali impedivano che un fatto scomodo guadagnasse l’esposizione pubblica.[17] Frank Wisner, insieme con Allen Dulles, Richard Helms e Phillip Graham (editore del Washington Post e marito della CFR/Trilateralista Katharine Graham) istituì l’operazione Mockingbird, il programma della CIA per controllare i media statunitensi.[18] Per decenni le “notizie” statunitensi furono fabbricate. Nel 1981, il direttore della CIA William Casey disse:”Noi sapremo che il nostro programma di disinformazione sarà completato quando ogni cosa che il pubblico americano crederà sarà falsa.” Nel 1948, secondo John F. Kennedy, molti dei sostenitori di Truman lo abbandonarono perché sostenne il piano Morgenthau e altre dubbie questioni. Nella sua campagna whistle-stop in treno durante la corsa presidenziale, un avido sionista statunitense gli consegnò una valigia contenente 2 milioni di dollari in contanti che gli diede la spinta finanziaria di cui aveva bisogno per vincere in quello che fu considerato il più grande stravolgimento elettorale nella storia degli Stati Uniti.[19] Truman credeva che, come risultato della Shoah, gli ebrei erano stati oppressi e meritavano una patria. Gli inglesi rinunciarono al problema di uno stato diviso arabo-ebraico in favore delle Nazioni Unite il 2 aprile 1947, a causa del terrorismo ebraico in Palestina. Il Presidente Truman incaricò un riluttante Dipartimento di Stato ad approvare il 29 novembre 1947 il piano di partizione delle Nazioni Unite. A mezzanotte del 14 maggio del 1948, il governo provvisorio di Israele annunciò il nuovo stato di Israele. In quello stesso giorno, al pari del riconoscimento del governo sovietico da parte di Roosevelt, Truman riconobbe ufficialmente il governo sionista in Palestina contro il parere di molte persone. Truman non si diede il disturbo di informare i principali funzionari del Dipartimento di Stato, i quali si arrabbiarono quando sentirono la notizia. Il 15 maggio 1948, gli stati arabi risposero invadendo Israele, dando inizio alla prima guerra arabo-israeliana.[20] I sionisti detenevano solo il 7% della terra quando proclamarono il loro stato. Dopo il riconoscimento di Truman, gli esperti di pubbliche relazioni iniziarono a promuovere l’espressione “Giudeo-Cristiano” per contribuire alla creazione del “rapporto speciale” dell’America con Israele.

… omissis …
L’8 giugno 1967 ci fu un tentativo fallito di usare il dispositivo “esche vive”, con la preconoscenza da parte del governo, con la USS Liberty.
I media USA posseduti dai sionisti tacquero sull’attacco israeliano a bordo della nave. In seguito la tattica delle “esche vive” fu utilizzata nella USS Cole, dove furono uccisi 17 marinai americani, e 39 furono feriti. Una piccola imbarcazione di spostò a babordo del cacciatorpediniere quando tutti i marinai erano raccolti in cucina per il pranzo. Si verificò un’esplosione che creò un buco di 40×40 piedi nella nave. Al Qaeda, guidata da Osama bin Laden, un uomo della CIA, rivendicò l’attacco. Eppure, i campioni degli esplosivi recuperati dallo scafo della nave mostrarono che i materiali utilizzati erano disponibili solo negli Stati Uniti e in Israele. Poi la tattica delle “esche vive” è stata utilizzata il 9/11 per condurre gli Stati Uniti a rimuovere Hussein e bombardare l’Iraq per farlo tornare all’età della pietra. Entro le 24 ore dal 9/11 i media, miracolosamente, rivelarono storie, foto e dettagli sui terroristi islamici che avrebbero perpetrato l’attacco, come se tutte le informazioni fossero state preparate in anticipo.

… omissis …

[1] The Synagogue of Satan, the Secret History of Jewish World Domination by Andrew Carrington Hitchcock, River Crest Publishing, Austin, Texas, 2007, p. 102
[2] Liberty Tree, http://quotes.liberty-tree.ca/quotes_about/debt
[3] Wartime Propaganda, World War I, “The War To End All Wars, http://www.100megspop3.com/bark/Propaganda.html
[4] Two Faces of Freemasonry by John Daniel, Day Publishing, Longview, Texas, 2007, pp. 99-100
[5] Freedom House Statement on the Passing of George Field, Washington, DC, June 1, 2006, http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=70&release=384
[6] OSS, the Secret History of America’s First Central Intelligence Agency by Richard Harris Smith, The Lyons Press, Guilford, Connecticut, 2005, pp. 1-2
[7] What Was OSS Many OSS Records have recently been declassified: Report to the IWG on Previously Classified OSS Records, June, 2000, https://www.cia.gov/cia/publications/oss/art03.htm, http://www.archives.gov/iwg/reports/june-2000.html
[8] The Mind of Adolf Hitler, the Secret Wartime Report by Walter C. Langer, Basic Books. 1972, p. 4
[9] Bush’s New World Order: The Meaning Behind The Words by Major Bart R. Kessler, March 1997, pp. 7-9
[10] American Statesmen: Secretaries of State from John Jay to Colin Powell edited by Edward S. Mihalkanin, Greenwood Press, Westport, Connecticut, 2004, p. 263
[11] The Liberty Committee, American Sovereignty Restoration Act, H.R. 1146, Analysis by Herbert W. Titus, Senior Legal Advisor, http://www.thelibertycommittee.org/hr1146analysis.htm
[12] The Supremacy Clause: a Reference Guide to the United States Constitution by Christopher R. Drahozal, Greenwood Publishing Group, Westport, Connecticut, 2004, p. 163
[13] Safe For Democracy, The Secret Wars of the CIA by John Prados, 2006, Chapter 5, The Covert Legions
[14] Note on U.S. Covert Actions, U.S. State Department
[15] Age of Propaganda, the Everyday Use and Abuse of Persuasion by Anthony Pratkanis and Elliot Aronson, University of California, Henry Holt and Co., New York, 1992, pp. 9-10
[16] Harry S. Truman Papers Staff Member and Office Files: Psychological Strategy Board Files, Dates: 1951-53, http://www.trumanlibrary.org/hstpaper/physc.htm
[17] The CIA’s Greatest Hits by Mark Zepezauer, Odonian Press, Tucson, Arizona, 2002, pp. 52-53
[18] The CIA and Nazi War Criminals, National Security Archive Posts Secret CIA History Released Under Nazi War Crimes Disclosure Act National Security Archive Electronic Briefing Book No. 146, Edited by Tamara Feinstein, February 4, 2005, http://www.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB146/index.htm
[19] Jewish History, Jewish Religion, the Weight of Three Thousand Years by Israel Shahak, Pluto Press, London, England and Boulder, Colorado, 1994, p. vii
[20] Harry S. Truman Library, the Recognition of Israel, http://www.trumanlibrary.org/whistlestop/study_collections/israel/large/index.php
[21] The Controversy of Zion by Douglas Reed, Dolphin Press, Durban, South Africa, 1978, pp. 332-333
[22] Target Patton: The Plot to Assassinate General George S. Patton By Robert K. Wilcox, Regnery Publishing, Inc., Washington, 2008, pp. 169-170, 193-194
[23] After the Reich: the brutal history of the Allied occupation by Giles MacDonogh, Basic Books, New York, 2007, p. 26
[24] The Origins of the Overclass by Steve Kangas, http://www.huppi.com/kangaroo/L-overclass.html
[25] Washington’s Farewell Address 1796, http://avalon.law.yale.edu/18th_century/washing.asp
[26] The Controversy of Zion by Douglas Reed, Dolphin Press, Durban, South Africa, 1978, p. 343
[27] JFK, the CIA, Vietnam, and the Plot to Assassinate John F. Kennedy by L. Fletcher Prouty, Carol Publishing Group, 1992, pp. 70-71
[28] The Secret History of the CIA by Joseph J. Trent, Carroll & Graf Publishers, New York, 2001, pp. 327-329
[29] JFK, the CIA, Vietnam, and the Plot to Assassinate John F. Kennedy by L. Fletcher Prouty, Carol Publishing Group, 1992, pp. 70-73
[30] Ibid, pp. 72-76
[31] The Secret History of the CIA by Joseph J. Trent, Carroll & Graf Publishers, New York, 2001, pp. 327-329
[32] Ibid, pp. 327-329
[33] JFK, the CIA, Vietnam and the Plot to Assassinate John F. Kennedy by L. Fletcher Prouty, Carol Publishing Group, New York, 1992, pp. 72-76
[34] Beyond Chutzpah, on the Misuse of Anti-Semitism and the Abuse of History by Norman G. Finkelstein, University of California Press, Berkeley, California, 2005, p. 66
[35] Israel’s Sacred Terrorism by Livia Rokach, Association of Arab-American University Graduates, 1985, this book is composed of excerpts from Moshe Sharett’s diary. He was Israel’s Prime Minister (1954-55) and Foreign Minister (1948-56), http://chss.montclair.edu/english/furr/essays/rokach.html
[36] The Jewish Religion: Its Influence Today by Elizabeth Dilling, The Noontide Press, Costa Mesa, California 1983, pp. 38-39
[37] They Dare to Speak Out, People and Institutions Confront Israel’s Lobby by Paul Findley, Lawrence Hill Books, Chicago, Illinois, 1989, pp. 114-116 Findley lost his bid for reelection when pro-Israel supporters financed his opponent, Dick Durbin
[38] Ibid, pp. 114-116
[39] Ibid, pp. 114-116
[40] Our Israel-centric Foreign Policy by Paul Findley, The Huffington Post, June 9, 2005, http://www.huffingtonpost.com/paul-findley/our-israelcentric-foreign_b_2378.html[41] The CIA and the Media by Carl Bernstein, Rolling Stone, October 20, 1977[42] The Praetorian Guard, the U.S. Role in the New World Order by John Stockwell, South End Press, Boston, Massachusetts, 1991, p. 34
[43] Profile: Taliban, History Commons, http://www.historycommons.org/entity.jsp?entity=taliban
[44] How 6 million People Were killed in CIA secret wars against third world countries, http://www.informationclearinghouse.info/article4068.htm
[45] The War on Islam by Enver Masud, Madrasah Books, Arlington, Virginia, 2003, pp. 19-20
[46] ASMA Society, Mission Statement, http://www.asmasociety.org/home/
[47] Our Supporters: U.S. Foundations, http://www.asmasociety.org/home/p_support.html
[48] The Ms. Foundation for Women, History, http://ms.foundation.org/about_us/our-history
[49] In Defense of the Law of Return by Letty Cottin Pogrebin, The Nation, December 22, 2003,
[50] Campaign Contribution Search – Letty Cottin Pogrebin http://www.newsmeat.com/fec/bystate_detail.php?st=NY&last=Pogrebin&first=Letty
[51] Americans for Peace Now, http://fedupusa.wordpress.com/americans-for-peace-now/
[52] Fulbright Scholarship Program Information, http://exchanges.state.gov/education/fulbright/ffsb/
[53] Big Lies, the Right-Wing Propaganda Machine and How it Distorts the Truth by Joe Conason, Thomas Dunne Books, New York, 2003, p. 34
[54] The High Priests of War, The Secret History of How America’s “Neo-Conservative” Trotskyites Came to Power and Orchestrated the War Against Iraq as the First Step in their Drive for Global Empire by Michael Collins Piper, American Free Press, Washington, DC, 2005, pp. 38, 45
[55] Blinded by the Right, the Conscience of an Ex-Conservative by David Brock, Three Rivers Press, New York, 2002, p. 52
[56] The Media Can Legally Lie, Project Censored by Liane Casten, Spring 2003, http://www.projectcensored.org/top-stories/articles/11-the-media-can-legally-lie/
[57] Open Secrets: Israeli Foreign and Nuclear Policies by Israël Shahak, Pluto Press, London, Chicago, Illinois, 1997, p. 54
[58] Catastrophic Terrorism: Elements of a National Policy By Ashton B. Carter, John M. Deutch and Philip D. Zelikow, 1998, http://www.ksg.harvard.edu/visions/publication/terrorism.htm
[59] 9/11 Unveiled by Enver Masud, The Wisdom Fund, Arlington, Virginia, www.twf.org, 2008, pp. 9-10
[60] Rebuilding America’s Defenses, Strategy, Forces and Resources for a New American Century, the Project for a New American Century, September 2000, p. 51
[61] Osama bin Laden: Dead or Alive by David Ray Griffin, Olive Branch Press, Northampton, Massachusetts, 2009, p. 14
[62] Ibid, pp. 2, 10
[63] Port loses claim for asbestos removal, Port Authority of New York and New Jersey by Douglas Mcleod, Business Insurance, May 14, 2001
[64] PNAC letter to George W. Bush, http://www.newamericancentury.org/Bushletter.htm
[65] Ibid
[66] A New Pearl Harbor, http://www.ifamericansknew.org/us_ints/nc-pilger.html
[67] How Wide a War?, PBS, September 26, 2001, http://www.pbs.org/newshour/bb/terrorism/july-dec01/wide_war.html
[68] West-Islamic World Dialogue, http://www2.weforum.org/en/initiatives/c100/index.html
[69] Partial list of people associated with the Project for the New American Century, People identified as being connected to the PNAC because either they are listed on the organization’s web site, or their names appear as authors/contributors on official PNAC documents. Information current to Dec. 2004, http://www.reasoned.org/e_PNAC2.htm
[70] Freedom House Financial Statement, 2007, http://www.freedomhouse.org/uploads/special_report/72.pdf
[71] Ibid
[72] R. James Woolsey – Booz Allen VP, http://findarticles.com/p/news-articles/analyst-wire/mi_8077/is_20100603/james-woolsey-vice-president-booz/ai_n53882161/
[73] Secret Rumsfeld Meeting To Implement North American Union, http://angelsfortruth.com/North%20American%20Union.html
[74] Rebuilding: At What Cost and in who’s Image by Rita J. King, Special to CorpWatch, August 16th, 2006
[75] Curbing Government Contractor Abuse, San Diego Union-Tribune By Charlie Cray, September 30, 2005, http://www.fpif.org/fpifoped/1283
[76] Testimony Of Nina Shea, Director Center for Religious Freedom, Freedom House Before The Committee on International Relations U.S. House of Representatives Subcommittee on Africa, Global Human Rights andInternational Operations “In Defense of Human Dignity: The 2005 International Religious Freedom Report”November 15, 2005, p. 16
[77] Freedom House Press Release, Revised Saudi Government Textbooks Still Demonize Christians, Jews, Non-Wahhabi Muslims and Other, Washington, DC, May 23, 2006, http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=70&release=379
[78] Ibid
[79] Kenyan-born Obama all set for US Senate, http://web.archive.org/web/20040627142700/eastandard.net/headlines/news26060403.htm
[80] Orly Taitz: Obama policies are ‘clear and present danger to Israel’, The driving force behind the ‘birther’ movement has found her star is rising in Israel by Benjamin L. Hartman, Ha’aretz, http://www.haaretz.com/news/orly-taitz-obama-policies-are-clear-and-present-danger-to-israel-1.282161
[81] In Doubt’s Shadow, Soviet Jewish Émigré Orly Taitz is the ‘Queen Bee’ of the ‘Birther’ Movement, http://www.tabletmag.com/news-and-politics/11908/in-doubt’s-shadow/
[82] Nearly 300 Congress members declare commitment to ‘unbreakable’ U.S.-Israel bond, Letter to Clinton underscores Biden remarks that there is ‘no space’ when it comes to Israel’s security by Natasha Mozgovaya, http://www.haaretz.com/news/nearly-300-congress-members-declare-commitment-to-unbreakable-u-s-israel-bond-1.266652
[83] Rahm Emanuel Lights National Menorah At White House, AP/ The Huffington Post, 12-13-09, http://www.huffingtonpost.com/2009/12/13/rahm-emanuel-lights-natio_n_390552.html
[84] Operation Mind Control by Walter Bowart, Dell Publishing Co., Inc., New York, 1978,
[85] Newt Direct, No Mosque at Ground Zero, July 28, 2010, http://www.newt.org/newt-direct/no-mosque-ground-zero
[86] Derailing Democracy, the America the Media Don’t Want You to See by David McGowan, Common Courage Press, Monroe, Maine, 2000, p. 167
[87] A Century of War: Lincoln, Wilson, and Roosevelt by John V. Denson, Ludwig von Mises Institute, Auburn, Alabama, 2006, p. 17
[88] Bill Clinton and his NAFTA Baby Co-Conspirators, http://www.nolanchart.com/article368.html


ARTICOLO COMPLETO:
http://www.stampalibera.com/?p=18597#more-18597
di Deanna Spingola * 16 Settembre 2010

Traduzione: http://nwo-truthresearch.blogspot.com/

link articolo originale: http://www.spingola.com/By_Way_of_Deception.html

sabato 6 novembre 2010

LA GUERRA E LA CONQUISTA DELL ’EURASIA

L’ OPPOSIZIONE DELL’ "ONDA VERDE” IRANIANA E I SUOI LEGAMI CON LA GEOPOLITICA GLOBALE
La necessità della Russia e della Cina del partner strategico iraniano è una componente di qualsiasi strategia difensiva o alternativa praticabile contro l’interferenza americana e dell’Unione Europea nelle loro sfere di interesse geopolitico.
Nel 2009, la necessità dei Russi e dei Cinesi di avere un governo al potere a Tehran che fosse loro alleato è diventata evidente durante il periodo di irrequietezza dopo le elezioni del 2009 in Iran. Mosca, Beijing e molte altre capitali nel mondo hanno tenuto lo sguardo puntato sull’Iran quando le sommosse e le proteste si sono riversate nelle strade iraniane. L’ “Onda Verde” o Rivoluzione Verde è connessa alle sommosse da parte di un segmento dell’opposizione dopo le elezioni presidenziali in Iran del 2009. Il movimento ha preso nome dal colore della bandiera iraniana che ha scelto il candidato alla presidenza Mir-Hussein Mousavi. Questo evento sarebbe potuto diventare un colpo di stato geopolitico contro l’entità politica dell’Eurasia. Sarebbe potuto ben diventare un’autentica minaccia geopolitica per gli interessi della Russia e della Cina. Al contrario, l’Onda Verde è stata accolta favorevolmente dall’America, dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dalla Germania, da Israele e dai loro alleati.
Per capire la necessità cino-russa dell’Iran, devono essere discusse le dimensioni geopolitiche dell’Onda Verde, come pure il modo in cui questi fattori sono collegati all’Iran come perno geostrategico e le sue opzioni di politica come attore politico sulla scena internazionale. Una dimensione correlata è lo sviluppo coesivo di un ordine unificato in Eurasia, che gli USA e i suoi alleati stanno cercando di bloccare. L’Iran ha un ruolo cruciale nel processo di coesione eurasiatica che coinvolge una triplice alleanza di base che consiste nella Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese e l’Iran.
L’Onda Verde e le sommosse politiche che sono esplose in Iran sono emerse da un gran numero di ragioni intercorrelate. C’erano diverse motivazioni tra i suoi membri ed organizzatori. Ci sono diverse spiegazioni e prospettive sulle cause e sulle motivazioni dell’Onda Verde. Tutti questi fattori sono parte di una più ampia concezione della relazione tra la politica interna iraniana e la geopolitica globale.
Tuttavia, tra le descrizioni dell’Onda Verde come lotta democratica, ovvero una lotta per maggiori libertà civili, c’è il fatto che riflette un elemento di lotta interna tra le elite iraniane. Questo punto è cruciale. A tutti gli effetti, questa caratteristica chiave dell’Onda Verde va tenuta a mente quando se ne discute a livello geopolitico.
La geo-strategia utilitaristica e i preparativi per la guerra in Eurasia
È facile tralasciare l’impatto dei fattori geografici dello sviluppo storico, sociale ed economico. La maggior parte degli studiosi e degli analisti cercano di evitare la fallacia semplicistica del determinismo geografico. Eppure, il ruolo della geografia non deve essere trascurato nel corso dello sviluppo dell’uomo. Per esempio, la produzione di energia è legata alla realtà fisica di una terra, e in passato un popolo che viveva lungo una costa sarebbe stato orientato verso il mare e la pesca nella maggior parte, se non in tutti, gli aspetti della vita collettiva: da quelli economici a quelli socio-culturali. Con la stessa logica le azioni dell’uomo non devono essere attribuite alla sola geografia. L’opera dell’uomo ha sempre svolto un ruolo nel percorso dello sviluppo degli esseri umani e delle loro società.

In merito alle questioni vicine, queste sono ineluttabilmente legate ad una realtà geografica che è troppo forte per essere ignorata. La spinta a controllare l’Eurasia da parte della Periferia è parte di questo. Questa spinta, che si è infiltrata all’interno verso il cuore dell’Eurasia, si è espressa in molti modi differenti durante tutta la storia moderna. La Periferia è un termine concettuale applicato agli USA, alla Gran Bretagna, all’UE, al Giappone, all’Australia, e ai loro alleati, che sono essenzialmente stati al di fuori dell’Eurasia o ai suoi limiti.
Deve essere applicato anche un nuovo termine a questo punto: la geo-strategia utilitaristica. La geo-strategia utilitaristica, un termine ivi coniato, è l’applicazione o proiezione dell’utilitarismo o dei valori utilitaristici alla geopolitica. Il termine è nuovo, ma la modalità di pensiero non lo è. Il termine cattura sia lo spirito che la base della geostrategia moderna e conferisce ad essa una forma tangibile. Oggi è la geo-strategia utilitaristica, con la sua base materialistica, che costituisce il dogma dietro la marcia verso la guerra in Medio Oriente e nel resto dell’Eurasia. Anche Halford J. Mackinder ha capito questa realtà nei termini di quella che ha chiamato geografia strategica. Mackinder ha affermato che ciascuno stato organizzato, che ha chiamato nazione civilizzata, era collegato alla terra fisica che occupava in due modi: “Qualunque siano gli scambi effettuati mediante il commercio, [un paese] è (1) infine dipendente dai [prodotti] passati e presenti del suo territorio, e (2) [un paese] deve essere preparato a difendere quel territorio dall’intrusione dei vicini bramosi”. [1] È precisamente a questi fenomeni a cui i paesi dell’Eurasia si stanno preparando; si stanno preparando a difendere i loro territori dall’intrusione in tutte le sue forme, dall’occupazione militare alla colonizzazione economica. La base della questione è chiaramente economica ed imperniata su valori utilitaristici. Anche Mackinder ha riconosciuto questa natura economica. Ha scritto quanto segue sull’argomento: “I due gruppi di idee coinvolti possono essere grosso modo catalogati in termini di economia e strategia. Possiamo descrivere la geografia economica come interessata all’aumento e alla distribuzione dei beni, e la geografia strategica come ciò che gestisce le condizioni topografiche più grandi dell’attacco e della difesa. Ma i problemi da risolvere sono strettamente legati, perché la difesa è essenzialmente la protezione dei mezzi di sussistenza economica …” [2] L’entità spaziale più grande del pianeta Terra è l’Eurasia ed ha la costa più lunga, la popolazione più grande, un’enorme ricchezza di risorse naturali (dall’energia ai minerali), la forza lavoro più grande, e la parte più grande dell’attività economica globale.
Se le nazioni dell’Eurasia dovessero unirsi come unico attore non avrebbero rivali sotto tutti i punti di vista. La prevenzione della coesione dell’Eurasia è stata uno degli obiettivi primari degli USA e dei loro alleati. Questa politica prevenzionistica praticata dagli USA ha preso soprattutto come bersaglio quattro stati eurasiatici: la Russia, la Cina, l’India, e l’Iran, come pure l’intero spazio post-sovietico. Abbiamo a che fare da un lato con l’insieme delle manovre geopolitiche e geostrategiche da parte degli USA e dei suoi alleati in Eurasia, e dall’altro con le contro-manovre della Russia, della Cina, e dell’Iran. È anche a questo punto che entra in discussione un’alleanza eurasiatica. L’India è riuscita a guardarsi dalla linea di fuoco geopolitica ed ha mantenuto una distanza protetta da un’alleanza o da un’intesa eurasiatica. La Russia, l’Iran e la Cina – gli altri tre stati eurasiatici menzionati – in tutti gli aspetti pratici hanno formato una reale alleanza attraverso vari accordi, intese, legami, ed organizzazioni formali e informali.
Cosa contraddistingue l’Iran dalla Russia e dalla Cina ?
Seppure molto influente, l’Iran non è una potenza né una nazione grande quanto la Cina, la Russia e l’India. L’Iran non è neanche altrettanto forte quanto questi altri stati eurasiatici, ma il ruolo dell’Iran in questa equazione dell’Eurasia è molto significativo.
Peraltro, l’Iran è caratterizzato dalla “flessibilità geo-politica” in contrasto con gli altri grandi stati eurasiatici. Quasi tutti gli stati sono in qualche misura dei perni geo-strategici, ma il grado in cui sono perni geo-strategici varia. L’Iran è un pesante perno geo-strategico, il che significa semplicemente che tutti gli attori geo-politici devono aggiustare le loro politiche, il loro comportamento e le loro strategie in base al comportamento dell’Iran. In altre parole, il comportamento di Tehran detta le regole del gioco globalmente.
L’Iran si distingue inoltre per un altro importante attributo. Contrariamente a Beijing e Mosca, Tehran essenzialmente può arrivare ad un accordo di lungo termine con gli USA e i loro alleati. Qualunque accordo siglato tra gli USA e i loro alleati con la Russia e la Cina può essere solo un accordo di breve durata. Nel lungo termine la Cina e la Russia sono i bersagli finali dell’invasione americana in Eurasia. È in gioco la sopravvivenza della Russia e della Cina come stati nazione indipendenti. Sia Mosca che Beijing sono importanti rivali economici e minacce per l’egemonia degli Stati Uniti. A causa della geografia, le vaste influenze, le risorse, i mercati e i territori della Russia e della Cina sono il premio finale per gli USA e i loro alleati. Anche l’India, nel lungo termine, è in pericolo. Per l’America, l’eliminazione di tutti i potenziali rivali fa parte di questa politica. In linea con la geo-strategia utilitaristica usata dagli Stati Uniti e dai loro alleati, Washington può permettersi di accettare un compromesso o di raggiungere un accordo con l’Iran e di cooptare Tehran, contrariamente a Beijing e Mosca. Questa asserzione, tuttavia, va ulteriormente qualificata; gli USA possono permettersi di fare un compromesso o un accordo con Tehran, cioè se gli Iraniani non fossero una reale minaccia per il controllo e gli interessi dell’America, che anche Israele rappresenta, in Medio Oriente. Alla fine degli anni ’90, Zbigniew Brzezinski avvisava che “[1] non è interesse dell’America perpetuare l’ostilità americano-iraniana”. [3] Brzezinski ha avvertito che l’Iran non doveva essere antagonizzato dall’America fino ad una posizione in cui Tehran si sarebbe alleato con la Russia e la Cina.
Questa apertura dell’America ad un accordo con l’Iran è principalmente dovuta alla scala o dimensione geografica dell’Iran, che è molto più piccolo sia della Russia che della Cina. L’Iran può farcela ad esistere con una porzione molto più piccola delle risorse e dell’influenza globali per il motivo della sua minore estensione e popolazione, ma sia la Russia che, più specificamente la Cina non possono farlo nel lungo termine. Brzezinski scrive a questo proposito:
“Un’eventuale riconciliazione [tra l’America e l’Iran] dovrebbe essere basata sul riconoscimento del reciproco interesse strategico di stabilizzare quello che attualmente è un ambiente regionale molto volatile per l’Iran”. [4]
Con questa affermazione Brzezinski intende dire che la cooperazione e il controllo congiunto di Iran e America dovrebbe essere perseguito nelle immediate vicinanze dell’Iran, che sono il Medio Oriente, l’Asia Centrale, e possibilmente il Caucaso. Ha ulteriormente qualificato la sua affermazione: “Certamente, qualsiasi riconciliazione [tra l’America e l’Iran] deve essere perseguita da entrambe le parti e non è un [favore] concesso dall’una all’altro”. [5] Brzezinski vuol dire che con l’Iran si deve negoziare e contrattare e che deve essere raggiunta un’intesa tra le elite sia dell’Iran che dell’America.
Questa posizione geo-strategica colloca l’Iran in una posizione unica, che gli consente di staccarsi dalla Russia e dalla Cina e di fare un accordo come la Libia con gli USA e i loro alleati. Un accordo come quello della Libia è come segue; la Libia si trovava nei reticoli della preparazione alla guerra anglo-americana prima del 2003, ma Tripoli ha ceduto agli USA e all’UE dopo aver visto la caduta di Baghdad. Tripoli era anche a conoscenza dei programmi dei leader americani e britannici; ha iniziato i negoziati segreti con la Casa Bianca nel 2001. Da quel momento in poi la Libia ha firmato maggiori accordi energetici con gli USA e i loro alleati e il suo premier, il Colonnello Gheddafi, è stato dunque riaccolto nella comunità internazionale. Questa è stata una parte del corso della politica che in passato Brzezinski aveva consigliato all’amministrazione USA nelle relazioni con la Libia, l’Irak e l’Iran.
Tehran può essere usata per destabilizzare e balcanizzare la Russia e la Cina
L’Iran potrebbe inoltre destabilizzare seriamente la Russia e la Cina attraverso il sostegno ai loro movimenti separatisti, che hanno legami etno-culturali con l’Iran. Brzezinski afferma: “Un Iran forte, persino motivato religiosamente, ma non fanaticamente anti-occidentale è nell’interesse degli USA, e persino l’elite politica iraniana potrebbe infine riconoscere questa realtà”. [6] Con ciò potrebbe voler dire che se si realizzasse una cooperazione tra l’Iran e l’America, entrambe le nazioni potrebbero lavorare insieme per incominciare a spartirsi tra loro le repubbliche dell’ex Unione Sovietica e che i legami dell’Iran con l’Islam potrebbero essere usati per controllare l’Asia Centrale e il Caucaso e per contrastare l’influenza della Russia e della Cina in entrambe le regioni. In altre parole, l’Iran potrebbe essere usato come un braccio dell’America per contrastare efficacemente gli interessi russi e cinesi in queste regioni.
In merito all’interpretazione dell’Onda Verde, ciò che Brzezinski dice sulle elite politiche iraniane sul loro riconoscimento della “realtà” è di chiave [importanza]. Si riferisce a due cose. In primis, alla flessibilità geo-politica dell’Iran, che abbiamo spiegato finora, e in secondo luogo, alla fazione pragmatista in Iran, di cui tratteremo, che vuole la cooperazione con l’America in un ordine globale che comprende l’Iran.
In merito alla cooptazione dell’Iran, Brzezinski scrive inoltre: “Gli interessi americani a lungo raggio sarebbero meglio serviti abbandonando le attuali obiezioni americane ad una più stretta cooperazione economica turco-iraniana, specialmente nella costruzione di nuovi gasdotti, ed anche nella costruzione di altri collegamenti tra l’Iran, [la Repubblica di] Azerbaijan, e il Turkmenistan”. [7]
Tale asserzione implicava il sostegno dell’Iran contro il controllo della Russia delle rotte energetiche dell’Eurasia e il sostegno americano per i condotti energetici Nabucco e del tipo Nabucco. In aggiunta, potrebbe ben essere che l’integrazione, sia delle economie che dei mercati iraniani e siriani con l’economia e il mercato turchi incorporerebbe sia l’Iran che la Siria nell’economia globale, rendendoli più suscettibili al controllo americano e dell’Unione Europea. In altre parole, il risultato finale potrebbe essere che sia l’Iran che la Siria potrebbero trovarsi inavvertitamente come parte del sistema globale dell’America e dell’Unione Europea. Pertanto, la natura generale di questa situazione, con alla sua base la geo-strategia utilitaristica, porta ad un paradosso. Nel più lungo termine gli USA e i loro alleati possono negoziare con gli Iraniani, ma per poter evitare la coesione in Eurasia e prevenire che la Russia e la Cina si preparino appropriatamente o sfidino l’egemonia americana nel più breve termine, non possono negoziare con Tehran. Ecco perché la questione nucleare iraniana, che è basata su quanto gli USA, l’UE e Israele hanno dipinto come una finestra temporale finita, è la base principale delle negoziazioni con l’Iran. Naturalmente, se ci deve essere un risultato nel più breve termine per gli USA, allora non ci può realmente più essere una soluzione o un’intesa per il più lungo termine tra gli USA e l’Iran.
Usare la Turchia per allontanare l’Iran dall’Eurasia ?
I legami tra Ankara e Tehran si sono rafforzati. Entrambi gli stati stanno parlando di un mercato comune e di libero scambio regionale in Medio Oriente. È già stata firmata una serie di accordi di libero scambio che coinvolgono il Libano, la Siria, la Turchia, la Giordania, l’Irak e l’Iran. Il governo turco ha inoltre spinto la Libia a firmare un accordo di libero scambio con Ankara. Le relazioni amichevoli che Ankara ha coltivato con l’Iran e la Siria possono essere usate per
(1) spiegare ciò che sembra essere un cambiamento della politica estera turca e (2) la freddezza pubblica dei legami tra Israele e la Turchia. Questo, tuttavia, potrebbe fare parte di (3) una strategia degli USA per attirare l’Iran e la Siria nella loro orbita e per allontanarli dagli alleati russi e cinesi dell’Iran. Lo sviluppo del cosiddetto asse Iraniano-Siriano-Turco deve avvenire con cautela, perché le cose potrebbero finire con l’essere alquanto diverse dalla formazione di un’alleanza genuina e di un blocco regionale.

I Neoconservatori al comando della politica estera americana: il grande errore e l’Iran.
Perché l’Iran si è rifiutato di ritrattare? Ci potrebbero essere svariate ragioni, tra cui il calcolo dell’Iran che gli USA e i loro alleati soccomberanno di fronte alla crescente forza della Russia, della Cina e dell’Iran se Tehran rimane nell’intesa dell’Eurasia con Mosca e Beijing. Un’altra ragione potrebbe essere a causa dell’ errore dei neo-conservatori che guidano la politica estera americana. Gli Iraniani non si fideranno degli USA e dei loro alleati a causa dell’errore strategico di George W. Bush Jr. e della sua amministrazione, che ha dato il controllo della politica estera prevalentemente ai neoconservatori, o neocon. [8] Mentre Zbigniew Brzezinski è stato categorizzato come un realista della politica estera americana, lo stesso non può essere detto dei neoconservatori. I realisti e i neoconservatori condividono gli stessi obiettivi economici, ma il modo in cui li perseguono è differente.

I neoconservatori usano l’ideologia come un mezzo per descrivere la realtà. Inoltre, i realisti credono che le guerre non dovrebbero essere combattute per portare avanti gli interessi americani se non necessario, mentre i neoconservatori credono che la forza militare debba essere usata attivamente per plasmare l’ambiente globale. I realisti sono anche pragmatici o opportunisti nelle relazioni internazionali, mentre i neoconservatori sono irremovibili per quanto riguarda la politica, con un quadro bianco o nero delle relazioni internazionali.
Mentre George W. Bush Jr. era nell’Ufficio ovale, i neoconservatori avevano grande influenza sul Pentagono e sulla politica estera. È stato sotto i neoconservatori che l’amministrazione di George Bush Jr. ha voltato le spalle a Tehran, dopo che il governo iraniano aveva aiutato l’America e la Gran Bretagna nell’Afghanistan controllato dai Talebani e aveva cercato di concludere un importante accordo attraverso il governo svizzero. [9] Forse inebriata di vittoria e di alterigia per quella che è sembrata una vittoria facile contro l’Afghanistan e l’Irak con la resa della Libia, la Casa Bianca di Bush Jr. ha pensato di poter andare avanti e sottomettere l’Iran. È stato a questo punto che dei membri senior dell’amministrazione di Bush Jr. dicevano entusiasticamente: “Chiunque può andare a Baghdad! Gli uomini veri vanno a Tehran!”
L’Iran era già l’ultima nazione nell’elenco dei paesi da sottomettere che comprendeva inoltre l’Irak, la Libia, il Sudan, la Somalia, il Libano e la Siria. In un modo o nell’altro, gli USA avevano direttamente o indirettamente attaccato o sottomesso ciascuno di questi paesi dal 2001. Inoltre, è stato anche durante questo lasso di tempo che gli USA hanno cercato di accusare la Siria, alla stessa maniera dell’Irak, di possedere armi di distruzione di massa (WMD) ed avevano persino parlato apertamente di invadere la Siria. Anche Israele ha cercato di istigare un conflitto con la Siria, che Damasco ha detto che fosse parte di un complotto per creare un pretesto per l’invasione della Siria da parte dell’America e della Gran Bretagna.
Indipendentemente dalle ragioni [alla base] della decisione dell’amministrazione di Bush Jr. di non trattare con l’Iran, è stato un enorme errore geo-strategico per gli Stati Uniti. Il non aver trattato con l’Iran è stato un errore madornale che potrebbe ben essere costato alle elite americane il loro obiettivo di supremazia sull’Eurasia. Questo errore degli USA ha spinto Tehran ancor più verso la Russia e la Cina.
L’ Iran pragmatico: il jolly del mazzo di carte eurasiatico?
L’Iran è una potenza regionale che può sfidare gli USA, la Russia e la Cina per l’egemonia nell’Asia Centrale, nel Caucaso e in Medio Oriente.

Nel 1993, Brzezinski ha detto che “l’Iran è chiaramente un aspirante all’egemonia regionale ed è preparato a superare gli Stati Uniti”. [10] Aggiunge che: “[l’Iran] ha una tradizione imperiale e possiede sia la motivazione religiosa che nazionalistica per contestare sia la presenza americana che quella russa nell’area. Così facendo, può contare sulla simpatia religiosa dei suoi [vicini]. Con sia la regione che il nazionalismo che cospirano contro un’egemonia regionale esterna, l’attuale supremazia americana in Medio Oriente è costruita, proprio letteralmente, sulla sabbia”. [11]

Anche se la Cina e la Russia hanno consentito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che fossero imposte delle sanzioni all’Iran, entrambe l’hanno fatto per mantenere l’Iran dalla loro parte. Mosca e Beijing hanno approvato le sanzioni dell’ONU per tenere l’Iran, un alleato indipendente e un potenziale rivale, al suo posto. Il loro sostegno delle sanzioni dell’ONU è limitato e continuerà solo fintantoché servirà ai loro interessi strategici. Per questo entrambe [Russia e Cina] sono contrarie a sanzioni unilaterali contro l’Iran e si oppongono alle sanzioni degli USA e dell’UE.

La Cina e la Russia sono pienamente consapevoli che gli USA preferirebbero cooptare l’Iran nel loro ambizioso schema dell’Eurasia come un satellite o un partner piuttosto che rischiare un conflitto aperto. Lo scopo degli obiettivi cino-russi è di evitare un riavvicinamento tra Washington e Tehran. Le necessità iraniane sono, da questo lato, molto più facili da soddisfare per gli USA che non quelle della Cina e della Russia.

Mantenere una distanza sicura tra gli USA e l’Iran è una delle ragioni per cui Beijing e Mosca hanno sostenuto le sanzioni limitate dell’ONU. Mentre l’Iran è costretto a ritirarsi dal cosiddetto mondo occidentale, si integra di più con la Russia e la Cina. Le sanzioni economiche dell’ONU obbligano inoltre l’Iran a spostare i suoi legami economici dall’UE alla Russia, alla Cina, alle ex repubbliche sovietiche, al blocco bolivariano e ai paesi asiatici. Questo cambiamento ha portato alla sostituzione dei membri dell’UE come l’Italia e la Germania con i paesi come la Cina, come principali partner commerciali dell’Iran.

Secondo la Commissione Europea, nel 2004 l’UE rappresentava il 35,1 per cento della quota di mercato totale del commercio con l’Iran. [12] Secondo le stesse cifre, nel 2004 l’Iran era classificato ventiquattresimo nel volume del commercio totale dell’Unione Europea e l’Iran era uno dei primi sei fornitori di energia dell’Unione Europea. [13] Con l’inizio del declino del commercio con l’Iran, il commercio asiatico è al contrario aumentato. La Russia e la Cina si fanno avanti per colmare i vuoti nel mercato, costringendo quindi l’Iran sempre più all’interno del loro gruppo eurasiatico. In parole semplici, Mosca e Beijing stanno eliminando la flessibilità dell’Iran di lasciare l’orbita della loro intesa eurasiatica.

Per quanto concerne la neutralizzazione della rivalità iraniana, un insieme delle sanzioni dell’ONU contro l’Iran sono dirette anche contro l’industria della difesa iraniana e le esportazioni militari iraniane. Questo è un mezzo per eliminare la competizione dell’Iran, che ha una crescente industria della difesa che produce un’ampia gamma di armi, dai carri armati agli aerei militari e i razzi. L’Iran esportava inoltre armi negli stati della NATO come suoi clienti prima delle sanzioni dell’ONU.

Il riorientamento del commercio e delle relazioni internazionali di Tehran va a vantaggio della Russia e della Cina. Mentre le banche tedesche come la Commerzbak AG, la Dresdner Bank AG e la Deutsche Bank AG rompono i loro legami con l’Iran, il vuoto finanziario viene colmato dagli investitori e dalle banche asiatiche. Inoltre, il settore bancario iraniano si è coinvolto pesantemente con i settori bancari del Venezuela, della Siria, della Bielorussia e di svariate ex repubbliche sovietiche.

Il passaggio dell’Iran dall’UE agli stati non appartenenti all’UE e agli stati asiatici è stato inoltre uno degli obiettivi della politica estera dell’amministrazione di Mahmoud Ahmadinejad. Questa nuova politica estera è stata chiamata in Iran come “guardare all’Est”. Come un miscuglio delle sanzioni e delle politiche di Ahmadinejad, questo mutamento si riflette nella gravitazione e nell’attrazione dell’Iran verso la SCO, la Comunità degli Stati Indipendenti (C.S.I.), l’Associazione Sud-Asiatica per la Cooperazione Regionale (SAARC), e la Comunità Economica Eurasiatica (EurAsEC).

Le differenze tra le relazioni bilaterali tra l’Iran e la Russia e tra la Cina e l’Iran
Beijing è l’attore più importante della triplice intesa dell’Eurasia. Gli interessi iraniani e cinesi sono meno in conflitto tra loro che quelli di Mosca e Tehran. In linea di massima, sia Tehran che Mosca danno maggiore priorità e valore ai loro legami con la Cina che a quelli reciproci tra di loro.

Sia la Russia che l’Iran sono esportatori di energia, mentre la Cina è un paese importatore di risorse energetiche. I Russi e gli Iraniani sono inoltre interessati al controllo di molti degli stessi mercati. Entrambi hanno forti interessi nel sud del Caucaso e nel controllo dei corridoi energetici attorno al bacino dal Mar Caspio. Per queste ragioni il Cremlino vuole che l’Iran sia abbastanza forte da poter sfidare e resistere all’America e ai suoi alleati, ma non abbastanza forte da sfidare Mosca sull’influenza nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica. Questo può essere usato per spiegare perché Mosca ha fatto pressione su Tehran affinché arricchisse uranio attraverso la Russia o sul territorio russo le tensioni tra Tehran e Mosca sotto il presidente Dmitry Medvedev[1]. La Repubblica Popolare Cinese ha un interesse acquisito per un Iran forte, ma un Iran forte che sia ostile all’America. Le relazioni bilaterali tra Cina e Iran sono reciprocamente vantaggiose. Gli strateghi cinesi vedono l’Iran come uno dei quattro centri riemergenti del potere globale; gli altri tre sono la Russia, la Cina, e l’India. Il Brasile è un centro emergente (e non riemergente) del potere. Il 9 aprile 2008, durante una visita a Tehran il vice ministro cinese per gli affari esteri Zhai Jun, ha affermato che la crescita di potere dell’Iran in Medio Oriente e globalmente è nell’interesse di Beijing, mentre si incontrava con dei funzionari iraniani. [14]

La fortezza dell’Eurasia è vulnerabile senza l’Iran: Mosca e Beijing hanno bisogno di Tehran
Beijing e Mosca sono entrambe consapevoli delle ramificazioni di una massiccia guerra guidata dall’America e dai suoi alleati contro l’Iran in Medio Oriente. I Russi sanno che se l’Iran cadesse, gli USA e la NATO prenderebbero di mira la Russia come bersaglio successivo.

L’Iran è stato meglio descritto dal geografo e studioso tedesco Georg Stadtmüller, con riferimento all’Albania, come un “Durchgangsland” (uno stato di ingresso). [15] L’Iran è il Durchgangsland verso l’ex Unione Sovietica e il ventre molle della Russia.

Se l’Iran dovesse cambiare la sua orbita, Mosca sarebbe in pericolo. La Russia perderebbe un importante alleato e gli USA aprirebbero un importante varco verso il Mar Caspio, il Caucaso, e l’Asia Centrale. La porta del “near abroad” della Russia sarebbe spalancata attraverso l’Iran. L’Iran è anche la rotta più economica e ideale per esportare il petrolio e il gas di queste regioni.

Anche il complesso militare-industriale russo sarebbe indebolito dalla chiusura di un mercato redditizio se l’Iran dovesse entrare nell’orbita anglo-americana e franco-germanica. Andrebbero in pezzi anche i programmi russi, in sinergia con l’Iran, di creare un potente cartello del gas simile all’OPEC che coinvolgerebbe anche il Turkmenistan, il Venezuela, la Bolivia, e l’Algeria. D’altro canto la Cina sa che la sua sicurezza energetica sarebbe messa ulteriormente a rischio e che l’economia cinese verrebbe tenuta in ostaggio dagli editti stranieri a causa dei fabbisogni energetici cinesi.

A causa di tutti questi fattori si è cautamente instaurata un’intesa tattica e strategica in Eurasia tra Mosca, Beijing e Tehran. Ciò che è inizialmente nato per necessità, è diventata una triplice intesa eurasiatica. Un maggiore attacco sull’Iran sarebbe pertanto un attacco contro la Russia e la Cina.

L’Onda Verde e i suoi legami con la geo-politica globale
Quindi tutti questi fattori in gioco con riferimento all’equazione iraniana, quale effetto hanno sull’Onda Verde? Il nazionalismo, la speculazione geo-politica, il capitale e le richieste delle libertà civili si sono scontrati contro l’Iran; gli scontri che sono emersi dalle elezioni presidenziali del 2009 in Iran, che sono state tenute il 12 luglio, sono un risultato di queste dinamiche.

La geo-politica del confronto tra l’Eurasia e la Periferia è diventata evidente nelle strade di Tehran e di altre maggiori città iraniane, come Tabriz e Shiraz, attraverso gli slogan dell’Onda Verde. Non solo si opponevano alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad e accusavano la sua fazione di brogli elettorali nelle elezioni presidenziali, ma hanno anche lanciato accuse contro la Russia e la Cina.

I loro slogan comprendevano: “Abbasso la Russia e la Cina!” e “No al Libano e no a Gaza!”. Gli slogan dell’opposizione iraniana nelle strade suggeriscono una correlazione tra i teatri regionali in Medio Oriente (Libano e i Territori Palestinesi) e i più ampi teatri in Eurasia che coinvolgono la Russia, la Cina, gli USA e la NATO.

Con Mahmoud Ahmadinejad si sono congratulati anche il presidente russo Dmitry Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao nella città russa di Yekaterinburg durante un vertice della SCO del 16 luglio 2009. Il presidente Ahmadinejad è arrivato in Russia dopo le elezioni iraniane. Beijing, Mosca e la SCO collettivamente, hanno offerto il loro sostegno politico ad Ahmadinejad. La calda accoglienza di Ahmadinejad, persino come un osservatore al Summit di Yekaterinburg dimostra l’attaccamento russo e cinese per i sostenitori della dottrina di Primakov in Iran e per un governo iraniano opposto alla politica americana.

Le divisioni interne tra le elites iraniane
Se in Iran esistevano le condizioni per il dissenso politico, sono stati dei potenti attori all’interno dell’Iran che hanno contribuito a scatenarle dopo la rielezione di Ahmadinejad. In parte, gli eventi dietro le sommosse in Iran sono state fomentate dalle divisioni interne all’interno della classe dirigente in Iran. Mehdi Karroubi, uno dei candidati alla presidenza, ha anche alluso, durante i dibattiti presidenziali che ci sarebbe stata una lotta post-elettorale.

Queste divisioni sono collegate alla “flessibilità” dell’Iran nella partita a scacchi geopolitica per l’Eurasia. Il fatto che l’Iran può negoziare con gli USA nel breve termine ha un peso sulle sue divisioni interne. La natura pragmatica di certi cerchi elitari in Iran è anch’essa parte di queste divisioni interne.

Dietro le scene, le questioni in gioco a Tehran sono state il controllo dei prezzi da parte dello stato, i regolamenti sulla produzione, l’eliminazione dei regolamenti sulla finanza e sul settore bancario iraniani, e la privatizzazione. Grandi porzioni dell’infrastruttura statale e dei beni statali sono state vendute e privatizzate. I cittadini iraniani per anni hanno goduto dei sussidi dello stato, che hanno contribuito a mantenere i prezzi dei generi alimentari, del carburante, dell’elettricità, e di altri beni essenziali a livelli significativamente inferiori rispetto ai prezzi internazionali. Il governo iraniano, tuttavia, ha lentamente eliminato i sussidi statali.

In politica ci sono strani connubi. Nell’ambito degli eventi che hanno portato all’Onda Verde c’è stato uno scontro all’interno delle elite iraniane tra una fazione che voleva mantenere le politiche in essere, ed un’altra fazione che è stata formata da un’alleanza tra gli interessi commerciali iraniani e le organizzazioni per le libertà civili. Nella seconda fazione del capitale iraniano e delle libertà civili, il primo gruppo si è nascosto dietro l’altro. Questa alleanza tra il capitale iraniano e i gruppi che chiedevano maggiori libertà civili potrebbe sorprendere qualcuno, ma non è né un’anomalia storica né un’anomalia politica. Molti movimenti e molte rivoluzioni sono state configurate attraverso simili alleanze.

Il lavoro di Alexis de Tocqueville ha identificato la Rivoluzione Francese come una rivoluzione capitalista. L’obiettivo della Rivoluzione Francese non era di distruggere lo stato o la religione organizzata, ma di imporre la riforma economica, e specificamente l’eliminazione delle restrizioni sulla proprietà privata. Ciò fu espressamente dichiarato nel 1789, nell’articolo diciassettesimo della Déclaration des droits de l'Homme et du Citoyen (Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino) : ?la proprietà, essendo un diritto inviolabile e sacro, non potrà essere tolta in nessun caso, salvo quello in cui la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga chiaramente e sempre con la condizione di una precedente giusta indennità ”. [16]

Nel cercare di eliminare le restrizioni economiche il capitale francese (gli interessi commerciali) si è allineato alla richiesta di maggiori libertà individuali e alle idee dell’Illuminismo francese. Secondo il nuovo ordine politico della Rivoluzione Francese, i membri borghesi del Terzo Stato hanno abolito i controlli sui prezzi dello stato, hanno bandito le corporazioni (i precursori dei sindacati), hanno abolito le restrizioni sulla produzione, tolto le regolamentazioni sulla finanza e sulle banche, hanno eliminato i diritti feudali degli agricoltori, ed infine hanno confiscato e venduto le terre della Chiesa Cattolica come proprietà privata. [17] Una massiccia ondata di privatizzazioni ha consumato la Francia rivoluzionaria. La Rivoluzione Francese del 1848 ha inoltre visto svolgersi lo stesso scenario con un’alleanza tra la classe operaia e il piccolo capitale. Questo scenario storico sotto molti punti di vista è pertinente alla situazione dell’Iran del giorno d’oggi.

Dall’altro lato dello spartiacque c’è la fazione politica di Ahmadinejad e dei suoi alleati politici, che comprendono sia ferventi ideologi rivoluzionari che gli interessi commerciali iraniani. Vogliono o un Iran fortemente consolidato all’interno dell’alleanza eurasiatica formata con la Cina e la Russia, oppure come parte di un nuovo ordine regionale in Medio Oriente. Anche la leadership militare dell’Iran, sia nelle forze armate regolari iraniane che nella guardia rivoluzionaria sostiene queste posizioni. D’altro canto Ali Akbak Hashemi Rafsanjani, i suoi alleati, e molte delle elite commerciali in Iran vogliono un corso ben più pragmatico o opportunistico per l’Iran, come quello dell’India. Quest’ultimo gruppo di cui fa parte Rafsanjani non vuole neppure la finestra temporale perché passino le negoziazioni con gli USA e l’UE.

Rafsanjani è una persona molto ricca, un ex presidente iraniano, ed una figura politica potente. È presidente sia del Consiglio per il Discernimento Iraniano che dell’Assemblea degli Esperti. Impersona il capitalismo iraniano e gli interessi dell’elite economica iraniana. Tra i suoi alleati c’è Mohammed Khatami, il presidente iraniano dal 1997 al 2005. Rafsanjani e i suoi alleati vogliono la deregolamentazione dell’economia iraniana; abbracciano il neoliberalismo economico e vogliono che l’economia iraniana sia pienamente integrata nell’economia globale. Questa fazione è anche pronta a lavorare contro gli interessi della Russia e della Cina se ciò porta loro vantaggio. Sebbene la privatizzazione delle industrie nazionali e dei beni statali dell’Iran è proseguita durante il secondo termine di Mahmoud Ahmadinejad, è stata originariamente iniziata da Rafsanjani, Khatami e i loro alleati durante il mandato di presidenza di Khatami.

In questa divisione all’interno della classe dirigente iraniana, i fautori delle libertà civili e della libertà vengono inoltre invischiati e giocati come carte. Queste persone sono accorse sotto il baluardo di Mir-Hussein Mousavi, l’ultimo ad aver prestato servizio come primo ministro dell’Iran prima che l’ufficio venisse assorbito da quello del presidente iraniano. Sia Rafsanjani che Khatami hanno inoltre prestato il loro sostegno a Mousavi. La preoccupazione di molti dei protestanti potranno essere le maggiori libertà civili e i risultati elettorali, ma per la maggior parte dell’elite dirigenziale la posta in gioco è molto diversa.

La divisione all’interno delle elite politiche iraniane ha provocato una rottura politica a Tehran. Entrambe le fazioni si accusano vicendevolmente di corruzione. Sulla televisione pubblica iraniana, ce ne è stato un palese esempio durante i dibattiti sulle elezioni presidenziali quando Ahmadinejad ha accusato Rafsanjani e la sua famiglia di alto tradimento e corruzione. Ci sono state inoltre evidenti tensioni sulla Banca Centrale dell’Iran (CBI); l’opposizione sosteneva che la Banca Centrale e il settore bancario non dovessero essere subordinati al controllo politico.

Le minacce di una guerra sono dirette al Medio Oriente o al cuore dell’Eurasia ?
I realisti della politica estera americana e i pragmatisti iraniani hanno lavorato per colmare il divario tra gli USA e l’Iran e per arrivare ad un accordo tra Washington e Tehran. Tuttavia, sia gli USA che l’Iran hanno alleati che sono contrari a questo. Sebbene Tel Aviv serva gli interessi americani in Medio Oriente, un ravvicinamento americano-iraniano è contro gli interessi israeliani ed è per questo che ci sono state reazioni ostili da parte di gruppi che fanno pressione per gli interessi israeliani. Alcuni governatori arabi temono inoltre che un ravvicinamento potrebbe far sì che gli USA non si oppongano ad una eliminazione dal potere di questi governatori arabi da parte dell’Iran. A causa dei loro interessi, anche Mosca e Beijing si opporrebbero ad un’alleanza strategica tra gli USA e l’Iran. La geo-strategia americana in Eurasia è vacillante e le elite d’America ci hanno investito troppo per poterla vedere crollare, compresa la configurazione dell’economia USA. È per questo che la situazione è ancora più critica. Le persone disperate possono prendere misure disperate, affrettate, e molto incaute.

Sono stati attentamente scolpiti e preparati svariati pretesti per una guerra contro l’Iran e i suoi alleati in Medio Oriente dalla Casa Bianca e dal numero 10 di Downing Street simultaneamente. Questo fa parte di una denuncia minuziosamente architettata per un ampio conflitto regionale in Medio Oriente che consumerà un’area che si estende dalla costa del Mediterraneo Orientale alle montagne e alle vallate dell’Afghanistan.

La mossa di Washington di definire la Guardia Rivoluzionaria come un’organizzazione terroristica è parte del processo di preparazione dei pretesti e delle giustificazioni per la guerra e per i crimini di guerra. Questa non è solo una parte dell’approccio stilizzato della demonizzazione dei cosiddetti nemici nella “guerra globale contro il terrorismo”. Le Convenzioni di Ginevra e le leggi marziali sarebbero sospese nel caso di una futura guerra che coinvolgesse le Guardie Rivoluzionarie Iraniane. Fornirebbe inoltre un pretesto per un attacco guidato dagli USA contro l’Iran sul presupposto di combattere la “guerra globale contro il terrorismo”. A causa di questa definizione il governo americano ha iniziato ad accusare l’Iran di ospitare un’organizzazione terroristica come parte della sua campagna di disinformazione contro Tehran. Anche la campagna di isolare economicamente l’Iran e di imporre sanzioni contro l’Iran stesso fa parte di questo.

La dottrina militare iraniana è di natura difensiva, il che non vuol dire che l’Iran sia incapace di rispondere ad un attacco. L’Iran ha una considerevole forza militare. Come nazione, l’Iran può provocare significative perdite agli USA e alle forze alleate. Ha la capacità di respingere gli attacchi americani, eccetto nel caso di un massiccio attacco nucleare. Durante la campagna elettorale del 2008, una delle figure politiche chiave dell’Iran, Ali Larijani, ha affermato che un attacco degli USA contro l’Iran, che considerava un’eventualità remota, non solo sarebbe un azzardo, ma porterebbe ad una grande sconfitta americana in Medio Oriente. Sarebbe anche la fine dello status degli USA come potere globale. Il primo ministro siriano Al-Otri (Al-Utri), ha inoltre intimato che un attacco da parte di Israele contro l’Iran minaccerebbe lo status di Israele come potenza considerevole in Medio Oriente, oltre ad essere la fine del progetto sionista.

L’Iran e i suoi alleati hanno allontanato quella che chiamano l’eccitazione e la guerra psicologica in riferimento al pericolo imminente di un attacco americano, dicendo che gli USA sono incapaci di eseguire un tale attacco. Tehran, tuttavia, non ha escluso le operazioni per destabilizzare l’Iran, né un attacco da parte dell’America o di Israele, specialmente contro la Siria e il Libano. Le voci ufficiali da Tehran hanno inoltre avvertito svariate volte durante tutto il 2010 che si aspettavano degli attacchi contro i loro alleati arabi.

Quanta della preparazione alla guerra fa parte di uno schermo di fumo o di intimidazione e quanta è reale? Per l’appunto, c’è una certa nebulosità in merito alle relazioni internazionali, ma è innegabile che sono stati fatti dei preparativi per la guerra in tutta l’Eurasia. Lo scudo missilistico USA ne è testimonianza. Peraltro, gli Iraniani e i loro alleati sono convinti che l’Iran non sarà attaccato. Ci sono anche dei segnali che possono essere letti come una mossa per stabilire una distensione; le discussioni tra gli USA e l’Iran sull’Irak, la cooperazione turco-iraniana, l’impegno della Siria da parte dell’UE e dell’America, il miglioramento dei legami tra la Siria e l’Alleanza 14 marzo guidata da Hariri in Libano, e il pubblico riconoscimento dell’Iran da parte del governo americano come un importante attore nella stabilizzazione dell’Afghanistan. Tutte queste cose, comunque, potrebbero essere usate in congiunzione con le politiche americane per portare avanti gli obiettivi degli USA e dei loro alleati per il controllo dell’Eurasia. Chi vivrà vedrà.

Mahdi Darius Nazemroaya
Note
[1] Halford J. Mackinder, Britain and the British Seas (Westport, Connecticut: Greenwood Press Publishers, 1969), p.309.
[2] Ibid.
[3] Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard: American Primacy and the Geostrategic Imperatives (N.Y.C., New York HarperCollins Publishers, 1997), p.204.
[4] Ibid.
[5] Ibid.
[6] Ibid.
[7] Ibid.
[8] Mahdi Darius Nazemroaya, “The Sino-Russian Alliance: Challenging America’s Ambitions in Eurasia”, Centre for Research on Globalization (CRG), August 26, 2007.
[9] Ibid.
[10] Zbigniew Brzezenski, Out of Control: Global Turmoil on the Eve of the 21st Century, (N.Y.C., New York: Charles Scriber’s Sons, 1993) p.162.
[11] Ibid.
[12] European Commission, Bilateral Relations with Iran, 2004 Statistics.
[13] Ibid.
[14] “Iran proposes forming Asian union”, Tehran Times, April 10, 2008, p.2.
[15] Georg Stadtmüller, “Landschaft und Geschichte in Albanisch-epirotischen Raum”, Revue Internationale des Études Balkaniques, vol. 3 (1937-1938): pp.345-370.
[16] Frank Maloy Anderson, ed., The Constitution and Other Select Documents Illustrative of the History of France, 1789-1907 (N.Y.C., New York: Russell and Russell, 1908), pp. 59-61.
[17] Alexis de Tocqueville, The Old Regime and the French Revolution, trans. Stuart Gilbert, (N.Y.C., New York: Anchor Books, [1856] 1955).

Fonte : http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=7616